Carlo Lacaita, ottobre 2010,
Porto i saluti dell’Istituto varesino che è intitolato a Luigi Ambrosoli, uno storico di primo piano a cui bisognerebbe cercare di ritornare. Nel portare questo saluto desidero innanzitutto esprimere un vivo apprezzamento per ciò che è stato fatto dal Comitato colorniano dal 2009 ad oggi e per la decisione di concludere il ciclo di incontri qui a Varese con questo importante convegno.
Questo è il terzo convegno dopo quelli che si sono tenuti a Roma e a Milano, svoltisi nel maggio e nell’ottobre dello scorso anno. Un convegno che è incentrato su Colorni federalista e che quindi richiama ovviamente i molteplici aspetti della complessa figura di Colorni, intellettuale di formazione europea, filosofo della scienza e metodologo, aperto al positivismo logico, alla filosofia del linguaggio e alla psicanalisi nella ricerca di una razionalità antidogmatica e pluralista e quindi assai presto antifascista deciso. Aderente al Centro Interno Socialista dopo essere stato vicino a Giustizia e Libertà, confinato a Ventotene e partecipe dell’elaborazione del Manifesto federalista europeo. Proiettato proprio per questo verso il futuro come organizzatore del movimento europeista e insieme del movimento resistenziale per la riconquista della libertà fino al sacrificio della vita a soli 35 anni.
Il suo impegno in tutte queste direzioni lo mise al centro di una fitta rete di rapporti culturali e politici di alto valore, sicché occuparsi oggi di lui significa ripercorrere la storia italiana ed europea tra le due guerre, significa indagare i principali problemi di quel tormentato periodo, esaminare le prospettive che furono intraviste elaborate ed avviate con lucidità e vigore.
Chiunque si accosti seriamente a Colorni non può non restare impressionato dalla ricchezza delle sue riflessioni e dal netto rifiuto di ogni totalitarismo. Dall’impegno coerente per una società libera, partecipata e solidale. Dal ricco e fecondo lascito che dalla sua esperienza ci giunge e che spetta a noi tutti a vario titolo recuperare e trasmettere alle giovani generazioni se non vogliamo che si ripetano gli errori del passato.
Ricordiamoci che una società smemorata, come mi sembra stia diventando un po’ la nostra, che non sa più dire da dove viene non riesce neppure a sapere e a dire dove va. Ciò va sottolineato anche con forza di fronte ai continui ostacoli che sono stati creati nei riguardi della più che doverosa rivisitazione collettiva nazionale dei 150 anni dell’Unità italiana, una rivisitazione che il federalista Colorni avrebbe certamente contribuito ad arricchire, sostenitore com’era del legame ideale tra il primo e il secondo Risorgimento.
Lo mise in evidenza nel 1937 quando riferendosi alla Scuola Secondaria sostenne che “spettava ai docenti far balenare agli occhi dei giovani un ideale che non escludesse la coscienza dell’appartenenza a una collettività nazionale, ma le desse una funzione e un significato nell’ambito più vasto della collettività umana”.
E sottolineò il significato del Risorgimento – un periodo storico che sembra non godere di buona fortuna in questi ultimi tempi – nella storia d’Italia. Colorni metteva in rilievo “il valore dell’appartenenza a una collettività che ha le sue caratteristiche particolari per lingua, cultura, storia, tradizioni, problemi politici e sociali e a cui si resta legati dalla volontà di risolvere questi problemi. Sicché, amare davvero la propria Patria significa conoscerne i mali, le contraddizioni, le ingiustizie interne e cercare di modificarla, di migliorarla, combattendo per l’eliminazione dei privilegi e degli sfruttamenti esistenti al suo interno”. Rifarsi al patrimonio di idee che furono di Colorni e della sua generazione significa quindi rifarsi ai valori della Resistenza e dell’Italia Repubblicana, del federalismo europeo e dell’opposizione ai regimi totalitari, che rappresentarono tra le due guerre un’ancora di salvezza, una prospettiva di reale superamento della grave crisi di civiltà in cui l’Europa era precipitata. Con questi sentimenti rivolgo ai relatori e ai convenuti tutti l’augurio di buon lavoro.