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Haaretz, 1 febbraio 2010,

Il primo ministro italiano, Silvio Berlusconi, continua a dimostrarsi il leader europeo più vicino allo Stato di Israele. Ha sempre sostenuto il paese, mantenendo toni amichevoli anche quando i suoi colleghi dell'Unione europea avanzavano forti perplessità verso alcune scelte dei governi israeliani. In occasione della visita del premier italiano in Israele, gli editorialisti di Haaretz riconoscono il rapporto particolare che unisce attualmente i due paesi ed evidenziano l'importanza delle parole pronunciate da Berlusconi nell'intervista concessa allo stesso quotidiano israeliano alla vigilia degli incontri ufficiali. La cordialità e la sintonia che hanno caratterizzato i successivi colloqui con il premier Benjamin Netanyahu hanno confermato la comunanza tra Roma e Gerusalemme in questa fase storica. Constatazioni che inducono l'autorevole quotidiano israeliano a rivolgere un pressante invito ai vertici dell'esecutivo nazionale: "Ascoltate le parole degli amici".

Nella citata intervista concessa da Berlusconi ad Haartez, il premier italiano infatti, oltre a confermare l'appoggio del suo governo allo Stato ebraico, non ha risparmiato critiche alla politica degli insediamenti portata avanti in Cisgiordania. Queste le sue parole: "Sarà impossibile convincere i palestinesi delle buone intenzioni di Israele se si continuerà a costruire in territori che potrebbero invece essere oggetto di negoziato per raggiungere un accordo di pace." Parole pronunciate dal capo di un governo che ha sempre preso le parti dei governi Olmert e Netanyahu e condannato strenuamente le posizioni più radicali assunte da Hamas, invitando l'organizzazione islamista palestinese a riconoscere il diritto a esistere dello Stato ebraico. Nel corso della visita, pur di stemperare ogni motivo di inquietudine di Netanyahu, Berlusconi ha inoltre utilizzato toni molto duri nei confronti dell'Iran, nonostante Teheran sia da tempo un rilevante partner commerciale dell'Italia. Insomma, chiosa l'editorialista di Haaretz, non sembra sia possibile liquidare le parole del premier italiano come l'ennesima espressione di quella "ostilità europea verso Israele" spesso denunciata dai portavoce dei governi israeliani.

Con lo stesso spirito Berlusconi ha auspicato la pace tra Israele e Siria come presupposto per una complessiva stabilizzazione del Medio Oriente. Le condizione per un accordo con Damasco sono note: la restituzione ai siriani delle Alture del Golan in cambio della cessazione del sostegno offerto da Damasco alle organizzazioni ostili ad Israele. Sul versante libanese, il premier italiano ha ricordato l'impegno dell'Italia nella missione Unifil. Infine, si è rivolto alla controparte, ribadendo il suo sostegno all'unità palestinese, auspicando il rilancio economico della regione e invitando il mondo arabo a comprendere l'apprensione degli israeliani rispetto alla minacce che percepiscono provenire da territori dai quali già si sono ritirati. Il riferimento è ovviamente a Gaza, dominata da Hamas dopo il colpo militare del 2007.

Aldilà delle dichiarazioni di prammatica, la sostanza delle parole dell'ospite italiano dovrebbero invitare alla riflessione la leadership israeliana. Il processo di pace vive innegabilmente una fase di stallo. Troppe volte a improvvise accelerazioni in direzione di una svolta hanno fatto seguito lunghi periodi di stasi, segnati dal peggioramento delle precarie condizioni di vita delle popolazione palestinese e dal persistere del sentimento di insicurezza vissuto comunque da Israele. Nel frattempo, il consenso di cui gode Hamas non pare subire significative flessioni, a tutto svantaggio della solidità dell'Autorità nazionale palestinese e dei settori dialoganti di Fatah.

Servono leadership, determinazione e coraggio per uscire dalle sabbie mobili dello status quo. Netanyahu ha saputo costruirsi in questi mesi una discreta base di consenso e dovrebbe utilizzare questo credito per passare all'azione. E' tempo di abbandonare la defatigante politica degli insediamenti, utile soprattutto ad assicurare al governo il sostegno degli ambienti di destra, e di venire invece in contro al desiderio condiviso dalla maggioranza dell'opinione pubblica nazionale: la risoluzione di un conflitto annoso e lacerante. In quest'ottica,  la pace con la Siria e il blocco degli insediamenti dei coloni israeliani sono due passi irrinunciabili. Anche il migliore amico di Israele in Europa ne è convinto. (F.L.)

 

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