Mentre il prezzo del petrolio si mantiene su livelli elevati e la debolezza dell'economia americana persiste, gli addetti ai lavori si dividono sulle strategia che la Federal Reserve dovrebbe adottare al riguardo. Da un'inchiesta condotta su un campione di oltre cinquanta economisti emerge un sostanziale equilibrio tra coloro che suggeriscono alla Fed di concentrarsi sul rinvigorimento della crescita e quanti invitano a tenere sotto controllo l'inflazione. In questione soprattutto l'operato del governatore, Ben Bernanke, che secondo l'opinione di eminenti economisti dovrebbe seguire l'esempio del presidente della Banca Centrale europea, Claude Trichet, molto attivo nel controllo della stabilità dei prezzi. Ciò su cui gli intervistati concordano è il peggioramento dello scenario nei prossimi mesi: aumento della disoccupazione, perdita di posti di lavoro e deprezzamento delle abitazioni ad ulteriore detrimento della salute del mercato immobiliare.
Parla chiaro il segretario generale dell'Opec, Abdalla Salem El-Badri. In caso di conflitto militare che vedesse coinvolto l'Iran, i prezzi del petrolio potrebbero subire un'impennata incontrollabile. Gli altri Paesi dell'organizzazione non riuscirebbero in quell'eventualità a compensare la perdita del quantitativo di petrolio solitamente fornito da Teheran che, con quattro milioni di barili al giorno, è il secondo produttore Opec dopo l'Arabia Saudita. Del resto, è bastato l'inasprimento dei toni tre Iran ed Israele per determinare nelle ultime settimane un aggiustamento verso l'alto dei prezzi sui mercati mondiali. Badri tuttavia non si sofferma unicamente sulle tensioni geopolitiche, elencando le altre cause che, secondo l'Opec, sono all'origine dell'escalation dei prezzi e menziona il dollaro debole, le carenze nella capacità di raffinazione e, in maniera preponderante, l'attività selvaggia degli speculatori.
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