In relazione ai riferimenti fatti dal Presidente Napolitiano a suoi precedenti inteventi in materia di giustizia contenuti nel discorso pronunciato nel corso dell'incontro con i giovani Magistrati in tirocinio, diamo di seguito alcune passaggi ripresi dai discorsi tenuti nelle citate sedute del CSM del 2007
Citazioni selezionate dalla Critica Sociale
1- (dall’ Intervento alla seduta del CSM del 23 luglio 2007)
“Desidero nello stesso tempo rinnovare il richiamo alla massima serenità e riservatezza nello svolgimento di tutte le funzioni proprie dell’Autorità giudiziaria; in particolare il richiamo a non inserire in atti processuali valutazioni e riferimenti non pertinenti e chiaramente eccedenti rispetto alle finalità dei provvedimenti. In tal senso già mi espressi nel mio intervento del 6 giugno scorso, e mi duole dovermi ripetere.
Questi sono temi cruciali per la giustizia, sui quali appare opportuna un’ulteriore approfondita e rigorosa riflessione da parte del Consiglio Superiore e di tutti gli operatori.
Anche su altri aspetti è necessario che il Consiglio soffermi la propria attenzione, compreso quello relativo ai limiti entro i quali possono caratterizzarsi le cosiddette “pratiche a tutela”. Non si può dimenticare che l’intervento del Consiglio si giustifica quando è insostituibile per tutelare il prestigio e la credibilità dell’Istituzione giudiziaria nel suo complesso ed è solo mirato a reagire ad attacchi e azioni denigratorie, chiaramente tendenti a mettere in dubbio l’imparzialità dei magistrati oppure a insinuare la loro soggezione a condizionamenti politici o di altra natura”.
2 - (dall’Intervento alla seduta del CSM del 6 giugno 2007)
“Si prospetta come indefettibile l’adozione, da parte del Consiglio, di iniziative volte a stimolare la piena consapevolezza del nesso tra la tutela dell’autonomia e dell’indipendenza della Magistratura, cui l’organo di autogoverno è preposto, e la qualità del servizio che i magistrati – compresi quelli onorari – offrono ai cittadini. Occorre che essi esercitino accortamente la loro funzione, contribuendo a garantire la pienezza dei diritti del cittadino e quindi la credibilità alla giustizia. In quest’ottica è importante che i magistrati si calino nella realtà del Paese, facendosi carico delle ansie quotidiane e delle aspettative della collettività. A tal fine, vanno evitati atteggiamenti che appaiano non tener conto a sufficienza delle esigenze di sicurezza così generalmente avvertite dai cittadini. Nello stesso tempo sappiano i magistrati procedere a valutazioni rigorose degli elementi indiziari nel decidere l’apertura del procedimento e a maggior ragione l’adozione di misure cautelari.
Non posso concludere mostrando di non aver ascoltato il richiamo del Presidente Mancino allo stato critico delle dotazioni degli uffici giudiziari e dunque al problema delle risorse e dei mezzi da destinare alla giustizia. Penso che si potrà trovare tempestivamente un’occasione per sollecitare interventi ai responsabili di governo e per avanzare proposte che appaiono soddisfare queste scottanti esigenze.
Concludo rilevando ancora che il Consiglio deve dedicare vigile attenzione – ne ho già fatto cenno prima - alla formazione, aiutando i singoli giudici – specie i più giovani – a ben comprendere come la loro attività si collochi all’interno di un sistema che esige reciproco rispetto e leale cooperazione tra i poteri dello Stato, tenendo conto della ripartizione delle funzioni tra gli organi preposti alla tutela degli interessi collettivi”.
3 - (dalle Conclusioni della seduta del CSM del 6 giugno 2007)
“In riferimento, soprattutto all’attività di questo primo anno del CSM, voglio raccogliere, e far mia con soddisfazione, la considerazione dell’onorevole Anedda. È stato importante il superamento di logiche di contrapposizione frontale, sia tra poteri dello Stato, tra giustizia e politica in particolare, sia tra componenti del CSM.
Il clima, di cui tutti avete parlato con varietà di accenti ma con sostanziale concordanza nel definirlo assai proficuo e fondato sul reciproco ascolto e sul reciproco rispetto, ci induce a una riflessione sulle diversità. Io credo che le diversità siano non solo legittime, ma anche fruttuose. È diventato, in tanti contesti, abituale ormai il modo di dire che le diversità sono una ricchezza: anche quando si parla di Unione Europea si dice che le diversità sono una ricchezza. E tuttavia, anche in quel campo, le diversità talvolta sono anche un problema. Io penso che non si debbano né sottovalutare, né demonizzare, né dissimulare: sono assai importanti e feconde, le diversità, quando riflettano davvero impostazioni culturali e visioni diversificate, piuttosto che rispecchiare rigidità e vischiosità di altra natura. Non c’è dubbio che a questo presterete, come già avete fatto, la massima attenzione.
Una parola sulla riforma dell’Ordinamento giudiziario, che è la scadenza più scottante. È stato detto, giustamente, che bisogna assolutamente evitare il baratro, il vuoto, la conflittualità che può sorgere da una mancata approvazione della proposta all'esame del Parlamento entro la fine del luglio.
Mi è sembrato anche importante che si sia sottolineato come la auspicabile approvazione di quella proposta, con le modifiche che il Parlamento riterrà opportune - ascoltando anche i vostri rilievi - non costituisca naturalmente la fine delle ansie, ma, in un certo senso, l'inizio di una fase estremamente impegnativa.
Rivolgerò - conto di farlo - un appello al Parlamento: un appello agli opposti schieramenti. Oramai io sono abituato ad insistere in questo tipo di appelli, nonostante tutto, “spes contra spem”. Mi pare che si debba farlo anche per sollecitare la soluzione di un problema fondamentale e scottante come quello dell'ordinamento giudiziario. Certo potremmo fare un discorso anche lungo sulla transizione istituzionale di cui soffriamo le conseguenze: qui se ne è fatto cenno in qualche intervento.
È una transizione che 13 anni fa, a conclusione di un'esperienza istituzionale che mi aveva impegnato in un periodo estremamente tormentato, definii - ma non fu il solo a definirla tale - incompiuta.
Poi, purtroppo, ha preso piede, con qualche fondamento, l'espressione di transizione infinita. Credo che dobbiamo un po' resistere a queste tentazioni di scoramento.
Esse sorgono naturalmente quando ci si trova di fronte a problemi gravi, problemi profondi, che avrebbero richiesto ben altra determinazione nell'affrontarli, e che richiederebbero ben altra continuità nel perseguire soluzioni: anche il continuo franare di un certo approccio legislativo da una legislatura all’altra può essere esiziale. Credo che di fronte a queste ragioni, anche di grave preoccupazione, dobbiamo un po' resistere alla tentazione dello scoramento, perché, in fin dei conti, chiunque operi nella politica e nelle istituzioni non può concedersi il lusso del pessimismo. Dunque, rivolgerò questo appello”.