Le dimissioni di Gordon Brown consegnano alla storia i tredici anni di governo laburista e aprono la strada a un nuovo esecutivo di coalizione tra conservatori e liberaldemocratici. Il governo sarà guidato da David Cameron e potrà contare su una solida maggioranza alla Camera dei Comuni, almeno 362 parlamentari su 650. E' la prima coalizione organica di governo dai tempi della seconda guerra mondiale. Il leader Lib-Dem, Nick Clegg, constatata l'ostilità di entrambi i partiti maggiori a fare concessioni troppo ampie in tema di riforma elettorale, ha preferito dar vita a un'alleanza con i Tory. Inutile si è rivelata l'offerta di dimissioni avanzata negli scorsi giorni da Gordon Brown per favorire un accordo Lib-Lab sotto la guida di un nuovo leader laburista, inutili gli approcci tra i due partiti nelle ore prima della nomina di Cameron da parte della regina. "Prima che io parli del nuovo governo, consentitemi di dire qualcosa a proposito dell'esecutivo uscente. Rispetto a dieci anni fa, questo paese è più aperto al suo interno e più compassionevole all'estero, e noi dovremmo essere grati di tutto ciò." Il riconoscimento di Cameron al momento di assumere la carica di premier offre uno spaccato significativo dei tredici anni di governo del New Labour. In effetti, Cameron deve molto del suo successo all'abilità nel presentarsi come uomo capace di andare al di là delle divisioni partitiche, la stessa promessa che Tony Blair è riuscito complessivamente a mantenere dal 1997 al 2007. Ora, il leader Tory dovrà dimostrarsi in grado di svecchiare l'ideologia conservatrice del suo partito e di superarne le rigidità, in modo da governare al meglio le complessità di un paese di sessanta milioni di abitanti che conserva un peso rilevante negli affari internazionali. Lo dovrà fare a maggior ragione nel quadro di un governo di coalizione, con tutte le problematicità che esso comporta.
E' presto per indagare a fondo le ragioni del mancato sodalizio Lib-Lab, che molti nel campo progressista auspicavano. Per ora le recriminazioni reciproche appaiono piuttosto generiche. Una fonte anonima Lib-Dem, ripresa da The Independent, denuncia l'indisponibilità laburista a trattare su questioni cardine quali la previsione di nuovi e più equi fondi per la scolarizzazione dei bambini disagiati e l'esenzione fiscale per i percettori di redditi bassi. "E' chiaro che molti nel Labour devono aver considerato più attraente la prospettiva dell'opposizione" ha aggiunto. Da parte laburista si insiste sulla determinazione di Clegg a concludere ad ogni costo un accordo con Cameron, sottolineando come la breve virata pro-Labour dei giorni scorsi avesse natura meramente tattica. Ed Balls, ministro dell'Istruzione uscente e membro del team negoziale, nota come l'insistenza della controparte sulla necessità di tagliare la spesa pubblica abbia fatto naufragare ogni ipotesi di convergenza. Peter Mandelson, che ha guidato la campagna elettorale laburista, insiste sul fatto che il suo partito fosse disponibile all'accordo ma che i Lib-Dem abbiano opposto ostacoli alla trattativa tali da esplicitare la loro natura "istintivamente conservatrice".
Eppure, come sottolineano Neal Lawson, direttore del think tank laburista Compass, e Richard Grayson, vice-presidente del Comitato Politico Federale dei Lib-Dem, le affinità la tra laburisti e liberaldemocratici rimangono evidenti. Le grandi affermazioni elettorali del New Labour degli ultimi anni non sarebbero spiegabili senza il supporto di molti elettori Lib-Dem nei collegi contesi tra laburisti e conservatori. Per questi elettori l'alleanza con i Tory potrebbe rappresentare un tradimento politico e culturale. E che dire di tutti quei parlamentari che considerano i conservatori come i loro naturali nemici politici?
Confidandosi al Daily Telegraph, un esponente liberaldemocratico impegnato nei negoziati ha dovuto ammettere: "Sarà molto difficile per molti membri del partito. Diranno "sì" con la testa, ma "no" con il cuore". Un sondaggio mostra come il 40% dei membri del Partito liberaldemocratico si dichiari politicamente schierato a sinistra e solo il 10% a destra. Tuttavia, molte posizioni preminenti sono occupate da personalità non ostili a un approccio filo-liberista nelle questioni economiche e la loro influenza può spiegare l'inattesa scelta di sostenere Cameron. Se un membro storico del partito come Lord Ashdown, dopo aver tentato di dissuadere l'attuale leadership dall'accordarsi con i Tory, continua ad attaccare il novello alleato di governo, l'impressione è che attualmente Clegg possa comunque avere la forza per imporre la sua decisione. La prima prova il neo vice-premier l'affronterà nei giorni a venire, quando l'accordo dovrà essere approvato sia dall'Esecutivo Federale Lib-Dem sia da una Conference straordinaria del partito che si terrà nel weekend. Sulla soglia di Downing Street, riuscirà il giovane leader a mantenere coeso il partito nel momento più promettente, ma anche più rischioso, della sua storia? (Fabio Lucchini)