Simona Bonfante Lo scorso aprile, il governo Prodi festeggiava la soluzione finale della crisi energetica per il nostro paese. Con l'accordo siglato dal gruppo Enel-Eni con il monopolista russo dell'energia - la Gazprom nazionalizzata da Vladimir Putin - si annunciava quello che avrebbe dovuto rappresentare un grande successo politico del governo di centro-sinistra ed una grande opportunità per il nostro paese che, così parco di infrasrutture energetiche, avrebbe d'allora in poi goduto del controllo diretto su uno tra i maggiori giacimenti di gas naturale della regione siberiana.Si trattava evidentemente di una bufala colossale. Come dichiarato nei giorni scorsi dall'ad di Enel, Fulvio Conti, altro che sicurezza energetica: "Siamo ancora più fragili di due anni fa".La denuncia è stata accolta dal governo con stucchevole superficialità, si direbbe, a giudicare dal candore con cui il Ministro per lo Sviluppo Economico, Pierluigi Bersani, ha ritenuto di ammonire gli italiani sul rischio black-out che potrebbe lasciare al buio il paese il prossimo inverno. Solo pochi mesi fa lo stesso Bersani annunciava l'inizio di una nuova e radiosa era energetica nazionale che avrebbe dato alla nostra economia la certezza di una prospettiva di crescita libera dalle incertezze internazionali.Qualcosa evidentemente sembra non aver funzionato a dovere.L'Italia è ben lontana dall'aver raggiunto la sicurezza energetica. Il problema non è ideologico.Il veto della componente ambientalista, infatti, impedisce sì l'esecuzione di un qualsivoglia piano di modernizzazione infrastrutturale - sia rispetto agli impianti già esistenti sia rispetto ai nuovi rigassificatori, promessi in campagna elettorale – ed è quindi ragionevole ritenerlo uno dei fattori dell'inerzia dell'esecutivo a decidere in materia di politica energetica. Ma l'emergenza di oggi con i nuovi impianti di rigassificazione ha poco a che fare. Anche qualora i cantieri fossero stati attivati con la tempestività promessa, infatti, le nuove infrastrutture energetiche non sarebbero ancora attive e non lo sarebbero neppure alla fine del mandato del governo attuale.Il vero problema alla base dell'emergenza-energia denunciata oggi è la politica industriale e, soprattutto, la politica estera del governo Prodi. Come dimostra l'affaire Kazako che agita da questa estate gli animi dell'ad di Eni, Paolo Scaroni, e dei Ministri D'Alema e Bersani, aver scelto Putin come partner d'affari è stata tutt'altro che una scelta saggia. Con gli accordi dello scorso aprile, infatti, l'Italia si è messa al guinzaglio di Mosca. La Yukos è stata nazionalizzata con un vero e proprio “esproprio proletario” di stampo bolscevico e il suo legittimo proprietario cacciato in un carcere in Siberia. Se le ragioni di ordine morale non fossero state sufficienti per rendere un po' più prudente la delegazione italiana, almeno considerazioni tattiche avrebbero dovuto avere il loro peso, dal momento che colossi non di secondo piano come la BP britannica e i fondi pensione americani si sono fermati sulla soglia dell'asta. Infatti i giacimenti messi in affitto in Kazakistan erano (ma questo non lo si è scritto in Italia con la dovuta sottolineatura) vincolati alla scadenza di due anni al diritto di prelazione da parte di Gazprom, il colosso del gas amministrato dall'ex cancellere socialdemocratico Schroeder.Ora altro non è successo che quelle fonti semplicemente non sono più disponobili. Ora, con anticipo sulla scadenza.Come scrive sull'Herald Tribune il prof Paul Kennedy dell'università di Harvard, per i russi i contratti non sono un vincolo giuridico da rispettare. Di qui l'attuale panico energetico che sta spaccando il governo Prodi.Ma in quella sciagurata scelta di fare affari con Vladimir Putin, Prodi ha tradito l'Europa che, dalla Germania di Angela Merkel sino alla Gran Bretagna di Tony Blair, era impegnata in una delicata operazione di costruzione di un fronte unico di contrattazione con la Russia che avrebbe dato alla Ue la forza di parlare con una lingua sola e non negoziabile, quella della democrazia, del rispetto dei diritti umani. E dei contratti commerciali.Che capolavoro! La strategia del Cremlino di usare l' energia per ricattare i vicini, dividere l'Europa, finanziare il riarmo antrioccidentale, sarebbe stata indebolita. Ma Prodi e D'Alema hanno ritenuto di poter fare da soli; anzi, di potere - da soli - fare meglio di quell'Europa per la cui unità poltica si battono pubblicamente con così intensità. Hanno ritenuto di esser più furbi di Merkel e Blair, mutuando la strategia della liason particulier che, certo, ha rappresentato l'aspetto più ambiguo della politica estera dell'ex Premier, Silvio Berlusconi. Il tutto, nella convinzione di garantire all'Italia, con l'amicizia di Mosca, la continuità delle forniture energetiche ed al centro-sinistra un successo politico promettente sia sul piano della spendibilità elettorale sia su quello del sostegno del mondo economico. Ma evidentemente quella idea si è rivelata sbagliata. Il controllo sui giacimenti kazaki è saltato sotto il fuoco del governo locale, affatto intenzionato ad accettare la bandiera italiana frettolosamente issata dai manager del gruppo nostrano dell'energia sui pozzi di gas appena vinti all'asta. Ed è così che il Ministro degli Esteri del governo Prodi si trova oggi costretto ad aprire un fronte di negoziazione con la controparte kazaka le cui sorti sono tutt'altro che scontate e per le quali, si sospetta, Vladimir Putin tornerà a giocare un ruolo cruciale e da una posizione di forza di fronte alla quale l'Italia avrà ben poco margine di contrattazione. Fatta salva la buona fede, il Premier Prodi ed i Ministri che nel suo governo vantano la maggiore esperienza con il Cremlino, si rivelano dunque o talmente sprovveduti da esser finiti dritti dritti nella rete tesa dallo zar di Mosca - una rete alla quale Putin ha capito come solo un pesce debole come l'Italia avrebbe potuto abboccare, facendo così del nostro paese una sorta di Cavallo di Troia per l'occupazione dello spazio europeo. Oppure siamo di fronte ad un colossale fallimento di una strategia in cui le ragioni dei diritti umani e della democrazia e persino dell'Europa unita vengono negate in nome di un opportunismo di corto respiro e soprattutto velleitaria. Che ruolo ha avuto l'ex cancelliere Schroeder nell' abbindolare il governo italiano, visti lo stretto legame politico nella Commissione Europea con Prodi e lo stretto legame di partito nel PSE con D'Alema?Nella prospettiva di crisi che si paventa per l'inverno a venire - una crisi che potrebbe paralizzare il paese e mettere in ginocchio le attività produttive, i servizi, i sistemi di comunicazione nazionali - in una democrazia normale, il governo non piange, ma si assume la responsabilità delle scelte compiute. E come minimo protesta, convoca, rompe. Altrimenti dovrebbe essere il Parlamento a giudicare il governo con giudizio politico in merito a temi che sono di sicurezza nazionale.
Data: 2007-09-12
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