Ibrahim Al-Buleihi, Memri, 29 aprile 2009,Con una schiettezza ed un coraggio inusitati per un intellettuale musulmano, il riformista saudita Ibrahim Al-Buleihi esprime la sua ammirazione per la civiltà occidentale. Egli invita il mondo arabo ad uno sforzo per comprendere appieno il portato dell'Occidente allo sviluppo dell'umanità e viceversa ad ammettere le lacune e le mancanze dell'Islam, quantomeno delle sue applicazioni concrete alla realtà politica e sociale. Un sano processo di auto-critica dal quale dipende, sostiene Al-Buleihi, ogni prospettiva di cambiamento positivo all'interno dell'Islam stesso.
Intervistato dal quotidiano saudita Okaz, l'intellettuale, membro della Shura saudita (un embrione di assemblea parlamentare), ribadisce le sue posizioni, nonostante il tono scettico dell'intervistatore. Un atteggiamento quest'ultimo che riflette la percezione dominante dell'intellighenzia saudita che, nonostante l'amicizia tra la più grande monarchia del Golfo e gli Stati Uniti, difende con forza l'identità culturale nazionale. Un'identità ancorata all'Islam sunnita più intransigente, il cui insegnamento distorto ha condotto ad un esito paradossale. Tra gli anni settanta e novanta proprio in Arabia Saudita si sono infatti costituite schiere di estremisti pronte a dichiarare guerra all'Occidente rappresentato dagli Usa, alleato irrinunciabile per il governo di Ryadh.
Le autorità saudite hanno lottato per anni per arginare l'influenza interna dei circoli anti-occidentali, sino allo scontro frontale successivo all'11 settembre, quando il nuovo sovrano Abdullah ha utilizzato il pugno di ferro contro la dissidenza interna, ormai convertitasi apertamente al jihadismo. Non dimentichiamo che 15 dei 19 attentatori che colpirono le Twin Towers e il Pentagono provenivano proprio dal regno saudita. Dopo quegli avvenimenti, come detto, Ryadh ha compiuto la scelta di combattere, dopo anni di attese e di concessioni, l'ala dura dell'islamismo militante nazionale, ormai pericoloso non solo per il mondo occidentale ma anche per la stabilità della monarchia fondata da Ibn Saud nel 1932.
L'efficienza delle forze di sicurezza saudite ha consentito di allontanare la minaccia jihadista e di riconfermare l'affidabilità della monarchia agli occhi degli alleati statunitensi ed europei. Tuttavia, l'establishment culturale del Paese arabo ha continuato in questi ultimi anni a dimostrare una certa insofferenza rispetto alle politiche statunitensi in Medio Oriente e alla diffusione della regione dei costumi occidentali, considerati immorali e incompatibili con la cultura islamica. In questo contesto, appare veramente eccentrica, ed interessante, la presa di posizione di Al-Buleihi, che opera una netta rottura sia rispetto al rigido conservatorismo dei chierici e degli accademici sauditi sia rispetto al gradualismo del suo governo. In effetti, egli appartiene all'ala riformista, tuttora minoritaria nel panorama culturale dell'Arabia Saudita.
Al Memri (The Middle East Media Research Institute), un centro studi internazionale che monitora i contributi più interessanti prodotti dalla stampa mediorientale, non sono sfuggite le originali considerazioni emerse dall'intervista rilasciata tempo fa da Al-Buleihi ad Okaz. “La mia alta considerazione della cultura occidentale”, esordisce Al-Buleihi, “è legata all'evidenza dei fatti e all'importanza dei risultati raggiunti da quella cultura. Se non fosse per le scoperte occidentali le nostre possibilità di vita sarebbero molto più limitate. L'Occidente eccelle nelle scienze e nella tecnologia ed ha consentito al genero umano di trarre benefici dalle sue straordinarie scoperte. Ha introdotto innovazioni ovunque, dall'organizzazione produttiva alla politica, dall'etica all'economia, sino ai diritti umani. E' una civiltà che merita rispetto ed ammirazione e quei Paesi che negano una simile realtà vivono, non a caso, in condizioni di arretratezza ed imbarbarimento.”
“La civilizzazione dell'Occidente è stata l'unica in grado di liberare l'uomo dalle sue illusioni e dalle sue catene, riconoscendo il valore dell'individuo, consentendogli di sviluppare liberamente le proprie capacità e di afferrare le opportunità a sua disposizione per migliorarsi e per realizzare le proprie aspirazioni. L'umanità ha vissuto per migliaia di anni ossificata sulle stesse idee e versando in condizioni materiali precarie, senza trovare la spinta necessaria per evolversi. Una stagnazione che probabilmente sarebbe durata in eterno senza la rivoluzione filosofica della Grecia classica, il fondamento culturale della civilizzazione occidentale. Da allora, lo sviluppo non si è più interrotto, salvo una pausa nel corso del Medio Evo. Un processo che ha consentito, all'Europa prima e agli Stati Uniti poi, di indicare al mondo la strada del progresso e dell'emancipazione dal bisogno.”
Si chiede infine Al-Buleihi: “E noi, musulmani, cosa abbiamo contrapposto a tutto ciò? Troppo spesso un cieco rifiuto, motivato dalla sottolineatura dei tanti errori e misfatti compiuti dal mondo occidentale nei secoli. Certo, non voglio presentare la modernizzazione occidentale come un processo perfetto e compiuto. Tutt'altro. Intendo soltanto ribadire che si tratta della più riuscita impresa culturale sin qui messa in pratica e che i popoli musulmani dovrebbero guardare ad essa con benevolenza, prendendola come modello per superare la crisi plurisecolare nella quale l'Islam tuttora si dibatte.”