Nonostante le apparenze contrarie, l'economia Usa ha ancora qualche possibilità di sopravvivere alla più sciagurata eredità lasciati dall'amministrazione Bush: il dollaro debole. Senza dubbio le priorità economico-finanziarie del biennio 2009-2010 rimarranno le medesime degli ultimi mesi. I policy-makers dovranno fare i conti con l'aumento dell'inflazione, le persistenti difficoltà del disastrato mercato immobiliare, le difficoltà correlate del sistema bancario e la prevista crescita dei tassi d'interesse. Questi fattori non giocheranno peraltro un ruolo centrale nel determinare i destini dell'economia americana. L'America dovrà guardare, ed affidarsi, alla tumultuosa crescita del mondo in via di sviluppo. Al nuovo inquilino della Casa Bianca ed ai suoi collaboratori toccherà prendere centinaia di decisioni su come relazionarsi ai cambianti in atto. E dovranno essere scelte accurate e lungimiranti. A tal proposito, la retorica elettorale del salvataggio di milioni di posti di lavoro nell'obsolescente Old Economy dovrà cessare con le elezioni di novembre. Ogni tentazione protezionistica è condannata alla sconfitta. L'apertura verso il mondo e le promettenti opportunità di investimento in nuove regioni dovranno essere necessariamente le opzioni privilegiate per Washington. Chiudersi in roccaforti e cedere alla paura della competizione globale non salverà Wall Street e l'America.
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