La scorsa settimana l'amministrazione Obama è venuta a sapere che la Nato ha permesso che almeno un leader Taliban si recasse a Kabul per avere dei colloqui col governo afghano. L'esperto delle questioni di Difesa del Council on Foreign Relations (Cfr), Max Boot, ritiene che senza una accresciuta pressione militare sui Taliban ogni possibilità di negoziato sia destinata a rimanere poco plausibile. Boot sostiene che l'intenzione dichiarata dal presidente Obama di iniziare il ritiro delle truppe dal Paese nel luglio 2011 renderebbe ingestibile la situazione sul campo. Egli peraltro vuole dare credito all'impegno del presidente Usa in una reale strategia contro-insurrezionale. Obama comprende che il giudizio complessivo sulla sua amministrazione verrà condizionato pesantemente da quanto accadrà in Afghanistan. E, secondo Boot, è naturale attendersi che egli agisca di conseguenza. E' fondamentale comprendere la psicologia delle controparti. Una volta che gli afghani e i loro vicini verranno rassicurati sul fatto che gli Usa non intendano iniziare un ritiro a luglio, essi potranno finalmente convincersi appieno dell'affidabilità americana. Boots aggiunge che l'amministrazione Obama dovrebbe incrementare la sua pressione sul Pakistan per ottenerne un più forte impegno anti-terrorismo e contestualmente riaffermare il proprio sostegno a Islamabad. L'esperto del Council discute le sue opinioni con il collega del Cfr, Bernard Gwertzman, che lo sollecita sulla possibilità che la guerra afghana possa essere risolta mediante il negoziato.
Boot ribadisce come il negoziato sia un passaggio indispensabile per avviare alla conclusione una situazione conflittuale che nella sua fase più recente dura da quasi un decennio, ma che, volendo adottare una prospettiva storica, si trascina praticamente senza soluzione di continuità dal 1979, dai tempi cioè dell'invasione sovietica dell'Afghanistan. Prima di discutere è necessario mettere sotto pressione i Taliban, attaccandoli nelle loro roccaforti, in modo da fiaccare la resistenza fisica e psicologica dei meno motivati a livello ideologico. E' quanto in effetti sta avvenendo, ma siamo solo all'inizio ed è necessario insistere.
L'approccio più deciso delle ultime settimane nei confronti dei Taliban toglie credibilità all'ipotesi che le truppe americane inizino a ritirarsi a partire dall'estate prossima. Le forze che si oppongono al governo di Kabul e che minacciano anche la stabilità del Pakistan non aspettano altro per poter dire alla gente "vedete, non potete contare sugli americani". Per questo credo che a luglio potremo al massimo assistere a un piccolo alleggerimento del contingente americano, nulla più, insiste Boot. Gli annunci non contano molto. L'importante è ciò che avviene sul campo e, se le truppe americane e occidentali proseguiranno nell'atteggiamento aggressivo anche nei mesi a venire, nessuno nella regione potrà nutrire dubbi sulla volontà politica di pacificare Kabul. E' vero, vi sono discussioni all'interno del governo americano sul modo migliore di procedere, ma è altrettanto chiaro che Obama ha investito molto politicamente sulla guerra in Afghanistan e non potrà mai dire, come fatto per l'Iraq, "questa non è la mia guerra".
Questa è anche la sua guerra e anche su questo verrà valutato il suo operato. Egli non deve preoccuparsi dell'atteggiamento freddo dell'opinione pubblica Usa nei confronti della guerra. Gli americani hanno dubbi quando una guerra sembra mal condotta e impossibile da vincere. Dopo il surge, persino i giudizi sull'impopolare conflitto iracheno sono andati via via migliorando. Se il governo perseguirà una strategia coerente e indicherà con chiarezza al pubblico gli obiettivi di fondo che stanno alla base della missione afghana, gli americani ribadiranno il sostegno sul quale Bush poté contare quando nel 2001 individuò in Afghanistan il santuario del terrorismo internazionale di matrice islamica.
Oltre a mettere in campo un'efficace strategia militare, imperniata sull'anti-terrorismo e le tattiche contro-insurrezionali, è importante migliorare le performance anche sul piano comunicativo, non solo verso l'opinione pubblica americana e afghana ma anche nei confronti dei governi di Kabul e soprattutto Islamabad. La doppiezza e l'opacità pakistana nei confronti dei Taliban è dovuta anche al fatto che essi in fondo temono di essere abbandonati dagli americani. Motivo in più, conclude lo studioso di Cfr, per essere cristallini. Obama deve ribadire che l'America ha un interesse di lungo termine alla stabilità dell'Asia Centrale e che gli Stati Uniti non intendono disimpegnarsi troppo precocemente a danno dei propri alleati nella regione.