E' tempo di disgelo tra Turchia e Israele? E' presto per dirlo, ma non mancano i segnali incoraggianti. Il giornale turco Today's Zaman ne dà testimonianza presentando sotto una luce diversa, rispetto alle analisi di molti osservatori occidentali, la linea politica del governo di Ankara.
La Turchia, sostiene l'editorialista Ergun Babahan, si sta muovendo in competizione con l'Iran e non è certo interessata a una partnership strategica con Teheran, come molti in Israele temono. Il fatto che la Turchia si opponga ad ogni azione aggressiva contro l'Iran, non significa che tra i due paesi esista un accordo. Si tratta semplicemente di una scelta: Ankara vuole estendere la sua influenza nell'area mediorientale tramite un accorto esercizio del soft power, rifiutando categoricamente ogni tentazione militarista.
La sicurezza è un obiettivo prioritario per l'esecutivo guidato da Recep Tayyp Erdogan. Un'eventuale operazione militare contro l'Iran, o anche solo un accentuarsi delle pressioni internazionali su quel paese, sono suscettibili di ingenerare un'instabilità nociva per la Turchia, che spartisce con Teheran una insidiosa area di confine. In sostanza, i turchi temono che dell'indebolimento del potere centrale iraniano possano approfittare le minoranze curde, da sempre considerate una minaccia per la sicurezza e la sovranità della Turchia. Sotto questo profilo, una zona franca curda lungo il confine turco-iraniano inquieterebbe non poco Ankara. Senza dimenticare l'aspetto economico. L'Iran rimane infatti un importantissimo mercato energetico per le esigenze della Turchia. Queste sono considerazioni di realismo politico non indizi di uno spostamento di Ankara nel sistema di alleanze iraniano, puntualizza Babahan nel suo fondo.
Per quanto riguarda Israele, sarebbe pretestuoso accomunare la Turchia alle posizioni espresse da Mahmoud Ahmadinejad nei confronti dello Stato ebraico. La Turchia si limita a contestare (non diversamente da altri alleati di Israele) le modalità con cui Gerusalemme tutela i propri interessi geopolitici, ma ha dimostrato in più occasioni la propria amicizia e riaffermato il diritto di Israele ad esistere. Ciò non significa sposare ogni iniziativa israeliana, soprattutto nei confronti dei palestinesi.
I toni concilianti della stampa turca riflettono il più generale allentamento della tensione tra i due governi. All'inizio della settimana, diplomatici israeliani e turchi si sono incontrati a Ginevra per riannodare e rafforzare le relazioni bilaterali, tradizionalmente forti ma messe in discussione dall'incidente della Flottiglia nello scorso mese di maggio. Indiscrezioni già diffuse a mezzo stampa ventilano la possibilità che il governo israeliano sia disposto a porgere le proprie scuse per quanto avvenuto e persino a versare degli indennizzi alla controparte. Il processo di riavvicinamento, favorito dalla decisione del governo Erdogan di inviare consistenti aiuti in Israele per fronteggiare le conseguenze del devastante incendio del Monte Carmelo, non si preannuncia tuttavia indolore. Il ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman, ha già espresso con grande vivacità la sua opposizione, al punto da prefigurare una crisi dell'esecutivo di coalizione guidato da Benjamin Netanyahu nel caso le concessioni ad Ankara sull' "affaire Flottilla" fossero troppo generose.