Le misure di polizia senza politica sanitaria e sociale sono inutili
IL VIRUS È L'INCURIA NON IL COVID
La sconfitta sociale alla vigilia della Ricostruzione
Adesso nuova classe dirigente e un Piano Vanoni 2.0
Pubblichiamo la testimonianza in una pagina di Diario del Direttore del Centro Brera per riaprire una riflessione controcorrente rispetto alla linea di restrizioni estensive, senza interventi intensivi sul territorio. Indice non solo di mancanza di mezzi (vedi i tagli alla sanità) e di personale, ma di improvvisazione di una classe dirigente (non solo del Governo) non all'altezza di affrontare l'emergenza. Senza politica epidemiologica e di profilassi, quando il male colpisce l'unica misura per contenere il contagio è stata il rapporto 1:1 virus - persona. Ma quanto tornerà la socializzazione perchè il contagio sarà ridotto, il rapporto virus-persona non sarà più 1:1? Se così fosse saremmo di fronte alla recidiva. Chi ha gestito questa politica di pesca a strascico è certo che non riprenderà l'emergenza? Se il virus non colpirà sarà perchè se n'è andato colle sue gambe, o si è messo in letargo estivo. E' in questa nuova incertezza che dovremmo affrontare la ripresa dell'economia? Conclusione: o c'è una autocritica del Governo in primis per avviare un nuovo corso repubblicano, un cambio di rotta verso il ritorno alle politiche di sicurezza sociale abbandonate non per l'Europa ma per profitti finanziari, o non ci sarà alcuna ripresa - meglio dire "Ricostruzione". Sarà allora, nella vera guerra che verrà, non mediatico-sanitaria, ma del lavoro e della povertà che sorgerà la classe politica del futuro. Serve un "Piano Vanoni 2.0" [nota*], innazitutto. E inevitabilemte si arriverà ad una profonda riforma dello Stato, a partire dal federalismo fiscale e dalla ricostruzione del modello di economia mista che ha fatto dell'Italia un modello unico e fin troppo invidiato. Invidiato fino alla sua liquidazione e saccheggio.
La confusa concorrenza tra Stato-Regioni è infatti la radice istituzionale delle morti, dei contagi attivi e dei contagi sconosciuti che secondo stime di fondi di investimento interessati all'affare Covit (che seguono per aggiornarsi in Borsa) ammonterebbero in Italia ormai a 600.000 persone asintomatiche.
La mancanza di strutture di intervento sul territorio sostenute anche dall’economia pubblica di mercato e non solo dalle tasse di imprese e cittadini, ha prodotto il taglio delle politiche sociali di cui l’Italia era in cima alle classifiche pur partendo dalla condizione di Paese sconfitto nella Seconda Guerra.
Questa è la sostanza umana ed empirica della sconfitta politica, definitiva e tragica, della seconda Repubblica. Assai distante dalla democrazia repubblicana della Prima. s.carl.
di Marco Sala
Notte insonne, troppo stress. Ho maturato la seguente sensazione: l’Italia sta sbagliando. Sta sbagliando dal punto di vista sanitario, specialmente in LOMBARDIA, dove, mettendo tutto e tutti negli ospedali, abbiamo scellerato il contagio. Non bisogna #stareacasa! Bisogna isolare i contagiati e soprattutto isolare le persone più a rischio e più deboli. Il 40 % dei contagi avviene in ospedale e un altro 40% in famiglia. Mi spiace, il virus è efficace in modo spaventoso e nuovo, ma noi in Italia, lo abbiamo aiutato, sostenuto e incoraggiato. Lo abbiamo fatto perché siamo stati molto superficiali, molto. Siamo passati da influenza a peste in 2 settimane e nelle stesse trasmissioni televisive e comunità politiche o scientifiche. E nessuno che in due settimane abbia per davvero chiesto scusa.
La superficialità con cui abbiamo affrontato ( e stiamo affrontando) il virus non è poi così sorprendente. Viene da lontano. Ed è un virus che ha contagiato molti, troppi e per troppo tempo. Questo virus della superficialità ci ha impedito di “curare” per davvero il nostro Paese. la vera malattia per cui stiamo morendo non è solo la polmonite interstiziale, è l’incuria.
La grave e imperdonabile incuria in cui giace questa Italia.
Questa incuria è dappertutto, non c’è immunità di gregge e i suoi sintomi spesso si sviluppano anche negli asintomatici, me compreso.
Per questo non è facile da combattere perché per debellare questa incuria, a volte, spesso, andrebbe debellata una nostra abitudine, un nostro interesse, un nostro desiderio.
L’incuria della sanità.
Mi dispiace non mi basta il coro di beatificazione del nostro sistema sanitario. mi dispiace ma vanno dette e scritte almeno le seguenti cose. Non avevamo nessun piano di emergenza. Non avevamo scorte di materiale medico e attrezzature. Non avevamo idea di come gestire le quarantene, gli isolamenti e le cure nelle strutture. In Lombradia abbiamo portato tutti in ospedale accelerando i contagi. No! Non siamo stati il miglior modello sanitario possibile. Non c’entra niente pubblico o privato. Anzi se proprio dobbiamo dirla tutta il pubblico, anche qui in Lombardia, ha dato la sensazione di una approssimazione gestionale e strategica a cui non eravamo preparati: negli ospedali lombardi non possono mancare mascherine e camici. Sia chiaro : non è colpa dei tagli. Qui è colpa dell’incuria. Dell’incuria della gestione.
L’incuria nella socialità.
Nelle ultime settimane siamo stati protagonisti e spettatori di evoluzioni e involuzioni degne di romanzi straordinari. Pensate ai #Novax...
Pensate a come abbiamo trattato i cinesi, condannati per averci portato il virus e prima distrutto le economie tradizionali, ora osannati perché ci danno qualche medico e qualche mascherina...l’incuria nella nostra capacità di essere sensati nel giudizio e non reattivi urlatori senza criterio è ad uno stadio davvero difficile da curare. Inoltre questa nuova forma di socialità tuta digitale sta facendo proliferare nuove culture di germi batteri e virus: dalle fake news alle nuove forme di pubblico ludibrio ( runners e proprietari di cani)
L’incuria della informazione
Se noi siamo stati “capre” nella reazione al fenomeno la colpa è anche di chi i nostri ragionamenti li dovrebbe guidare, o almeno influenzare, diciamo. I leader del pensiero, siano essi opinionisti, giornalisti, capi religiosi, hanno sbandato letteralmente. Hanno compiuto semplificazioni colpevoli, approssimazioni dolose e errori di valutazione gravissimi. La colpa dei media è nelle persone, non nei mezzi: politici si sono trasformati in opinionisti, opinionisti si sono trasformati in rappresentanza del popolo o della scienza, scienziati in costituzionalisti e così via. L’incuria ha minato la autorevolezza dei leader. Facendo sì che tutti non capissimo più nulla e fossimo abbandonati alla reattività. I fenomeni complessi hanno bisogno di chiavi interpretative complesse. Le chiavi interpretative complesse non le abbiamo tutti: de quelli che le hanno non le usano o peggio, le usano senza cura, la situazione si fa grave.
L’incuria della rappresentanza
Il Parlamento è chiuso! I padroni pensano solo ai profitti! I sindacati non si curano degli autonomi e delle partite iva. Il Papa non dice nulla... queste sono tutte balle è vero, ma nella loro superficiale menzogna dicono anche una parte della verità. La sensazione di inconsistenti e pericolose incapacità dei sistemi di rappresentanza politica, sociale e sindacale di questa nazione, è diffusa ed è penetrata in tutti noi. Non si tratta solo di “antipolitica” è proprio una assenza di legittimazione ed autorevolezza nei confronti di chi ci rappresenta o dovrebbe rappresentare. Fico e Casellati, praticamente assenti non giustificati, di questa fase, stanno però assolvendo perfettamente il loro compito. Rappresentanti della crisi della rappresentanza. Una crisi che arriva da lontano e che si è consolidata a furia di incuria nei confronti dei rappresentati e di sola cura degli interessi dei Rappresentanti. Perversione contagiosa a cui poche e lodevoli eccezioni si sottraggono.
L’incuria delle istituzioni
Le gravi scelte che le istituzioni hanno compiuto e stanno compiendo impattano sulle libertà personali, sull’economia, sulla cultura. Sono misure che in molti non esitato a definire “ di guerra “ comunque siamo tutti d’accordo nel dire di sensazionale unicità.
Ebbene l’impressione che i più ricavano, è che queste misure siano state prese con molta, troppa superficialità. Decreto annunciati che vengono pubblicati giorni dopo. Tecnici che parlano al posto dei Governanti. Rappresentanti delle Istituzioni territoriali che litigano tra loro e con le istituzioni centrali. La pandemia di mancanza di cura di chi oggi ha incarichi istituzionali è disarmante: dal ministro che ride in conferenza stampa, all’assessore che invita i suoi a ribellarsi a Roma. Lo spettacolo deprimente non è coperto nemmeno dalla Presidenza della Repubblica, che peraltro in questi giorni ha meno spazio nei dibattiti di un oscuro contabile messo a capo della Protezione Civile. Le istituzioni repubblicane sono infette. Sono infette dal l’incuria di chi ne ha in carico la gestione. E temo che non abbiamo ancora visto la vera portata del contagio, dacché in questi giorni i Tribunali sono chiusi, e la quarantena delle procure non ha ancora liberato le attese inchieste monstre tipiche di questo Paese. Arriveranno e come un potente anestetico, addormenteranno quell’anelito di speranza di ricostruire di cui sentiamo tutti il bisogno, ma che credo non meritiamo!
[* nota: Piano Vanoni - Studio, presentato al Parlamento italiano nel 1955 dall'onorevole Vanoni, nel quale erano individuate le linee di politica economica atte a coordinare direttamente l'azione pubblica e indirettamente quella privata per risolvere alcuni fra i più urgenti problemi economici dell'Italia nel secondo dopoguerra. Ufficialmente il piano è conosciuto come Schema di sviluppo dell'occupazione e del reddito in Italia nel decennio 1955-64, il cosiddetto BOOM ECONOMICO.
I quattro obiettivi che il piano intendeva raggiungere erano:
— la creazione di quattro milioni di posti di lavoro durante il decennio 1955-64;
— la riduzione dello squilibrio esistente tra Nord e Sud;
— il pareggio della bilancia dei pagamenti da ottenere attraverso un incremento delle esportazioni;
— la ristrutturazione della distribuzione delle forze di lavoro.
Nonostante gli ostacoli di natura politica che limitarono l'attuazione del piano e nonostante il fatto che esso non fosse mai stato tradotto in legge in senso formale e sostanziale, almeno tre dei suoi obiettivi furono raggiunti.
In in quel periodo, infatti, il reddito aumentò ad un tasso superiore al 5%; all'inizio del 1962 fu raggiunta la piena occupazione (in realtà favorita da un imponente fenomeno di emigrazione) e l'andamento della bilancia dei pagamenti si mostrò molto favorevole.