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E' possibile costruire una linea comune progressista tra liberali e socialisti? Una questione cruciale per i destini della sinistra in Europa, in un momento di grave difficoltà politica ed ideologica, appena alleggerita dalla riconferma del premier norvegese Jens Stoltenberg, di quello portoghese José Soares e dell'affermazione in Grecia dei socialisti di George Papandreu. Del resto, la sconfitta drammatica dell'Spd nelle recenti elezioni in Germania e il grave ritardo del Labour nei sondaggi in Gran Bretagna lasciano presagire un futuro ancora più fosco per  i tradizionali portabandiera del riformismo europeo.
Alla prima schiera appartiene sicuramente Neal Lawson, presidente di Compass, che a Brighton ha voluto ribadire le sue convinzioni presentando un'iniziativa nata in seno alla galassia Lib-Dem, il Social Liberal Forum. Costituito appunto da membri di quello che viene comunemente considerato il terzo partito britannico (anche se i recenti sondaggi lo danno alla pari del Labour poco sopra il 20% dei consensi), il gruppo riafferma con orgoglio il ruolo svolto dal liberalismo nell'edificazione del moderno welfare state all'inizio del novecento e rivendica l'eredità di personaggi come William Beveridge, economista liberale che ispirò le riforme sociali del governo laburista immediatamente dopo la Seconda guerra mondiale. Gli esponenti del Forum evidenziano come negli ultimi anni il Social-liberalismo si sia affermato come il filone più vitale all'interno del Partito Liberal-Democratico guidato da Nick Clegg. Essi auspicano perciò che il loro partito “sviluppi un nuovo approccio per affrontare le pressanti sfide del ventunesimo secolo, quali la crescente disuguaglianza, la declinante mobilità sociale, il caos finanziario globale e i danni prodotti dal cambiamento climatico. Il Social-liberalismo fornisce risposte che appaiono migliori di quelle suggerite dal liberismo economico puro”.
Tuttavia, ammonisce Lawson, prima di discutere di apparentamenti elettorali è necessario aprire un dibattito sostanziale che coinvolga la base, gli attivisti e gli intellettuali per ricercare i punti di contatto, che esistono. L'enfasi liberale sull'autonomia individuale ben si coniuga con il corso d'azione seguito dai governi del New Labour: negli ultimi dodici anni si è infatti perseguito l'obbiettivo di consentire ai cittadini un sempre maggiore controllo sulle proprie vite e di ampliare la gamma delle scelte a disposizione, in termini di opportunità lavorative e di accesso ai servizi pubblici essenziali. E' solo un esempio, ma fa luce sul fatto che una genuina e rinnovata agenda Lib-Lab possa davvero costituire l'alternativa al conservatorismo in un mondo contemporaneo che molti si ostinano a considerare semplicisticamente post-ideologico. L'idea di società è la stessa, così come l'ispirazione culturale di fondo, che mira a coniugare tutela sociale e merito, crescita economica e sostenibilità ambientale, presenza dello Stato e libertà individuali e civili del cittadino. La nuova frontiera laburista dovrebbe dunque essere il Socialismo liberale.
Non concorda affatto un'altra voce autorevole del Labour che abbiamo ascoltato a Brighton. Lord Neil Kinnock è stato leader del partito dal 1983 al 1992 e vice presidente della Commissione europea. Dopo aver guidato per un decennio l'opposizione ai governi conservatori di Margaret Thatcher, egli rimane una personalità di primissimo piano della sinistra britannica. Tuttavia, diversi osservatori considerano Kinnock come l'ultimo leader del “vecchio Labour”, poi trasformato in senso moderato da John Smith e soprattutto da Tony Blar. Di conseguenze non abbiamo potuto esimerci dal domandare:

Lord Kinnock, onestamente, qual è la sua opinione a proposito della storica svolta impressa da Tony Blair al Labour Party?

Non ritengo sia possibile. Sicuramente nel breve periodo. Troppe le differenze programmatiche tra i due partiti, e su temi fondamentali, per la costruzione di un'agenda politica comune: parlo di regime fiscale, di giustizia sociale, di progetti per l'istruzione, di programmi infrastrutturali ed edilizi, delle grandi scelte in politica internazionale. Il nucleo del pensiero liberal-democratico e ben lontano da quello che ritengo essere i tratti caratteristici della filosofia laburista. Certo, non nego la possibilità di un apparentamento, magari non imminente, in funzione anti-conservatrice. Oppure, meglio ancora, sostengo la possibilità di aprire un confronto e di smussare gli spigoli tra noi e le altre forze progressiste, tra le quali sono da annoverare i Lib-Dem.
No, i Tories perderanno anche questa volta. I sondaggi li danno in grande vantaggio, ma alla fine i britannici vedranno la realtà delle cose. Anche se la situazione appare in miglioramento rispetto a sei mesi fa, questo rimane un momento molto duro, l'economia nazionale e globale sono sotto stress. David Cameron ha dimostrato grande abilità nel muoversi dal punto di vista mediatico, ma ha completamente sbagliato la lettura della crisi economica. Se egli fosse stato primo ministro nei mesi scorsi, ne avremmo pagato tutti le conseguenze. L'accento posto dal leader conservatore sulle politiche liberiste e la sua enfasi sulla capacità del mercato di auto-regolarsi sono stati seccamente smentiti dagli eventi.

(continua) 

 

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