La struttura della rete di controllo delle aziende transnazionali incide pesantemente sulla competizione nei mercati globali e sulla stabilità finanziaria. Sinora, sono stati studiati solo piccoli esempi nazionali e non è stata utilizzata una metodologia appropriata per valutare globalmente il controllo esercitato. Stefania Vitali, James B. Glattfelder e Stefano Battiston (Chair of Systems Design, ETH di Zurigo) hanno recentemente proposto la prima ricerca che analizza l’architettura delle reti globali, con una stima delle “quote di controllo” detenute da ogni attore globale. Il quadro appare chiaro: le aziende transazionali formano un sistema interconnesso dove la gran parte del controllo è detenuta da un nucleo ristretto di istituzioni finanziarie. Un nucleo che può essere visto come una “super-entità” economica con cui anche il più influente decisore politico deve confrontarsi.
Il fatto che il controllo sia fortemente concentrato nelle mani di pochi attori non determina se e quanto essi sono interconnessi. Un primo interrogativo riguarda la posizione degli attori più importanti nella struttura di potere, che può essere rappresentata come una struttura nodulare. Come si può sospettare, gli attori più potenti fanno parte del nucleo forte. In effetti, il 40% del controllo economico delle multinazionali a livello globale viene svolto, attraverso una complicata rete di relazioni di proprietà, da un gruppo di 147 imprese. Esse costituiscono la citata super-entità economica. Impressionante il fatto che il 75% di questi attori predominanti sono intermediari finanziari. Per esemplificare, può essere utile citare alcuni nomi di questa ristretta e influente cerchia: tra gli altri, JP Morgan Chase&Co, Merrill Lynch, Axa, Barclays PLC, Goldman Sachs, Deutsche Bank, Credit Suisse, Citigroup, Morgan Stanley, UBS AG.
Questa notevole scoperta solleva almeno due domande che sono fondamentali per la comprensione del funzionamento dell’economia globale. In primo luogo, quali sono le implicazioni per la stabilità finanziaria internazionale? E’ noto che le istituzioni finanziarie stabiliscono contratti particolari, come i derivati ​​di debito o credito, con diverse altre istituzioni. Ciò permette loro di diversificare il rischio, ma, allo stesso tempo, li espone anche a rischi di contagio. Purtroppo, le informazioni relative a tali contratti non sono di solito rese note per ragioni strategiche. In diversi paesi, l'esistenza di tali legami finanziari è correlata all'esistenza di relazioni di proprietà complesse. Ciò fa sì che la rete finanziaria globale sia anche molto intricata e quando una rete finanziaria è densamente connessa risulta incline al rischio sistemico. Infatti, se nei momenti di espansione economica la rete è apparentemente robusta, nei momenti negativi le aziende e le istituzioni interconnesse vanno in difficoltà simultaneamente. Come è appunto accaduto durante la recente crisi finanziaria.
In secondo luogo, quali sono le implicazioni per la concorrenza del mercato? Dal momento che molte imprese transnazionali nel citato nucleo forte hanno ambiti di sovrapposizione di attività, il fatto che esse siano collegate da relazioni di proprietà potrebbe facilitare la formazione di blocchi, il che potrebbe a sua volta ostacolare la concorrenza di mercato. Sorprendentemente, l'esistenza di tale nucleo forte nel mercato globale non è mai stata documentata e dunque nessuno studio scientifico ha dimostrato (o escluso) che la super-entità agisca o meno come un blocco. Basta pensare al ruolo che strutture di interessi a livello nazionale giocano per influire su settori quali l’aeronautico, l’automobilistico, il metallurgico e il finanziario, per capire come le multinazionali più importanti possano incidere in maniera ben più profonda.
I risultati della ricerca svizzera mostrano che, globalmente, gli attori principali sono in grado di esercitare un notevole controllo, sia formalmente (ad esempio, detenendo pacchetti azionari consistenti o partecipando ai consigli di amministrazione) sia mediante negoziati informali. Aldilà della rilevanza dei dati proposti nello studio in questione e della loro utilità per economisti e policy maker, la rappresentazione di una struttura nodulare con un piccolo ma influente nucleo costituisce un interessante modello per studiare le reti complesse. Soprattutto, gli autori notano che una simile struttura favorirà sempre più il rafforzamento degli attori più ricchi e potenti, in un circolo vizioso che impedirà ad altri interessi legittimi, e più diffusi, di emergere.
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