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CRISI FINANZIARIA. LE DUE FACCE DELLA MEDAGLIA
Iwan J. Azis e Cyn-Young Park, China Daily, agosto 2011,

Il nervosismo dei mercati asiatici in risposta ai problemi del debito negli Stati Uniti e nell'eurozona evidenziano i crescenti legami della regione con gli eventi finanziari dell'altra parte del mondo. L'accresciuta integrazione porta con sé maggiori rischi di contagio. E' nell'interesse dell'Asia promuovere la stabilità finanziaria globale, dato che il destino della sua economia ne è sempre più dipendente.
L'Asia può ritenersi fortunata per essere uscita piuttosto bene dalla crisi finanziaria del 2008-09. Una delle ragioni della sua parziale immunità dal tracollo globale è stata la limitata esposizione ai mutui subprime e agli altri asset tossici statunitensi. Il sottosviluppato mercato finanziario regionale risultava relativamente "pulito" dai derivati complessi e  dalle securities.
Non ci sono garanzie che ciò si ripeta nel prossimo futuro. Infatti, più il processo di globalizzazione finanziaria si approfondisce, maggiore è la probabilità che i problemi in un paese si diffondano rapidamente all'esterno, infliggendo danni significativi ad altre nazioni e regioni. Chi investe a Helsinki può far soldi a Hong Kong, mentre un default a Madrid può determinare gravi perdite bancarie a Mumbai.
In teoria, la libertà di movimento dei capitali dovrebbe promuovere una migliore e più efficiente allocazione di risorse finanziarie nel mondo, ma la storia testimonia che grandi e volatili flussi di capitale a breve termine complicano la gestione dei sistemi macroeconomici, destabilizzano le strutture finanziarie più deboli e distruggono le prospettive di crescita delle economie emergenti.

I mercati finanziari nell'Asia che cresce - Cina, Hong Kong, Taiwan, India, Indonesia, Corea del Sud, Malesia, Filippine, Singapore, Thailandia e Vietnam -  hanno ricevuto cospicue iniezioni di capitali negli anni scorsi; il che ha consentito l'accelerazione della ripresa economica regionale e determinato un crescente appetito per gli investimenti ad alto rendimento  nell'area.
L'enorme flusso di capitali in entrata deve tuttavia essere ben valutato. I paesi asiatici attraggono una grande quota del totale dei capitali diretti alle economie emergenti nel mondo. Oltre la metà di questi flussi sono rappresentati da investimenti diretti esteri stabili e a lungo termine, diretti soprattutto in Cina. Escludendo Pechino, la regione asiatica attrae solo il 10% degli investimenti diretti esteri destinati alle economie emergenti. Invece, se paragonati ad altre nazioni in via di sviluppo, i paesi emergenti dell'Asia ricevono una sempre più ampia porzione del totale dei flussi di capitale a breve termine, quali presiti bancari e investimenti di portafoglio.
Storicamente, i flussi di capitale a breve termine sono più volatili e molto più soggetti a "improvvisi stop" rispetto a quelli di lungo termine come gli investimenti diretti esteri. Ad esempio, se gli investitori provano nervosismo davanti a una situazione conflittuale in Medio Oriente, ai guai fiscali dell'Europa o all'impasse di Washington sul tetto del debito, gli investimenti di portafoglio diretti alle economie asiatiche finiscono inevitabilmente per diminuire.
Come possono i governi degli emergenti paesi dell'Asia contribuire alla stabilità finanziaria e nel contempo gestire lo sviluppo dei mercati regionali?
L'integrazione finanziaria e il contagio sono due facce della stessa medaglia. E' improbabile che il trend della globalizzazione finanziaria si inverta. Così, una rapida liberalizzazione finanziaria deve essere accompagnata da meccanismi che garantiscano l'effettivo utilizzo dei capitali stranieri. Alcune condizioni rappresentano prerequisiti ineludibili per rendere i flussi di capitali più affidabili sul lungo termine e quindi meno destabilizzanti. Il pensiero va a un equilibrato management macroeconomico, a uno sviluppo armonioso dei mercati reali e finanziari e a istituzioni nazionali e internazionali ispirate ai principi della buona governance.
Innanzitutto, è tempo che la regione asiatica rafforzi le sue politiche macroeconomiche e il suo framework normativo, in modo da attrarre investimenti di lungo termine più sicuri. Nonostante i visibili miglioramenti degli ultimi anni, persiste una notevole vulnerabilità che deve essere affrontata. Le crisi dei bienni 1997-98 e 2008-09 hanno rivelato l'esposizione delle economie regionali ai grandi e pro-ciclici flussi di capitale a breve termine e l'eccessiva volatilità dei tassi di cambio.
In secondo luogo, è necessario rendere più profondi e fluidi i mercati interni dei capitali, con una più ampia base di investitori, più variegati e innovativi prodotti finanziari locali, più credibili framework regolatori e più efficaci istituzioni e infrastrutture. Questo aiuterebbe a sbloccare i capitali per andare incontro all'enorme bisogno di finanziamento richiesto dallo sviluppo infrastrutturale della regione. E' parimenti importante consentire che i mercati reali e finanziari beneficino di ampie e inclusive misure pubbliche per allargare l'accesso ai finanziamenti alle famiglie, ai piccoli e medi imprenditori e ad altri segmenti del mercato tradizionalmente trascurati o poco serviti. Tutte azioni suscettibili di promuovere l'agognato obiettivo della stabilità finanziaria e di ridurre contestualmente la preoccupante tendenza all'aumento delle diseguaglianze.
Ancora, un equo accesso alle informazioni, un'accresciuta trasparenza delle governance aziendale e una rinnovata stabilità politica (unita alla riaffermazione del diritto e del controllo pubblico sulla corruzione) sono elementi critici per attrarre "salutari" e stabili investimenti di capitali a lungo termine.
In altri termini, i paesi emergenti dell'Asia devono iniziare a investire in se stessi. Nonostante i coscienziosi sforzi politici per promuovere lo sviluppo dei mercati regionali e l'integrazione, i diversi mercati dei capitali asiatici sono meglio integrati con quelli delle economie mature piuttosto che con i loro omologhi regionali. L'Asia deve fare un miglior uso del proprio eccesso di risparmio.
Se (noi asiatici, ndt) dobbiamo rassegnarci ad accettare il contagio come un male necessario, non dobbiamo tuttavia esacerbare i suoi effetti negativi affidandoci troppo ai capitali stranieri a breve termine quando l'Asia, nel suo complesso, avrebbe abbastanza risparmi per poter far fronte alle proprie esigenze d'investimento. La recente crisi economica globale e i suoi strascichi in Europa e negli Stati Uniti dovrebbe indurre uno sforzo politico per sviluppare i mercati dei capitali e l'integrazione regionale nell'Asia emergente.
Sostenere mercati liquidi e profondi con forti infrastrutture di mercato è essenziale per garantire che lo sviluppo finanziario e l'integrazione dell'Asia contribuiscano alla stabilità finanziaria, sia a livello regionale che globale.
Se i mercati scelgono di integrarsi non possono evitare il contagio. La sfida per la politica è trarre il massimo beneficio dall'integrazione, minimizzando al contempo i danni collaterali associati a un simile processo.


Iwan J. Azis  è a capo dell'Asian Development Bank's Office of Regional Economic Integration (OREI)

Cyn-Young Park è il principale economista dell'OREI
 

Data:





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