Foreign Policy, agosto 2011,
La siccità che sta martoriando il Corno d'Africa offre in queste settimane la sua faccia peggiore. L'effetto combinato di povertà, siccità e guerra civile fa sì che più di dieci milioni di persone siano a rischio di malnutrizione e denutrizione. Mentre le Nazioni Unite diffondono dati e previsioni inquietanti, la comunità internazionale, aldilà dell'attuale emergenza, si interroga sugli strumenti di intervento strutturale più idonei a garantire livelli minimi di assistenza alimentare alle popolazioni vulnerabili, un alto funzionario del governo tedesco punta il dito contro la politica africana della Cina.
Guenter Nooke, attivista per i diritti civili, politico di lungo corso della Cdu tedesca e attuale rappresentante personale per l'Africa della Cancelliera, Angela Merkel, propone una tagliente interpretazione sulle gravi conseguenze della peggiore siccità che ha colpito l'Africa Orientale negli ultimi sessant'anni. Parlando con il quotidiano Frankfurter Rundschau ha spiegato: "La catastrofe è stata aggravata da alcune scelte azzardate. Nel caso dell'Etiopia, ad esempio, vi è il sospetto che la ristretta elite locale abbia favorito l'acquisto su larga scala di terreni da parte di imprese straniere e di Stati che, come la Cina, sono intenzionati a sviluppare un sistema di agricoltura industriale a prescindere dalle conseguenze sulle popolazioni. Sarebbe più utile all'insieme della popolazione che i governi dell'area si sforzassero per costruire un efficiente settore agricolo locale." Gli investimenti cinesi, aggressivamente focalizzati sulle coltivazioni destinate all'export, spoglia i piccoli coltivatori delle loro terre, togliendo loro i mezzi di sostentamento. Una circostanza che è inoltre all'origine di grandi e irrisolti conflitti sociali, ricorda Nooke.
Una presa di posizione che ha destato scalpore, che è stata ripresa da diverse testate internazionali e che ha suscitato la piccata reazione del governo cinese.
Edmund Downie (Foreign Policy) cita una dichiarazione scritta del Ministero degli Esteri cinese, che afferma che mai Pechino, peraltro molto attiva in questi giorni nell'assistenza alimentare al Corno d'Africa, ha progettato di acquistare terreni all'estero, tantomeno in Africa, e che le dichiarazioni del rappresentante del governo tedesco potrebbero essere mosse da poco chiare "motivazioni nascoste".
Aldilà delle proteste ufficiali, è un fatto che gli investimenti cinesi in Africa si siano moltiplicati negli ultimi tempi, anche per garantire la sicurezza alimentare nazionale a fronte della continua crescita demografica dell'Impero di Mezzo. Il Guardian stima che il numero di contadini cinesi impiegati in Africa raggiunga ormai il milione di unità, mentre la rivista statunitense Atlantic cita un rapporto del 2009 che evidenzia come Pechino "stia pianificando di prendere in affitto e acquistare terreni all'estero per garantirsi l'auto-sufficienza alimentare".
Scrutinati gli interessi e le esigenze cinesi, è doveroso ricordare che Pechino non è l'unico investitore attivo sul territorio africano. Investitori privati e pubblici legati all'India, agli Stati Uniti e agli Stati petroliferi del Golfo Persico hanno acquisito quote crescenti di territorio africano, al punto di aver preso il controllo, diretto e indiretto, di 15-20 milioni di ettari tra il 2006 e il 2009. Una porzione di territorio assai rilevante, paragonabile per estensione all'intera superficie coltivata di un paese delle dimensioni della Francia. Se Nooke ha diverse buone ragioni per stabilire un nesso tra gli investimenti agricoli stranieri e l'aggravamento del già drammatico problema della denutrizione in Africa, è altrettanto vero che la Cina non può costituire l'unico bersaglio polemico del funzionario tedesco. (A cura di Fabio Lucchini)