La Russia di oggi è molto diversa da quella che, sotto Eltsin, era stata accolta nel gruppo delle 8 grandi potenze mondiali. Il sistema politico ed economico sviluppato da Mosca nel decennio Putin ha sollevato la questione dell'opportunità che la Russia continui a rimanere nel G8. Soprattutto, a cospetto di un'assenza significativa, quella della Cina. È lecito, infatti, domandarsi perché la grande potenza asiatica che ormai siede nei principali consessi internazionali – dalla Banca mondiale al Fondo monetario – venga tenuta fuori da un organismo come il G8 deputato a discutere temi in cui la Cina gioca un ruolo cruciale. La risposta va cercata nel contrasto tra Cina e potenze occidentali su dossier come l'ambiente e il credito ai paesi africani, oltre che nelle tensioni politiche che rendono Pechino un membro potenziale assai meno gradito di quanto non fosse Mosca nell'era della democratizzazione eltsiniana.
Il Senatore McCain ha proposto di espellere la Russia dal G8, per la violazione dei principi democratici. Ebbene, si può capire che l'idea venga esposta da un candidato alla Presidenza che ha bisogno di distinguersi dal predecessore. Ma è opportuno rilevare che si tratta di un'idea sbagliata. Espellere Mosca dal forum delle grandi potenze non avrebbe che un effetto: deteriorare le relazioni tra Usa e Russia.
Sono ormai all'ordine del giorno le imprese russe che siglano accordi per l'acquisizione delle riserve minerarie africane. In Zambia, il più importante produttore di rame del continente africano, la Russia è già impegnata in investimenti significativi. Il principale concorrente di Mosca è la Cina.
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