"Questo rapporto è il frutto dei nostri sforzi, un onesto resoconto dei successi conseguiti, dei fallimenti e dei dillemmi che ci siamo posti e ci poniamo nella nostra azione quotidiana." Con queste parole il ministro degli Esteri britannico ha presentato pubblicamente il Rapporto sui diritti umani per il 2008, redatto dal Foreign Office. "Dodici anni fa, Robin Cook promise che il governo laburista avrebbe riservato alla tutela dei diritti una posizione preminente nella sua agenda di politica estera. Da allora, abbiamo triplicato il nostro impegno economico per favorire lo sviluppo dei Paesi più poveri, abbiamo previsto criteri sempre più restrittivi per il commercio delle armi e siamo stati in prima linea nella battaglia per l'instaurazione del Tribunale penale internazionale. Così, l'undicesimo rapporto annuale sui diritti nel mondo sta a certificare la grande trasparenza ed efficacia del nostro impegno su questo punto."
Miliband ha prosegutio ricordando come l'obbligazione morale sentita dal popolo britannico verso i diritti umani faccia parte del Dna storico del Regno Unito. Un sentimento fondato sulla convinzione che le società libere offrano le migliori prospettive per la stabilità e la prosperità. "La libertà economica rappresenta la via maestra per dare potere ai cittadini e migliorarne gli standard di vita, mentre una democrazia genuina e realmente funzionante garantisce contro i guasti della corruzione politica e la malversazione." Da queste parole emerge il tratto distintivo della filosofia politica del New Labour, basata sull'
empowerment dei cittadini e sulla leale collaborazione tra Stato ed individuo, e non sorprende che Miliband, uno dei suoi principali teorici insieme ad Alan Milburn, riproponga simili suggestioni anche in qualità di capo della diplomazia. Si tratta infatti di principi universali, che dovrebbero regolare non solo la vita interna di uno Stato ma anche la sua postura internazionale. Evidente il riferimento al lassismo col quale spesso l'Occidente ha ceduto sui principi e i diritti in nome di malintesi interessi geopolitici e finanziari. Invece, l'internazionalismo liberale che Miliband difende incita alla schietta promozione della democrazia e alla denuncia degli abusi perpetrati in tema di diritti fondamentali.
Nel Rapporto "secoli di common law si combinano con gli accordi internazionali" sottoscritti del Regno Unito, dall'Europa e dagli Stati Uniti e che ricordano alle diplomazie come esistano degli impegni e degli obblighi che devono incidere direttamente sulla condotta della politica estera. "Ad esempio", continua Miliband, "noi abbiamo l'obbligo di applicare il diritto umanitario internazionale nei conflitti armati in cui siamo coinvolti e per questo ribadiamo il nostro rifiuto della tortura... Se non vogliamo danneggiare la nostra credibilità è necessario che traduciamo le solenni dichiarazioni sottoscritte in passato nella concretezza della pratica politica. Per questo ad ogni presunto abuso deve seguire un'indagine approfondita, sia nei nostri confronti che in quelli degli altri soggetti internazionali." Oltre agli obblighi morali, le aspirazioni muovono l'azione del Foreign Office nell'impegno per ridurre la povertà in Africa, nel desiderio di promuovere i diritti delle donne nel mondo arabo e di incoraggiare il governo di un partner chiave come la Cina ad allentare i controlli sulla libertà d'espressione e religiosa. Nel Rapporto vengono citati, tra gli altri, i casi di Zimbabwe, Sudan, Rwanda, Birmania, Tibet e Gaza. Gli esempi potrebbero molitplicarsi, ma, conclude Miliband:"la tragedia che segna la vita di chi è privato dei diritti è sempre la stessa ed è nostro dovere, della politica, agire prontamente per alleviarla."