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La crisi etica del New Labour

È rottura nel governo Brown sulle cellule embrionali “ibride”


Il Labour party è in crisi. Lo è da quando, passata l'euforia per la fine dell'era Blair, le aspettative riposte sul cambiamento di linea che la leadership di Gordon Brown avrebbe dovuto innescare, hanno lasciato il posto ad un vuoto di prospettive e visione che ha reso il partito che fu di Tony Blair più depresso e spaccato che mai. In calo vertiginoso di consensi, il Labour si trova oggi distanziato di oltre 10 punti dai Tory di David Cameron, e non per merito di quest'ultimo ma, come ammettono gli stessi laburisti, perché da quando è al governo, Brown ne ha combinate di tutti i colori: dalla farsa elezioni si-elezioni no, agli scandali sui finanziamenti illeciti che, a pochi mesi dall'insediamento, hanno imposto un rimpasto emergenziale; dalla figuraccia planetaria dovuta allo smarrimento dei dati sensibili di milioni di contribuenti sino alla revisione al ribasso delle prospettive di crescita economica, sulle quali è stato costruito il budget del cancelliere, Alistair Darling, che per la prima volta da un decennio a questa parte ha reso protagonista della legge finanziaria non il miracolo economico britannico in groppa al quale era volato l'ex cancelliere Brown, ma la crisi finanziaria globale. 

Ma i guai per il successore di Tony Blair non finiscono qui. Mentre è in discussione alla Camera un disegno di legge che autorizza la sperimentazione sulle cellule embrionali ibride per uso scientifico, autorevoli esponenti del governo laburista sfidano il premier, rivendicando il diritto ad esprimersi secondo coscienza su un provvedimento normativo che si appella nel profondo alla responsabilità etica dei parlamentari.

La questione, strano a dirsi, non è stata sollevata dai ministri cattolici della compagine governativa - Ruth Kelly, Des Browne e Paul Murphy - ma da un membro laico del gabinetto Brown, l'ex segretario di Stato al Trade and Industry, Stephen Byers che, creando non poco imbarazzo nella maggioranza di governo, ha pubblicamente rivendicato il diritto dei parlamentari laburisti di esprimersi secondo coscienza su un tema così delicato, come la libertà della scienza di “manipolare” la vita.

La questione ha provocato allarme nei ranghi del partito, e non solo per il richiamo alla responsabilità dei legislatori di fronte ad un atto normativo  che renderebbe la Gran Bretagna il paese in cui le frontiere del progresso umano vengono stabilite da un'ideologia scientista che  impone di confinare nella finitezza della temporalità il confine dell'agire umano.

La ribellione etica di Byers ha creato disappunto perché mette a rischio la stessa tenuta del governo. Alla fine Brown ha capitolato, accogliendo l'appello degli “obiettori”. Cionostante, il problema politico, rimane. Se liberi di esprimersi secondo coscienza, infatti, gli MPs laburisti potrebbero affossare la legge sulla quale sia i Tory che i Lib-Dem hanno dato libertà di voto. Nel merito, la norma sottoposta all'approvazione della House of Commons legittima la sperimentazione su cellule ibride, ottenute innestando Dna umano in ovociti animali, per fini di ricerca. Le cellule ibride potranno essere manipolate dagli scienziati per un periodo massimo di 14 giorni, nel corso dei quali effettuare sperimentazioni terapeutiche di malattie a forte impatto sociale, come l'Alzheimer. 

La sortita di Byers ha squarciato il silenzio nel quale sino ad ora era stata sviluppata la legislazione sulla materia. Si tratta, per la Gran Bretagna, di una battaglia politica senza precedenti, una battaglia che per certi versi echeggia, nei toni opportunistici, la contrapposizione tra laici e cattolici cui si assiste in Italia.

Mentre il capo della chiesa cattolica del Regno Unito, l'arcivescovo Cormac Mac Murphy, interviene sul Guardian a sostegno della libertà di coscienza dei parlamentari, la più influente opinion-maker del quotidiano liberal, Polly Toynbee, lancia un'invettiva di fuoco contro il pericolo, per la laicità delle istituzioni democratiche britanniche, dell'ingerenza ecclesiastica di fronte ad un provvedimento di legge che, a suo dire, non si appella all'etica più di qualunque altro provvedimento di legge, riguardi esso la finanza, il trattamento delle acque o la guerra in Irak. 

Secondo la Toynbee, la sperimentazione scientifica sulla vita umana non ha una valenza etica tale da presupporre un diritto speciale all'obiezione, quando una simile obiezione non viene invece riconosciuta in altri casi che, a suo dire, comportano il medesimo carico di responsabilità morale da parte dei decisori pubblici. La Toynbee si leva contro il ricatto morale cui le autorità vaticane avrebbero costretto i parlamentari cattolici nel rivendicare il diritto ad un'obiezione etica ignorata invece nel caso della guerra. Perché, si chiede insomma la Toynbee, si dovrebbero imporre alla scienza argini etici che non si riconoscono invece nell'uso coercitivo della forza, sia essa militare o finanziaria che, nello stesso modo della scienza, decide dei destini della vita umana?

Questione non priva di fondamento, quella posta dall'autorevole opinionista, sopratutto a cospetto di un Labour Party che, pur sotto la leadership di un cattolico di fatto come Tony Blair, ha autorizzato leggi estremamente permissive sui temi di maggiore sensibilità etica, come la sperimentazione sulle cellule staminali, o la fecondazione artificiale. E tuttavia, oggi, in gioco non c'è tanto la coerenza etica del Labour party ma il governo di Gordon Brown che, nei pochi mesi dal suo insediamento ha via via perduto il supporto della sinistra, che lo aveva sostenuto nella corsa anti-Blair, come quello dei riformatori, a disagio con l'ambiguità del primo ministro rispetto ai valori costitutivi del New Labour, le riforme dei servizi pubblici, la lbertà di scelta, l'apertura ai privati.

Il governo - né new, né old - che Brown ha messo in piedi, insomma, invece di accontentare tutti ha finito con il non soddisfare nessuno – né la base operaista, né la middle class cresciuta nel mito dell'economia globale. La risposta alla crisi che ha dato il premier è stata un rimpasto “tecnico”, che ha portato alla rimozione del vecchio responsabile della Strategy Unit di Downing street, Spencer Livermore - un vecchio sodale politico di Brown – e la designazione di Stephen Carter, un esperto di PR,  estraneo al partito ed alle delicate dinamiche di governo. L'appointment di Mr. Carter ha sollevato non pochi dubbi tra gli osservatori politici che hanno inteso l'iniziativa come un gesto estremo del premier che, non sapendo più in che modo prendere il controllo della situazione, avrebbe finito con l'accettare di affidare il proprio destino alle alchimie della spin politics, che tanto aveva deprecato nel suo predecessore.

Dal punto di vista tattico, intanto, il Labour sta cercando una manovra diversiva, ritornando sul tema della riforma elettorale, nella speranza possa servire a rinverdire le passioni di quanti avevano sostenuto Brown proprio nell'ottica di un suo impegno sul fronte del rinnovamento della democrazia partecipativa del Regno Unito. Notizia delle ultime ore è, infatti, l'apertura del dibattito sull'introduzione di un sistema elettorale maggioritario a doppio turno. Più che di un'iniziativa legislativa, si tratta di una discussione teorica che vede il Labour tutt'altro che compatto. La prospettiva di una riforma elettorale – che in Gran Bretagna assume una valenza epocale sconosciuta, invece, alla politica nostrana – si misura sulle conseguenze pratiche, ovvero sugli effetti in termini di seggi che il nuovo sistema di attribuzione garantirebbe ad un Labour mai così debole dall'epoca della supremazia Thatcher. E dunque? Non se ne farà nulla, almeno finché la causa ideale che soggiace alla riforma elettorale – la democratizzazione del sistema elettorale – non verrà incontro alle esigenze del partito che, almeno sulla carta, detiene ancora la maggioranza di governo e quindi il potere di sciogliere la camera e indire nuove elezioni. I ragionieri dei meccanismi elettorali si sono subito messi a far di conto per quantificare l'impatto del doppio turno, dati i consensi di cui il partito dispone adesso. La determinazione riformatrice del Labour potrebbe tuttavia subire una batosta cruciale già il prossimo primo maggio, qualora i londinesi, chiamati alle urne per scegliere il successore di Ken Livingstone, dovessero davvero scegliere, come sembrano suggerire i sondaggi, lo sfidante conservatore, lo stravagante e temerario Boris Johnson. 



Data: 2008-03-25







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