L'idea di “Nuovo Medio Oriente” è stata partorita dalla mente di alcuni intellettuali americani neoconservatori e ripresa dall'Amministrazione Bush all'indomani della presa di Baghdad. Il concetto muore prima ancora di nascere, con la vittoria di Hamas in Palestina e la Guerra di religione che gli americani non si attendevano esplodesse in Iraq. È vero tuttavia che sta emergendo un “nuovo Medio Oriente”: l'Iraq, dominato dagli sciiti, si allea con i fratelli iraniani cui già l'Hezbollah libanese ha fatto professione di appartenenza. La reazione del mondo sunnita avrebbe potuto essere un riallineamento tra Siria e Arabia Saudita, casa dei Fratelli Musulmani. Ed invece sul tavolo è stata gettata una carta diversa: la Turchia che è riuscita in un'impresa diplomatica geniale: avvicinare i nemici storici – Israele e Siria. A questo punto ci si chiede se abbia ancora senso una politica di isolamento della Turchia dato il contributo cruciale di Ankara alla soluzione dei problemi della regione.
La Maskirovka – l'oscura arte sovietica della simulazione – è ancora ben viva a Pyongyang, ma purtroppo Bush non lo ha capito. L'Amministrazione Usa, al contrario, ha dato grande risonanza alla dichiarazione con cui la Nord Corea fa luce sul suo programma nucleare. Ma non c'è alcuna prova che quanto dichiarato dal regime corrisponda a verità. Semmai, ci sono prove del contrario. Ciononostante, il Presidente Bush si è premurato di dichiarare che la Corea del Nord non è più né un paese terrorista, né un nemico degli Usa. Questa l'eredità che Bush lascia al mondo.
L'ex Presidente iraniano rappresenta un'ideologia islamica riformatrice tutt'altro che marginale a Teheran. Khatami, con la sua sensibilità e umanità, è una figura preziosa per captare gli umori di un paese in cui la disaffezione per l'estremismo di Ahmadinejad è ormai un dato acclarato. Khatami svolge per questo alla perfezione il ruolo di “mediatore”. Ma per lui il “dialogo” – che è cosa diversa dal “negoziato” -tra Iran e Occidente deve fondarsi su una reciproca disposizione all'ascolto ed alla comprensione delle ragioni dell'altro, non sulla contrapposizione, l'egemonia o la minaccia della forza. La chiave per realizzarlo è evitare l'umiliazione al mondo islamico instaurando con esso un confronto tra partner e non tra avversari.
È necessario impedire il ritorno alla rincorsa nucleare che ha caratterizzato il periodo della Guerra Fredda, ma per farlo, è necessario avviare un impegno multilaterale.Si tratta di prendere atto della responsabilità “storica” di impedire una escalation nucleare che potrebbe avere esiti drammatici. Varebbe dunque la pena riflettere sulla proposta lanciata da Henry Kissinger, George Shultz, William Perry e Sam Nunn per liberare il mondo dalle armi nucleari. In America, l'idea è stata accolta da entrambi I candidati alla Casa Bianca. Sarebbe auspicabile che un simile dibattito venisse avviato anche in Europa. Non si tratta di chiedere un disarmo unilaterale ma di avviare un dialogo con tutti i paesi che detengono o si accingono a detenere arsenali nucleari, sulla base del comune interesse alla sicurezza ed alla condivisione di regole e strategie universalmente rispettate.
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