Stratfor.com, 21 maggio 2009,Il presidente cinese, Hu Jintao, e il suo omologo brasiliano, Inacio Lula da Silva, hanno stipulato ben 13 accordi di cooperazione strategica nel corso della recente visita di una delegazione brasiliana a Pechino. Tra i punti principali è da segnalare un prestito cinese da 10 milioni di dollari alla compagnia petrolifera statale brasiliana Petrobras, che, da parte sua, fornirà 200.000 barili di greggio al giorno all'Impero di Mezzo per il prossimo decennio. Inoltre, si è discusso della possibilità che gli scambi bilaterali tra i due Paesi possano avvenire mediante le rispettive valute locali piuttosto che in dollari.
La visita e gli accordi economici raggiunti forniscono un'ulteriore prova del progressivo avvicinamento tra Brasilia e Pechino. Contatti che potrebbero portare alla creazione di una vera e propria alleanza in funzione anti-americana. Tra i propugnatori di una simile ipotesi, Hillary Clinton: il segretario di Stato Usa ha già avuto modo di esternare il proprio fastidio per “le intromissioni” cinesi in America Latina.
Ad ogni modo, prima di proclamare la nascita dell'alleanza tra il “Dragone e il Giaguaro” e valutarne le implicazioni (presumibilmente negative) per gli Usa, sarà utile vagliare attentamente quali siano gli impedimenti strategici al consolidarsi della partnership tra i due giganti. Quattro sono i fattori che possono agevolare l'instaurarsi di un solido e duraturo rapporto di alleanza tra due o più Stati: un'eredità politica condivisa, una cooperazione economica intensa, obbiettivi militari condivisi e un nemico o una minaccia in comune.
In termini di eredità politica comune, esiste soltanto un tenue legame tra la Cina e l'espansione imperiale portoghese che, oltre a interessare come noto il Brasile, è giunta a lambire il territorio ora cinese di Macao.
Per quanto riguarda gli obbiettivi militari e le minacce percepite, Pechino e Brasilia sembrano avere ben poco da spartire: la Cina è una potenza territoriale interessata ad espandere la propria proiezione marittima ai danni dei suoi vicini asiatici (Giappone in primis) e degli Stati Uniti; il Brasile ha invece come imperativo immediato il controllo del proprio enorme territorio (dal confine con l'Argentina sino all'Amazzonia), circostanza che rende il governo di Brasilia poco propenso, almeno nel medio periodo, ad impegnarsi sugli oceani per sostenere gli obbiettivi strategici cinesi.
E' innegabile che si stiano sviluppando forti legami commerciali tra i due Paesi, ma è importante sottolineare il ruolo che gioca ancora la geografia. La distanza considerevole che separa il gigante asiatico da quello sudamericano potrebbe fungere da potente disincentivo e frustrare ulteriori sviluppi nella partnership economica. Quello che oggi può apparire come un matrimonio inevitabile tra le risorse brasiliane e le necessità energetiche cinesi rischia così di naufragare. Il Brasile non intende certo accontentarsi dello status di semplice Paese produttore alla stregua delle monarchie mediorientali o della Nigeria, ma vuole utilizzare la ricchezza di risorse del suo territorio per trasformarsi in una delle più importanti economie industrializzate al mondo. Così facendo, entrerà naturalmente in competizione con la Cina. Insomma, oggi le due economie sono complementari, ma tra qualche anno (a meno di un rallentamento o di una involuzione brasiliana) le cose cambieranno radicalmente.
Cina e Brasile sembrano più interessate ad indebolire l'egemonia statunitense che a costruire una vera e propria alleanza anti-americana. A loro volta, gli Stati Uniti hanno la possibilità di incunearsi nell'amicizia tra Brasilia e Pechino giocando su più tavoli, facendo concessioni ad entrambe od indebolendo la loro posizione strategica. A ben vedere, a Pechino non conviene irritare Washington con manovre di disturbo nel continente americano, poiché gli Usa hanno la capacità militare e diplomatica di intromettersi fastidiosamente negli affari asiatici della Cina. Un esempio? L'annosa questione di Taiwan. E che dire del Brasile? Quali conseguenze potrebbe avere una postura filo-cinese nelle relazioni con Washington? L'inimicizia degli alleati latino-americani degli Usa e la frustrazione del progetto di Lula (ad oggi realizzabile) di fare del Brasile la potenza egemone in Sudamerica. In conclusione, se Brasilia si alleasse con la Cina finirebbe per crearsi una serie di minacce sotto casa. Minacce che attualmente non esistono. Un esito paradossale se si considera che le alleanze per solito si stringono per accrescere e non per diminuire la propria sicurezza.