Spencer Di Scala
Le donne e gli evangelici rappresentano due aspetti cruciali nella campagna per le primarie americane 2008. Per quanto concerne i delegati, John McCain ha preso un margine di vantaggio ragguardevole, superando la metà del quorum per ottenere la nomination. La corsa democratica è invece caratterizzata da un testa a testa Clinton-Obama. Tuttavia, l'aspetto più significativo del Super Tuesday non sta nel conteggio dei delegati, ma nella tipologia del voto espresso. Fra i democratici grande influenza nelle dinamiche elettorali ha avuto il voto femminile, che incide per il 57% sul totale. Nel complesso, le donne hanno sostenuto la Clinton, ma in realtà è ravvisabile una spaccatura nel voto femminile, con le più mature a fianco della senatrice di New York e le più giovani pronte a sostenere Obama. Le più anziane hanno votato Clinton non per una banale questione di solidarietà di genere, ma per il valore del suo programma e della sua esperienza. Il fatto che sia una donna è stato considerato semplicemente un fattore facilitante. Le giovani hanno scelto la promessa di cambiamento di Obama, in modo del tutto simile ai loro coetanei. Quest'ordine di cose favorisce comunque Hillary Clinton perché le donne mature si recano alle urne in misura maggiore rispetto alle loro figlie e nipoti. Un altro elemento favorevole all'ex first lady riguarda la propensione delle votanti indecise a sceglierla all'ultimo momento, secondo quanto riportano gli exit polls.
E' presumibile che il trend sopra descritto continui nelle prossime consultazioni. Se sarà così, nessuno dei due candidati raggiungerà verosimilmente la prescritta maggioranza dei delegati per ottenere la nomination, a causa del metodo di rappresentanza elettorale scelto dal Partito Democratico. In quel caso la convention avrà l'oneroso compito di scegliere il candidato, similmente a quanto accadeva prima della riforma che ha assegnato agli elettori la facoltà di contribuire grandemente a designarlo. Se un simile scenario dovesse concretizzarsi, i superdelegati del Partito ricoprirebbero una posizione determinante. Tutto ciò sarebbe quantomeno anomalo, in quanto in passato i superdelegati avevano un'influenza decisamente più contenuta Inoltre, non è chiaro quale possa essere il loro reale impatto. Tra essi, si segnala Bill Clinton.
Il pericolo per i democrats è che la competizione, protraendosi a dismisura e radicalizzandosi, si trasformi in un logorante confronto fratricida e che finisca per danneggiarli nelle successive elezioni presidenziali. D'altro canto, l'energia che sta pervadendo il campo progressista potrebbe propagarsi e trascinare il candidato democratico alla vittoria finale.
I problemi dei repubblicani sono di diversa natura. Le loro primarie adottano il metodo di assegnazione dei delegati winner-take-all ed il voto del Super Tuesday ha fatto sì che John McCain possa pensare di conquistare presto la nomination del Partito. Ciononostante, alcune implicazioni negative sono emerse dal voto. Molti repubblicani affermano che non voteranno per McCain perché non è un conservatore. Questa circostanza ha determinato un esito abbastanza curioso: nel Sud gli evangelici sono andati a votare in gran numero ed hanno consegnato la vittoria a Mike Huckabee, inducendo Mitt Romney ad abbandonare la corsa. Dopo essersi auto-proclamato portabandiera del conservatorismo, Romney ha perso di credibilità avendo subito una serie di sconfitte negli Stati cardine del tradizionalismo americano.
Se gli evangelici hanno votato in massa, altri gruppi conservatori solitamente pronti a sostenere i repubblicani si sono fatti da parte. Un aspetto inquietante per il Grand Old Party, perché se è vero che i conservatori non voteranno per Clinton od Obama potrebbero tuttavia astenersi, favorendo nei fatti la vittoria del candidato democrat nelle elezioni generali. McCain coglierà questo segnale, spostando a destra il tono della sua campagna, ma non sarà impresa facile convincere l'ala conservative del GOP (il Partito Repubblicano). Egli dovrà forse ricercare con particolare convinzione l'appoggio degli evangelici.
Considerata la natura winner-take-all delle primarie, è naturale ritenere che i repubblicani designino il loro candidato prima della convention, anche se Huckabee potrebbe comunque sottrarre consensi a McCain e costringere la convention stessa a scegliere il candidato in una situazione in cui nessuno dei due avesse la maggioranza dei voti prescritta. Un simile scenario pare improbabile, anche se la forza acquisita in seguito alle recenti votazioni da Huckabee gli garantisce la possibilità di incidere sulle scelte del Partito.
Ad ogni buon conto, se i republicans riuscissero a determinare il nome del candidato prima della convention, avrebbero tutto il tempo per ricostruire la loro coesione interna e per raccogliere fondi, mentre i democrats continuerebbero la loro lotta intestina. Con il rischio, dal punto di vista repubblicano, che l'attenzione generale tenda a rimanere concentrata sulle vicende del Partito rivale, motivando ulteriormente gli elettori democratici e favorendo la visibilità di Obama e della Clinton in vista dello scontro finale del prossimo autunno.