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Alberto Pototschnig, NelMerito.com, 26 febbraio 2009,

Il Consiglio Europeo dell'11 e 12 dicembre scorsi ha adottato il "pacchetto energia e cambiamento climatico" che segna una svolta importante nella politica energetica e ambientale europea. Il "pacchetto" si basa sulle proposte formulate dalla Commissione il 23 gennaio 2008, tese principalmente a distribuire lo sforzo tra gli Stati Membri e a definire gli strumenti attraverso i quali l'Unione Europea perseguirà gli obiettivi, da conseguirsi entro il 2020, individuati dallo stesso Consiglio Europeo nel marzo 2007. Tra questi, l'obiettivo di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra (GHG), fissato al 20% rispetto ai livelli del 1990.

Qualora peraltro si raggiungesse un accordo internazionale che preveda impegni dagli altri paesi industrializzati a riduzioni comparabili delle emissioni di GHG, cosi come un contributo alla riduzione di tali emissioni da parte dei più avanzati paesi in via di sviluppo commisurato alle loro rispettive responsabilità e capacità, l'obiettivo di riduzione delle emissioni di GHG sarebbe aumentato al 30%(1).

Per quanto riguarda gli strumenti per perseguire la riduzione delle emissioni di GHG, viene confermato il ruolo centrale del sistema comunitario di scambio delle quote di emissione (Emissions Trading System – ETS), introdotto dalla Direttiva 2003/87/CE e già operativo dal 2005. Si tratta di un meccanismo del tipo c.d. cap and trade, il quale prevede che, per i settori partecipanti – finora il settore energetico, quello della raffinazione, oltre ad alcuni comparti dell'industria mineraria ed industriali quali quelli dei metalli ferrosi, del vetro, del cemento, della cellulosa e carta, ai quali, entro il 2012, si aggiungerà il settore dell'aviazione – le emissioni di GHG – finora solo anidride carbonica – debbano essere coperte da quote di emissioni; cioè che gli operatori debbano presentare annualmente ad un'"autorità nazionale competente" quote in numero corrispondente alle emissioni dei propri impianti nell'anno precedente. Il "pacchetto" prevede che, a partire dal 2013, l'ETS venga esteso anche ai settori dell'alluminio e dell'ammoniaca, all'industria petrolchimica e alle attività di cattura e stoccaggio del carbonio (Carbon Capture and Storage – CCS), e ad altri GHG (oltre all'anidride carbonica). Ai settori partecipanti, che si ritiene siano quelli con maggiori potenzialità di riduzione delle emissioni, viene assegnato nel complesso un obiettivo di riduzione, rispetto ai livelli attuali, più che doppio di quello attribuito ai settori ancora esclusi (tra cui il principale è quello dei trasporti). Per questi ultimi, l'obiettivo comunitario è ripartito in obiettivi nazionali sulla base del PIL pro capite e delle prospettive di crescita dello stesso. Per ogni Stato Membro è stato inoltre definito un "sentiero" di convergenza all'obiettivo. È infine prevista una limitata flessibilità sia inter-temporale che di trasferimento statistico di emissioni tra i diversi Stati Membri.

Peraltro, le modifiche all'ETS risultate maggiormente controverse sono state quelle riguardanti l'assegnazione delle quote, che fino ad ora è avvenuta sostanzialmente a titolo gratuito(2) sulla base di Piani Nazionali di Assegnazione (PNA), predisposti dagli Stati Membri ed approvati dalla Commissione Europea, relativi a periodi di riferimento pluriennali – triennale il primo (2005 – 2007), quinquennale il secondo (2008 – 2012). Per il futuro - che vedrà l'estensione della durata dei periodi di riferimento ad otto anni, così da creare un quadro di riferimento maggiormente stabile per gli investimenti in tecnologie a basso impatto ambientale - la Commissione Europea aveva proposto criteri comuni di assegnazione e l'utilizzo prevalente di aste. In particolare, a decorrere dal 2013, i settori elettrico e della raffinazione non avrebbero più ricevuto quote a titolo gratuito; anche per le attività di CCS l'assegnazione sarebbe avvenuta esclusivamente attraverso il meccanismo d'asta. Per gli altri settori ed attività, veniva generalmente prevista una riduzione graduale delle assegnazioni a titolo gratuito, da una quota pari all'80% nel 2013, fino ad arrivare ad assegnazioni esclusivamente attraverso aste entro il 2020. Avrebbero potuto invece continuare a ricevere quote a titolo gratuito quei settori ad alta intensità energetica ed esposti alla concorrenza internazionale, e quindi soggetti al rischio di "carbon leakage", in altre parole di delocalizzazione della produzione in paesi non partecipanti all'ETS o a meccanismi analoghi. Infatti, l'allocazione gratuita di quote era uno dei due meccanismi attraverso i quali la Commissione Europea aveva previsto di fronteggiare tale rischio; l'altro strumento era rappresentato dall'inclusione nell'ETS delle importazioni da paesi terzi. Nel complesso, comunque, la Commissione Europea stimava che già nel 2013 circa il 60% delle quote sarebbe stata assegnata attraverso aste.

Dopo un acceso confronto tra i diversi Stati Membri, che ha rischiato di far naufragare, o comunque rallentare il processo di approvazione del pacchetto, il Consiglio Europeo nel dicembre scorso ha raggiunto un compromesso in base al quale:

- viene confermata l'allocazione attraverso asta per i settori energetico e della raffinazione, nonché per le attività di CCS;

- per gli altri settori ed attività, viene in generale previsto che le assegnazioni attraverso asta interessino una quota pari al 20% del totale nel 2013 e che questa percentuale aumenti linearmente fino a raggiungere il 70% nel 2020, con l'obiettivo di eliminare le assegnazioni a titolo gratuito entro il 2027. Si tratta quindi di un allungamento di sette anni del periodo transitorio durante il quale le quote continueranno ad essere assegnate, almeno in parte, a titolo gratuito;

- viene confermato che le quote potranno continuare ad essere assegnate a titolo totalmente gratuito in quei settori esposti ad un significativo rischio di carbon leakage. Per l'individuazione di tali settori, che avverrà su base quinquennale, ma con possibili inclusioni od esclusioni annuali, la Commissione dovrà procedere, su indicazioni del Consiglio Europeo(3), sulla base di una pluralità di criteri:

- la possibilità di traslare ai consumatori, senza una perdita significativa di quote di mercato, i maggiori costi derivanti dall'eventuale acquisizione a titolo oneroso delle quote e i maggiori oneri connessi ai più alti costi dell'energia elettrica risultanti dall'inclusione del settore elettrico nell'ETS;

- l'incidenza dei maggiori costi, diretti ed indiretti, derivanti dall'introduzione dell'ETS, ed il grado di apertura del settore al commercio con paesi terzi, misurata come rapporto tra commercio extracomunitario – definito come la somma di importazioni ed esportazioni – e vendite intracomunitarie. A tale proposito vengono definite due diverse combinazioni di soglie – incidenza dei costi, sul Valore Aggiunto Lordo, superiore al 5% ed apertura al commercio extracomunitario superiore al 10%; o incidenza sui costi della produzione almeno pari al 30% e apertura al commercio internazionale non inferiore al 30% - che, se superate, individuano il settore come significativamente esposto al rischio di carbon leakage;

- una valutazione "qualitativa" delle caratteristiche del settore che tenga in considerazione la possibilità per gli impianti di ridurre le emissioni di GHG ed il consumo di energia elettrica, nonché i margini di profitto conseguibili. Sulla base di questa valutazione qualitativa possono essere considerati a significativo rischio di carbon leakage anche settori che, ancorché non rispettino le soglie quantitative sull'incidenza dei costi e del commercio extracomunitario, si collochino in prossimità delle stesse.

Il riferimento a valutazioni qualitative ed il coinvolgimento del Consiglio Europeo fanno pensare che la questione dell'individuazione dei settori soggetti a rischio di carbon leakage sia tutt'altro che risolta e che si ripresenterà, con la sua dose di tensioni tra i diversi Stati Membri, ad intervalli regolari. Infatti, l'allocazione gratuita di quote rappresenta primariamente un trasferimento di ricchezza(4) ai suddetti settori - pari al valore di mercato delle quote assegnate a titolo gratuito. Non dovrà quindi sorprendere che ogni comparto abbia cercato e cercherà di sostenere di essere soggetto a rischio di carbon leakage, ed eserciterà pressioni sul proprio governo per ottenere tale riconoscimento. Un maggiore ricorso ad allocazioni gratuite ridurrà peraltro i proventi derivanti dalle aste, che viene previsto siano utilizzati, almeno in parte, per finanziare misure di riduzione delle emissioni di GHG, di supporto alle fonti rinnovabili, di gestione del territorio e per altri scopi comunque strumentali al raggiungimento degli obiettivi in campo ambientale. Pertanto ci si può attendere che i settori che potranno beneficiare di tali finanziamenti esercitino pressioni per cercare di limitare al massimo il ricorso ad assegnazioni a titolo gratuito, in modo da salvaguardare le risorse finanziarie derivanti dalle aste. Dal momento che la lista dei settori ammessi all'allocazione gratuita delle quote potrà essere modificata anche annualmente, il tema rimarrà una costante materia del contendere tra diversi settori, e diversi Stati Membri. Per evitare questa situazione, sarebbe forse stato più opportuno puntare sull'altro strumento proposto dalla Commissione Europea per fronteggiare il rischio di carbon leakage, cioè sull'inclusione delle importazioni da paesi terzi nell'ETS. In realtà, tale strumento è ancora previsto nel testo approvato dal Consiglio Europeo, ma l'attenzione rivolta ai criteri di individuazione dei settori ammessi all'assegnazione gratuita delle quote fa pensare che, in pratica, sia stato, almeno per ora, accantonato. Avrebbe avuto peraltro il vantaggio di poter essere applicato a tutti i settori, senza la necessità di misurare il grado di esposizione al rischio di carbon leakage dei diversi comparti; avrebbe anche posto veramente sullo stesso piano produzione comunitaria ed extra-comunitaria(5).




1) Sempre con riferimento ai livelli del 1990.

2) Nel periodo 2005 – 207, l'assegnazione delle quote di emissione a titolo oneroso non ha raggiunto l'1% delle quote totali emesse. Per lo stesso periodo, la Direttiva 2003/87/CE prevedeva un limite massimo del 5%. Nel periodo successivo – 2008 - 2012 – tale percentuale sarà comunque inferiore al 5%, a fronte di un livello massimo del 10%.

3) Il testo nella versione in inglese come emendato in esito al Consiglio Europeo recita: "after discussion in the European Council".

4) Non è infatti generalmente vero che l'assegnazione gratuita di quote modifichi le strategie di prezzo dei settori beneficiari, dal momento che comunque, anche se ricevute gratuitamente, l'utilizzo delle quote per coprire emissioni comporta un costo opportunità.

5) In questo caso, infatti, non si creerebbe, per la produzione comunitaria, la divaricazione tra costi monetari e costi opportunità.

 

Data:





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