E' giusto ricordare che il laicissimo Lieberman ha esteso una simile richiesta agli ebrei ultra-ortodossi, tuttora esentati. In effetti, la gran parte degli israeliani mal sopporta il privilegio di cui godono gli ambienti religiosi e tradizionalisti. Anzi, il fatto che essi evitino la leva provoca molto più malumore rispetto alla corrispondente mancanza dei cittadini arabi. E allora, perché non prevedere un servizio civile obbligatorio per coloro che non sono tenuti a svolgere il servizio militare? Una scelta che contribuirebbe a rendere più pluralistica e meno segmentata la società israeliana, lenendo antiche ferite e assopendo recenti rancori.
2) Lo spostamento della linea verde.
Secondo l'ex ministro palestinese Ghassan Khatib, il rischio che il nuovo governo Netanyahu ponga dei notevoli dilemmi agli amici occidentali di Israele è forte. Il riferimento è soprattutto al ruolo di primo piano che si è ritagliato una personalità ingombrante come quella di Lieberman. Il leader emergente della destra israeliana ha già fatto parlar di sé dopo la nomina, proponendo di aggiustare il confine in modo da escludere dal territorio nazionale le aree ad alta densità di popolazione palestinese e reiterando la richiesta di un giuramento di lealtà allo Stato da parte degli arabi-israeliani. La solerzia con cui Lieberman si è lanciato in questa battaglia politica non è casuale. Forse egli ha voluto anticipare gli elementi più dialoganti della sua coalizione di governo per imporre una soluzione drastica e non condivisa dall'arco costituzionale israeliano. La minoranza palestinese ha reagito male, così come la sinistra israeliana, ma l'aspetto forse più rilevante è un altro: affrontando con durezza una questione tanto delicata come è quella degli arabo-israeliani, Lieberman sta tutelando realmente gli interessi alla stabilità di Israele o rischia di aggiungere un elemento di conflittualità alla già complessa condizione esistenziale dello Stato in un ambiente regionale difficile?