Alesina osserva che servono interventi con effetti immediati e gli investimenti in tecnologie verdi non rispondono a questo requisito. E' inoltre dubbio che gli attuali pacchetti tinti di verde siano sufficienti a spingere le economie fuori dalla recessione. Quanto poi ai posti di lavoro che la green economy sarebbe in grado di creare nessuno ha dimostrato che sarebbero di più di quelli creati con investimenti “tradizionali”. L'estensore dell'articolo conclude con due esempi: 1) sarebbe suicida chiedere alla Cina di limitare la propria crescita perché troppo inquinante; che continui a consumare, si potrà dedicare all'ambiente dopo; 2) perché mascherare la volontà politica di aiutare l'industria dell'auto con finalità ambientali? i progetti per nuove auto elettriche o ibride non sono certo stati messi a punto oggi.
Qui si inseriscono le affermazioni di Alesina circa l'opportunità o necessità di rimandare al futuro – prossimo o lontano – l'attacco al problema energetico-climatico. Da scienziato qual è Alesina sa benissimo che il fenomeno dei cambiamenti climatici, dal Rapporto Stern all'ultimo rapporto dell'IPCC e oltre, è diventato sempre più preoccupante per i rischi e le conseguenze che comporta. Questo non era vero in passato, né nelle precedenti fasi recessive né tantomeno ai tempi della Grande Depressione. Da political economist qual è Alesina sa bene che, comportando i cambiamenti climatici benefici soprattutto per le generazioni future e costi soprattutto a carico delle generazioni attuali, il rischio di spostare continuamente in avanti provvedimenti e misure incisive a fronte di un ciclo politico-elettorale breve o brevissimo, è elevatissimo. E l'esperienza del recente passato, particolarmente quelle statunitense e italiana, confermano esattamente questo fatto.