Prezzi del petrolio alle stelle e riscaldamento climatico in aumento. Questo il panorama che appare a chiunque si approcci al mercato dell'energia in questo primo scorcio di terzo millennio. La situazione è talmente allarmante da far preconizzare ai più pessimisti e profetici la prossima fine del mondo, o quantomeno un'implosione sistemica dell'economia mondiale. Le fonti alternative ai combustibili fossili, sole, vento ed elettricità, non sembrano in grado di rimpiazzare l'esistente, il nucleare, benché stia tornando di moda, non pare la strada del futuro. I catastrofismi devono comunque essere contrastati. Il recupero del dibattito sulle fonti alternative, iniziato la prima volta negli anni settanta dopo lo shock petrolifero, è senz'altro una notizia incoraggiante. Ma l'aspetto più interessante viene dal mercato: gli investimenti sulla ricerca di fonti alternative al petrolio sono ormai considerati il business del presente, non solo del futuro, e l'impegno imprenditoriale nel settore è reale e va incoraggiato. I governi davvero interessati alla sostenibilità economico-ambientale dello sviluppo e della crescita dovrebbero sostenere l'imprenditoria verde con misure fiscali, che colpiscano il mercato dei combustibili fossili e promuovano gli investimenti nelle tecnologie più eco-sostenibili. La competizione farà il resto ed anche i grandi inquinatori del prossimo futuro, India e Cina, saranno alla lunga costretti ad adeguarsi alla nuova logica del dopo-petrolio. Un'era più vicina di quanto si pensi.
Il summit internazionale di Jeddah (Arabia Saudita) sull'energia non è giunto a conclusioni soddisfacenti, almeno per i consumatori. I Paesi produttori, almeno nel breve-medio termine, non avranno che da rallegrarsi dei continui aumenti nel prezzo dell'oro nero che stanno rimpinguando le loro casse. L'Arabia Saudita, che ha ospitato il summit, si è impegnata ad aumentare di 200.000 barili al giorno la propria produzione e ad intensificarla ulteriormente nei prossimi anni se ciò dovesse rendersi necessario. I sauditi, leader mondiali tra i produttori, sono i soli a poter determinare con le proprie mosse cambiamenti significativi negli equilibri del mercato del petrolio. Tuttavia, la reazione delle varie piazze mondiali è stata pigra ed è presumibile che Riyadh riveda al rialzo la propria offerta. O almeno così sperano i rappresentati dei Paesi produttori, in particolare Stati Uniti, Giappone e Regno Unito. L'unica conclusione condivisa del meeting riguarda la causa del continuo rialzo del greggio, individuata principalmente nella crescente voracità energetica dei Paesi emergenti dell'Asia. Communiqué from the Saudi energy meeting
The New York Times To Ease Gas Prices, Obama Eyes Speculators Brian Knowlton Le prime scaramucce della sfida Obama/McCain non lasciano dubbi sulle differenze tra I candidate alla Csa Bianca in tema di politica energetica. Il senatore dell'Arizona sostiene il presidente Bush è auspica una ripresa delle esplorazioni e delle trivellazioni per fronteggiare il caro petrolio con nuovo greggio americano, Obama e i Democratici del Congresso mantengono ferma la loro opposizione, con il senatore dell'Illinois pronto a fustigare gli speculatori che lucrano sull'aumento dei prezzi dell'oro nero. Entrambi ritengono la loro ricetta come la più idonea a tutelare la sicurezza, l'indipendenza energetica e l'equilibrio ambientale del Paese. L'atteggiamento ondivago di McCain sulla questione lascia perplessità sulla sua strategia complessiva e lo avvicina al tanto criticato approccio energetico dell'amministrazione uscente, che i Democrats sbeffeggiano con lo slogan “drill, drill, drill (scava, trivella)”. L'accusa di Obama agli speculatori si presta a varie interpretazioni e lascia qualche dubbio, in quanto diversi analisti ritengono che l'attività degli scommettitori finanziari non stia poi incidendo troppo sull'esplosione di prezzi dei carburanti.
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