Al Arabiya News, marzo 2011,
Le forze di Muhammar Gheddafi si spingono sempre più a est verso Bengasi, la roccaforte dei ribelli, e il regime pregusta la vittoria finale, mentre alle Nazioni Unite le proposte per l'istituzione di una
no-fly zone sui cieli libici incontrano forti resistenze. La comunità internazionale condanna quanto sta avvenendo, ma si dimostra poco propensa all'azione per sostenere una rivolta che pur ha riconosciuto essere ispirata da rivendicazioni democratiche. Una rivolta che sembrava poter avere la stessa fortuna dei sommovimenti tunisini ed egiziani. Ora, molti
osservatori temono che la resilienza di Gheddafi e la repressione del dissenso in Bahrain possano dare inizio a una restaurazione di stampo autoritario nell'intera
regione.
I ministri degli Esteri del G8 avevano concordato nei giorni scorsi sul fatto che il Consiglio di Sicurezza Onu avrebbe dovuto inasprire le pressioni, anche di natura economica, sul Colonnello per indurlo a lasciare. Questo era perlomeno l'intendimento del ministro degli Esteri francese, Alain Juppé. Un deciso tentativo di Francia e Gran Bretagna per imporre una no fly zone in Libia non ha ottenuto il via libera degli altri governi europei del G8. Lo stesso dicasi per Stati Uniti e Russia.
Parigi e Londra stanno proseguendo i loro sforzi al Consiglio di Sicurezza. Secondo fonti diplomatiche, una serrata discussione è prevista per la giornata del 16 marzo, ma nessuna votazione si terrà prima del 17. Se il Libano, agendo in nome della Lega Araba, insiste per una risoluzione che istituisca una no fly zone per impedire gli attacchi ai civili, francesi e britannici si impegnano in questa fase per una pronuncia Onu che rafforzi le sanzioni economiche contro il regime di Gheddafi, prevedendo ulteriori congelamenti di beni e ritiri di passaporti. La Cina e la Russia continuano a opporsi alla no fly zone, gli Stati Uniti conservano una certa cautela e la Germania sembra focalizzarsi sul rafforzamento dell'embargo sulla vendita di armi alla Libia, il ritiro dei passaporti ai dignitari del regime e il congelamento dei beni di individui e società tripoline. Misure simili a quelle già approvate dal Consiglio di Sicurezza lo scorso 26 febbraio.
La situazione peggiora
Gerard Araud, ambasciatore francese all'Onu, morde il freno: "Siamo molto delusi, le cose stanno peggiorando. Gheddafi guadagna terreno e il Consiglio di Sicurezza pare inerte". Nel frattempo, Juppé accusa senza mezze misure la Cina: "Se stiamo perdendo tempo non è solo colpa degli europei. La Cina si rifiuta di appoggiare ogni risoluzione Onu che interferisca negli affari interni di un paese." La Casa Bianca si difende dalle accuse interne di coloro che non condividono la prudenza di Obama: "Non crediamo che la maggioranza degli americani si aspetti che il presidente prenda decisioni unilaterali senza considerare attentamente le conseguenze", ha sostenuto il portavoce Jay Carney annunciando contestualmente un nuovo pacchetto di sanzioni contro il ministro degli Esteri libico e 16 compagnie statali di Tripoli. Dal canto suo, l'ambasciatore tedesco Peter Wittig ha ribadito la posizione d'attesa di Berlino, chiedendo delucidazioni sul ruolo che la Lega Araba intende svolgere nel prosieguo della crisi, soprattutto in caso di intervento internazionale in Libia. Altri membri non permanenti del Consiglio di Sicurezza (Sud Africa e Portogallo in primis) manifestano dubbi e titubanze rispetto alla creazione della no fly zone.
Una questione di giorni
Sul campo la situazione evolve rapidamente. Un ufficiale libico ritiene che il governo di Tripoli possa riprendere il pieno controllo della situazione in tempi rapidi. Il vice ministro degli Esteri, Khaled Kaim, ha confidato all'agenzia Reuters: "Potrebbe essere questione di giorni". In un discorso televisivo lo stesso Gheddafi ha deriso apertamente le potenze occidentali, lanciando una sfida ai governi che appoggiano l'idea di una no fly zone: "Non dovete far altro che venire a prendermi!". E ancora, parlando dal suo quartier generale fortificato di Bab al-Azizia a Tripoli: "La Francia ora alza la testa e minaccia di colpire la Libia. Siamo noi che via abbiamo già colpito nei decenni scorsi, in Vietnam come in Algeria (riferimento al passato coloniale di Parigi, ndt)". Infine, in un comizio serale presso una enorme tenda sempre nella capitale, il Colonnello ha condannato i rivoltosi come "ratti, cani, ipocriti e traditori". Nello stesso momento, a Bengasi migliaia di persone manifestavano contro quello che considerano ormai un tiranno privo di legittimità.
Gli oppositori del regime appaiono peraltro indeboliti dopo la conquista di Ajdabiyha da parte dei governativi. Una vittoria cruciale, che ha aperto agli uomini di Gheddafi la strada per Bengasi e che è stata celebrata dalla retorica della Tv di Stato come l'inizio della fine dei gruppi di "mercenari e terroristi affiliati ad al-Qaeda."
Incerta determinazione
Guardando con fiducia al futuro, il ministro Kaim ha affermato che la Libia di Gheddafi intende onorare i contratti già siglati con i partner occidentali e che la crisi in atto avrà comunque delle conseguenze nei rapporti con alcuni di essi. Intanto la guerra prosegue.
Nelle ore scorse i jet dell'aviazione del Colonnello hanno bombardato le postazioni ribelli a ovest di Ajdabiyha e scatenato l'artiglieria contro la città, proseguendo nella teoria di attacchi che ha costretto i rivali ad arretrare di oltre 150 chilometri in una settimana di controffensiva. A questo punto si presentano due alternative per i governativi; proseguire lungo la strada costiera per Bengasi o affrontare quattrocento chilometri di deserto per arrivare a Tobruk, vicino al confine egiziano. Nel secondo caso, verrebbero tagliate le linee di comunicazione per Bengasi. Tuttavia, non è chiaro se le forze di Gheddafi abbiano le risorse per aprire questo secondo fronte.
A Bengasi regna un'incerta determinazione. Mohamed Yasiri, un disoccupato di 55 anni commenta: "Siamo molto delusi". La Nato aveva indicato tre condizioni per la costituzione di una no fly zone; un supporto a livello regionale, l'evidenza che una tale misura fosse necessaria per evitare atrocità e un risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu. L'assenso della Lega Araba alla no fly zone soddisfa il primo requisito, ma il fatto che le forze di Gheddafi ostacolino l'accesso al Paese impedisce alla Nato di acquisire "prove certe" sulle violazioni umanitarie che il regime di Tripoli sta commettendo. Ceto invece è che un numero crescente di cittadini libici si sta riversando in Egitto per sfuggire all'avanzata del Colonnello. Lo certifica l'agenzia Onu per i rifugiati. (Traduzione a cura di Fabio Lucchini)