Compass, Aprile 2010,
Neal Lawson, direttore del think tank laburista Compass, è da sempre un attento osservatore della politica liberaldemocratica e si dice convinto della necessità di una svolta del suo partito dopo tredici anni di governo. In autunno alla Conference laburista di Brighton, Compass ha organizzato un dibattito per ribadire la desiderabilità di una convergenza Lib-Lab. Appare quindi naturale che a pochi giorni da una decisiva e incerta tornata elettorale il direttore ragioni sui vantaggi di una convergenza con il partito di Nick Clegg. Innanzitutto, Lawson invita sia i dirigenti che la base del Labour a soffermarsi su una mera considerazione tattica: l'obiettivo per il 6 maggio dovrebbe essere duplice e prevedere, da un lato, la massimizzazione del voto laburista e, dall'altro, la minimizzazione delle chance conservatrici di formare una maggioranza di governo. Ciò considerato, sia l'analisi che le conclusioni risultano evidenti.
E' tempo che il Labour comprenda che il panorama politico britannico è definitivamente cambiato, dal bipartitismo al tripartitismo. Un nuovo ambiente al quale farà bene ad adattarsi rapidamente, pena la marginalità politica. E' positivo che diversi leader progressisti (Gordon Brown compreso) abbiano recentemente mostrato apertura e disponibilità in tal senso. Sia il ministro degli Interni, Alan Johnson, che il collega alle Attività Produttive, Peter Mandelson, riconoscono ormai la possibilità di un futuro governo di coalizione che, per una questione di affinità politico-culturali, non potrebbe che coinvolgere laburisti e liberaldemocratici. D'altronde, i consensi elettorali dei due partiti che rappresentano il progressismo britannico (i Lib-Dem nascono dalla fusione di liberali e dissidenti laburisti) non sono mai scesi sotto il cinquanta per cento dal 1945 in poi ed è evidente dai dati come il trend storico sia destinato a confermarsi il 6 maggio. Eppure, in passato, la natura maggioritaria del sistema elettorale britannico e la pervicace avversione alla politica delle alleanze tra simili hanno permesso alla minoranza conservatrice di mantenere a lungo il bastone del comando.
Oggi, dopo quasi tre lustri a Downing Street, spetta ai laburisti riflettere sul nuovo scenario e adoperarsi per immaginare e costruire un diverso equilibrio di poteri, in grado di garantire la continuità della loro lunga e positiva azione di governo. Lawson si riferiisce chiaramente a un'alleanza con i Lib-Dem, a partire da una convergenza elettorale nei cosiddetti seggi marginali che decideranno l'esito del voto.
I Tory ambiscono alla maggioranza assoluta alla Camera dei Comuni e per conseguirla dovranno mantenere i seggi conquistati nel 2005 e accaparrarsene altri 116. La stragrande maggioranza di tali collegi contesi sono detenuti dai laburisti (89) e dai liberaldemocratici (24). E' chiaro che, se i laburisti si impegnassero a votare (almeno in parte) il candidato Lib-Dem nei collegi attualmente detenuti dal partito di Clegg e i liberaldemocratici restituissero la "cortesia", le possibilità di costituire un governo monocolore Tory risulterebbero pressoché nulle. Altrimenti, si correrebbe il rischio di favorire la nascita di un esecutivo rappresentativo di una minoranza, per quanto solida e coesa. Le leadership e gli elettorati liberali e progressisti, conclude Lawson, sono pertanto chiamati a una prova di maturità politica in grado di garantire alla Gran Bretagna una guida che sia in linea con le convinzioni della maggioranza e di accelerare la transizione del sistema politico nazionale verso forme di rappresentanza più articolate rispetto alla tradizionale dicotomia Labour/Tory.
Da parte laburista sembra emergere una disponibilità al dialogo, mentre Clegg rimane cauto, mantenendo una posizione equidistante tra i due fuochi. Tuttavia, insistere nella terzietà potrebbe alla lunga rivelarsi controproducente, mentre un eventuale avvicinamento a David Cameron finirebbe per alienare al giovane leader Lib-Dem le simpatie di molti di coloro che oggi lo sostengono. Clegg è infatti alla testa di un partito che mantiene una filosofia politica intimamente ostile a quella conservatrice e che si iscrive a pieno titolo nell'area riformatrice. Gli elettori Lib-Dem non capirebbero e non perdonerebbero il sostegno a un governo Tory. L'alleanza Lib-Lab sembra invece la risposta adeguata a fronteggiare le domande che provengono da una società sempre più complessa e pluralista. Una convergenza tattica nelle urne rappresenterebbe il primo mattone di questa ambiziosa costruzione. (A cura di Fabio Lucchini)