Domani alle ore 11 a Palazzo Marino con il sindaco Pisapia, de Bortoli, Decleva, Tognoli
"UN BARBAROSSA A PALAZZO MARINO"
La rivincita dell'idea socialista del Municipio
sull'ubriacatura liberista del Mercato nello Stato
La partecipazione alla cerimonia promossa da Critica Sociale a Palazzo Marino, alle ore 11 nella Sala Alessi (il programma è pubblicato qui sopra) per i cento anni dell’elezione di Emilio Caldara a sindaco di Milano, dovrebbe in realtà essere non tanto una commemorazione, ma, dopo vent’anni di ubriacatura liberista e di spappolamento della democrazia comunale, sociale e rappresentativa, una possibilità di manifestare le idee di fondo di un “programma socialista”.
Basta leggere alcuni passi dell’articolo che Caldara pubblicò nel 1899 su Critica Sociale in merito alla “Teoria e pratica dei servizi pubblici comunali” per convincersi che è giunto il tempo di iniziare a “invertire la formula” che ha plagiato la cultura politica della seconda repubblica e compresa la criminalizzazione delle municipalizzate. Municipalizzate non significa “Pubblico”, ma anche collaborazione tra “pubblico e privato” (idea guida del New Labour di Blair che si spinge fino all’empowerment, ovvero alla elezione diretta degli organi amministrativi delle aziende).
Il punto essenziale è che per essere pubblica, l’azione del privato non deve essere finalizzata al profitto attraverso una forma di imposta indiretta, ma attraverso un riconoscimento del servizio reso da parte della fiscalità dello Stato.
Il primo attore privato, in questo senso, come ricordava Caldara, sono i cittadini medesimi in associazione tra loro e coadiuvati dal Comune.
Ma leggiamo alcuni passi del suo importante saggio (il testo integrale cliccando sul titolo).
- “Non è molto che alla illuminazione stradale provvedevano i singoli cittadini, come - del resto - alle comunicazioni e alla sicurezza personale. E la distribuzione delle acque nelle case, la macellazione in appositi stabilimenti comunali, sono cose tanto recenti che ancora appaiono rarissime nei Comuni italiani. Ma ormai una somma considerevole di funzioni non possono nemmeno concepirsi altrimenti che come pubbliche e parrebbe preistorico chi volesse riaffidarle ai privati”.
- “Si aumentino progressivamente i servizi pubblici, e in specie quelli inerenti all’assistenza e alle funzioni sociali del Comune - i quali, come s’è visto, sono necessariamente gratuiti; e si provveda per conseguenza ai bisogni dei bilanci comunali con un largo sviluppo dell’imposta diretta e progressiva. Quest’è non solo il programma amministrativo del partito socialista, ma la stessa sostanza del socialismo democratico, in quanto costituisce una specie di espropriazione della ricchezza privata da parte della collettività e a vantaggio di tutti i cittadini.
Per converso, l’avversione sistematica a ogni sviluppo delle municipalizzazioni dei servizi - specie se si tratta di servizi gratuiti - e l'ostinazione nel provvedere ai crescenti bisogni comunali con imposte indirette sul consumo gravanti su tutti i cittadini, ma in maggior proporzione sulle classi povere, costituiscono la quintessenza del borghesismo retrogrado delle amministrazioni comunali”. - “L’oppressione tributaria dei Comuni italiani è allo stato cronico. Il potere centrale assorbe la maggiore e migliore parte dei sacrifici imposti ai contribuenti.Perciò non appena un Comune si attenta di falcidiare le voci o le tariffe daziarie, oppure di sviluppare in qualche nuovo servizio pubblico la sua funzione sociale, un grave squilibrio è portato nei bilanci, al quale sono insufficiente rimedio l’imposizione o il ritocco di quei magri tributi diretti, che lo Stato lascia ai comuni - vere stature di seconda mano sopra chi spesso è già tosato a sangue.
Ecco allora il programma socialista a cozzare contro la dura necessità. Come abolire o ridurre i dazi di consumo , se essi costituiscono una delle migliori risorse dei bilanci comunali, e questi, anziché tollerare riduzioni d’entrate ne sono sempre sitibondi? E come, in ogni modo e anche in ogni caso di rinuncia a questa parte sostanziale del programma socialista, estendere il numero e la portata dei servizi pubblici gratuiti?
Municipi inglesi, belgi, nordamericani e australiani ce lo hanno insegnato da tempo. Essi hanno fatto di alcuni servizi pubblici un cespite d’entrata per il bilancio comunale. Così la necessità delle cose è spezzata contro la vitalità del programma. I partiti popolari italiani dicono: facciamo altrettanto. E ciò non ripugna punto al programma socialista. Solo se si tratta di considerare le cose sotto il loro vero aspetto e chiamarle col loro nome. In quanto un servizio comunale è fonte di entrate, non può ritenersi un vero e proprio servizio pubblico. Sarà, se si vuole, un passo verso di questo, un avviamento, una preparazione - non di più. Nella sostanza esso assume tutti i caratteri di una industria municipale. Tecnicamente si presenta come un’imposta indiretta e sul consumo”.
Dunque Questione sociale, questione istituzionale e questione fiscale sono su una unica linea.
Ora si tratta di scegliere se “invertire la formula” della bugia della “concorrenza che migliora i servizi e abbassa i costi”, e tornare finalmente ad una idea collettiva del ruolo del Comune, a partire dalle Municipalizzate. Dalle quali, conclude Caldara, il Comune non dovrebbe trarre “nè un guadagno, né una perdita”. Insomma gestite anche nella trasparenza della rappresentanza politica dei cittadini con un vero Consiglio Comunale, in regime di pareggio del suo Bilancio.
A domani, dunque, alle ore 11 a Palazzo Marino.
La Critica
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Nel corso della Cerimonia verrà presentata la riedizione del libro del prof. Maurizio Punzo ("Un Barbarossa a Palazzo Marino") edito da Ornitorinco. Saranno esposti pannelli dedicati alla biografia di Caldara e al periodo storico della sua Amministrazione milanese.
Patrocini: Comune di Milano, Fondazione Cariplo, Coop Lombardia, Circolo De Amicis