L'Amministrazione Bush ha spesso cambiato strategia di politica estera ma si è mantenuta coerente nell'eccesso di zelo per la difesa missilistica. Così prima ancora di verificare l'utilità di un sistema di difesa in Polonia e Repubblica Ceca, gli Usa si sono impelagati in un negoziato che – lungi dall'essere concluso – si sta rivelando particolarmente costoso per gli Usa, sia dal punto di vista economico – in virtù delle continue nuove richieste dei due paesi “ospiti” – sia dal punto di vista politico, a causa delle frizioni determinate dall'estenuante trattativa. Il Congresso ha invece commissionato uno studio che valuti l'effettiva opportunità delle basi europee. E, solo dopo, eventualmente procedere con il negoziato.
In una puntuale riflessione sull'esperienza degli ultimi otto anni, il Segretario di Stato Usa ragiona sui pilastri della politica estera americana alla luce dei cambiamenti epocali determinati nell'assetto del mondo dalla globalizzazione e dall'11 settembre.Quello che non è cambiato è il rapporto degli Usa con le altri grandi potenze, dalla Russia alla Cina, ai nuovi grandi, come l'India e il Brasile. “L'alleanza con i “grandi” nelle Americhe, in Europa ed in Asia – scrive la Rice – rimane il pilastro su cui poggia l'ordina mondiale che gli Usa stanno contribuendo a forgiare perché possa reggere alle sfide della nuova era.” Quello che è cambiato è invece sono le dinamiche all'interno dei singoli paesi e la distribuzione del potere tra i diversi attori internazionali. Questo ha suggerito il più radicale cambiamento nella politica internazionale americana: oggi gli Usa considerano lo “state building” democratico come una componente essenziale dell'interesse nazionale.
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