Barack Obama accetterà la nomination Democratica il 28 agosto davanti a 75.000 persone nello stadio di Denver. Il 28 agosto di 45 anni fa, Martin Luther King pronunciava a Washington il suo sermone più famoso (“I have a Dream…”). Inoltre, era dai tempi del conferimento della nomination a John Fitzgerald Kennedy che il discorso d'accettazione del candidato non veniva pronunciato davanti ad una folla tanto vasta. Come se non bastasse, il senatore dell'Illinois, che sta per partire per un tour europeo, amerebbe esibirsi a Berlino davanti alla Porta di Brandeburgo. Angela Merkel ha già fatto sapere che non gradirebbe, considerando inopportuno conferire una simile vetrina ad un candidato alla Casa Bianca. Obama insomma non nasconde la sua rincorsa al mito, ma confrontarsi con due personaggi tanti idealizzati potrebbe essere veramente rischioso e tramutarsi in un boomerang. Il giovane candidato Democrat, con spirito bipartisan, apprezza anche il paragone con Abraham Lincoln. Ma la sostanza non cambia. La memoria dei difetti di tutto questi grandi personaggi è persa nelle nebbie del passato. Nessuno di loro fu perfetto, ma chi lo ricorda? Certo, Obama spera di evocare nei giovani la speranza di rinnovare con la sua elezione un'epopea eroica della politica americana, un periodo che essi non hanno potuto vivere. Ad ogni modo, può tornare utile il consiglio che Eleanor Roosevelt diede a Jfk nel 1960: “un profilo più basso, un po' più di coraggio.”
Ormai è un trend consolidato. Il Partito Democratico stravince nei sondaggi sul Grand Old Party, ma Obama ha solo 4-5 punti percentuali di vantaggio su John McCain. Il dato conferma una sensazione. Mac per vincere deve focalizzare la campagna elettorale sul confronto tra le due personalità, su chi sono i due candidati, su cosa hanno realizzato, e su quale messaggio essi inviano agli americani. Apparentemente è una tattica perdente: Obama è fresco e frizzante, è la novità; McCain deve portare il fardello dell'amministrazione Bush ed è “troppo vecchio.” Ma , a ben guardare, non c'è paragone. Obama non ha esperienza e dei suoi brevi anni in Senato non rimane sostanzialmente traccia. E' ideologizzato. Ciò gli impedisce di valutare il successo del surge in Iraq e di intuire la minaccia estremista in Medio Oriente (come potrà essere il nuovo Comandante in capo?), lo convince ad opporsi a nuove trivellazioni ed al nucleare (come pensa di garantire l'autosufficienza energetica all'America?) e lo induce a promettere più tasse, più redistribuzione e più sanità pubblica (come pensa di sostenere il sistema?). Gli americani non possono essere d'accordo. La proposta di McCain è meno dogmatica. Del resto, egli è un indipendente, più lontano da Bush di quanto Obama lo sia dal radicalismo di sinistra. Le idee del senatore dell'Arizona in tema di politica estera, energia ed economia sono migliori e, se analizzate con raziocinio, garantiscono un futuro più tranquillo al Paese rispetto alle vaghe e mirabolanti suggestioni del “grande comunicatore” di Chicago. Inoltre, interessante il capitolo vice-presidente. I migliori nomi del novero Democratico, il senatore della Virginia Jim Webb, l'ex governatore della Virginia Mark Warner e l'attuale governatore dell'Ohio Ted Strickland, si sono già chiamati fuori, mentre McCain ha ancora a disposizione una vasta gamma di scelte. Sicuramente, e non è poco, se vuole recuperare terreno Mac dovrà infondere un maggiore entusiasmo alla sua campagna. Altrimenti le buone idee verranno travolte dai clamori della propaganda.
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