IL SOCIALISMO OGGI
Nel 1974, Tony Crosland, che Kevin Hickson (Fabian Society) definisce il più importante intellettuale laburista del dopoguerra, scrisse la sua opera fondamentale, "Socialism Now". Hickson trae spunto da quel lontano volume per rilanciare la necessità del socialismo nelle attuali condizioni di una democrazia post industriale come la Gran Bretagna. Una affermazione secca, volta a scuotere la leadership laburista ma anche a riaffermare il valore di una tradizione politica che molti esponenti della sinistra occidentale hanno da tempo archiviato, alla ricerca di nuove, quanto indefinite, formule per modificare il progressismo riformista e "adattarlo" alle mutate condizioni del XXI secolo. A parere di Hickson la riaffermazione del socialismo deve poggiare su tre capisaldi: il liberalismo, il centralismo contro il localismo disgregatore e la riscoperta dei valori democratici. Come ha sostenuto in passato Tony Blair, è impossibile governare una società senza avere dei principi guida. Così è stato per gli epici governi liberali (1906-14) e laburisti (1945-51) e per la più recente esperienza rivoluzionario-conservatrice di Margaret Thatcher (1979-1997). Un chiaro senso della missione che manca alle forze socialdemocratiche da troppo tempo, ossia dai quando la vincente narrativa neo-liberista ha costretto i progressisti ad adeguarsi al modello predominante, un modello che ha peraltro mostrato i suoi limiti con lo scoppio della crisi del 2007/08. Hickson dettaglia i contenuti della sua proposta, ricordando ancora Crosland, per il quale il socialismo dovrebbe perseguire uguaglianza, giustizia sociale, diritti e libertà, da raggiungere per mezzo della democrazia e finalizzati all'emancipazione individuale. Altro che estensione senza limiti del potere oppressivo dello Stato! Come realizzare quegli obiettivi? Tra le questioni più dibattute negli ambienti laburisti, vi è oggi il tema della "pre-redistribuzione". Chi la sostiene auspica una riforma strutturale dell'economia per evitare l'insorgere dell'ingiustizia sociale, che deve essere combattuta in quanto ostacolo principale alla libertà individuale di scegliere, agire e fruire delle opportunità esistenziali e professionali. Questa è l'accezione liberale che dovrebbe guidare la ripresa del socialismo dopo i fallimenti del neoliberismo. A ulteriore conferma della natura intimamente liberale del socialismo, occorre riconoscere i limiti della visione neo-liberista della libertà, che considera le persone libere in quanto non soggette a coercizione, mancando tuttavia di offrire una adeguata comprensione del concetto di "libertà", che, secondo i socialisti, non può essere disgiunta dall'eguaglianza delle opportunità. Non si tratta di principi astratti, ma dei fondamenti dell'emancipazione dei cittadini post-moderni che vivono in società afflitte da mali profondi e squilibri economici. Il socialismo e lo Stato Per anni, il localismo è apparso come la panacea ai mali della sclerotizzazione burocratica dello Stato centrale, ma l'enorme dimensione delle problematiche che affliggono le comunità organizzate, dalla crisi finanziaria e bancaria al riscaldamento climatico, denuncia l'inadeguatezza gestionale dei livelli locali di governo. Questo non significa rilanciare il puro centralismo statale, ma auspicare una genuina applicazione del principio di sussidiarietà in ambito nazionale ed europeo. Inoltre, il riconoscimento dell'importanza del ruolo dello Stato non deve ostacolare le necessarie riforme degli ordinamenti interni. La velocità dei cambiamenti in atto sulla scena internazionale inducono molti a pensare che i processi della globalizzazione, non sempre benevoli, rendano insignificante il peso decisionale dei governi nazionali, ma non tutti i governi sono uguali e non tutti si ispirano a medesimi modelli di governance. Tra i socialisti europei vi è (o dovrebbe esserci) accordo sul fallimento sostanziale del neo-liberismo che ha imperversato negli Stati Uniti per gran parte degli ultimi decenni. Se quel modello ha fallito, lo stesso non può tuttavia dirsi per il welfarismo svedese o per il "corporativismo" tedesco, con la loro enfasi sulla programmazione economica e sulla partnership tra imprese e lavoratori. E' chiaro che ogni sistema è tipico di un dato ambiente e non è facilmente adattabile altrove, ma è un fatto che i sistemi scandinavi e tedeschi abbiano retto meglio alla crisi bancaria che ha colpito seriamente un'economia, quella britannica, troppo dipendente dai servizi finanziari. Il socialismo e le urne Il socialismo, nella sua versione non marxista, si è imposto nei sistemi liberaldemocratici del XX secolo convincendo gli elettori della sua natura democratica e della sua capacità di migliorare la qualità della vita economica e sociale di un paese. Ad esempio, il Partito Laburista inglese, dopo essersi affidato al keynesismo a partire dagli anni trenta, è stato più volte premiato dalle urne (nel 1945-50, nel 1964-66 e nel 1974). A partire dagli anni ottanta, i partiti socialdemocratici europei sembrano aver perso fiducia nelle loro convinzioni di fondo, convinti forse che l'affermazione del conservatorismo neo-liberista fosse definitiva. Invece la Storia non è finita, mentre, insieme agli anni novanta, è terminata l'illusione del benessere collettivo in Occidente. Nella incerta situazione in cui viviamo, e con il declino della retorica conservatrice che ha dominato il primo decennio del secolo, il socialismo ha la chance storica di riproporre la sua leadership culturale e di condizionare l'agenda politica. Ma non è affatto scontato che le opinioni pubbliche si spostino verso la sinistra riformista. Nei momenti di difficoltà e timore collettivo, le lusinghe del populismo sono sempre in agguato. Il ritorno al potere delle forze socialdemocratiche in Europa non potrà avvenire per il semplice venir meno di alternative, ma sulla base di programmi politici forti, chiari e fondati su principi riconoscibili. Per quanto concerne la Gran Bretagna, conclude Hickson, la sfida maggiore che il Labour si trova di fronte è la ridefinizione della sua identità, che dovrà includere il richiamo ai principi fondanti del socialismo e un set di proposte specifiche su come risollevare l'economia nazionale in nome della giustizia sociale (e generazionale) e della pari opportunità di partenza. Queste sono le preoccupazioni più diffuse nel corpo sociale ai tempi della crisi e il socialismo non ha bisogno di farle sue, perché già da tempo sono parte integrante del suo bagaglio. (A cura di Fabio Lucchini)
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