Per evitare che il “no” irlandese paralizzi l'Europa, i Ventisette non hanno altra scelta che continuare il processo di ratificazione, senza isolare l'Irlanda, in attesa che sia essa stessa a trovare la soluzione per riprendere il treno comune. Nel frattempo, l'Europa deve voltare pagina, abbandonando l'ossessione istituzionale per dedicarsi ad obbiettivi concreti. È necessario dunque assumere – subito – misure volte a proteggere i cittadini dal rincaro dei prezzi per fornire loro risposte ai problemi che oggettivamente incidono sulla loro vita quotidiana.
La Ue ha innanzi a sé sfide internazionali che solo l'unità tra i paesi può permettere di affrontare: dalla politica energetica verso la Russia alla strategia commerciale con la Cina sino alla normalizzazione del Medio Oriente. Questo significa che la semplice cooperazione tra gli stati non è più sufficiente. Sononecessarie istituzioni multilaterali forti. E cos'altro è l'Unione Europea se non un organismo multilaterale? Si deve cominciare a prendere in considerazione un metodo operativo diverso: invece di un unico trattato, tanti mini-trattati “a tema” o una procedurache permetta ai piccoli paesi di portare avanti le riforme senza doversi impegnare in un contratto omnicomprensivo. Mandelson to blame for Irish EU 'no' vote, Sarkozy says
Se c'è una responsabilità della Commissione europea nel “no” irlandese, non va cercata nel presidente Barroso ma in Peter Mandelson. Così Sarkozy ha accusato il Commissario al Commercio estero di aver contribuito con la sua politica ultraliberale ad aumentare le preoccupazioni dei cittadini irlandesi. Getta acqua sul fuoco il Ministro degli Esteri britannico, David Miliband che definisce una “battuta” la dichiarazione rilasciata da Sarkozy nella conferenza stampa a conclusione della prima giornata del vertice di Bruxelles.
Il progetto europeo in Francia è da sempre preda di quattro pulsioni ideologiche critiche. L'eurofobia dell'estrema destra, che difende l'idea di “nazionalismo chiuso” dal quale derivano i sospetti per i fenomeni immigratori e la paura per l'islamizzazione. Il sovranismo repubblicano che, a destra e a sinistra, difende la nazione come luogo esclusivo della democrazia. Il “localismo rurale” che combatte l'Europa in nome di un localismo di stampo regionalista e paesano. E l'anti-lberismo no-global che rigetta la logica della mercificazione. Questi stessi fenomeni indicati, per la Francia, in una recente pubblicazione del Cevipof (centro studi della vita politica francese) sono presenti, sotto forme diverse, in molti altri paesi europei per nutrire la diffidenza per un'Europa accusata di sacrificare gli interessi dei popoli.
America ed Europa non saranno mai destinate a marciare fianco a fianco poiché le due principali potenze economiche globali incarnano un antagonismo strutturale che si fonda sulla competizione di interessi. Il legame transatlantico, in una prospettiva geopolitica, non è dunque destinato a durare, anche nella condizione di un'alleanza, politica o strategica. Come osservava un giovane De Gaulle, negli Anni 20, “è probabile che l'attuale equilibrio tra le potenze rimanga invariato finché i piccoli non vorranno diventare grandi, i forti dominare i deboli e i vecchi continuare a vivere.”
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