Della visita di Stato del Presidente francese, Nicolas Sarkozy, nel Regno Unito rimarrà certo il ricordo del cerimoniale fastoso che ha accompagnato la paparazzatissima coppia presidenziale ed il suo entourage; rimarrà il ricordo del banchetto regale dato, in onore degli ospiti, da Sua Maestà, la regina Elisabetta, nel castello di Windsor, uno scenario da “sogno” che, da solo, basta a rinnovare con la sua regale magnificenza, la grandezza della Gran Bretagna monarchica e democratica, globale e locale, orgogliosa e sicura della propria identità al punto da non temere di aprirsi al mondo ed alla modernità, come nessun altro paese europeo è mai stato in grado di fare.
Ma questa visita di Stato assume un significato politico senza precedenti nella storia delle relazioni tra i due paesi. Mai come ora, Gran Bretagna e Francia si trovano pronte a marcare una svolta destinata a convertire l'intesa cordiale in amicizia, in una partnership strategica fondata su obbiettivi comuni, non solo ai due paesi, ma all'Europa intera.
Mai come ora, Francia e Gran Bretagna si trovano dalla stessa parte della barricata; mai come ora, le sfide dalle quali dipende il futuro delle due grandi potenze europee, vedono un vantaggio strategico nella cooperazione piuttosto che nella contrapposizione tra i due paesi. Mai come ora, l'interesse strategico della Francia converge con quello di Oltremanica. Entrambi i paesi hanno più interesse ad allearsi piuttosto che a scontrarsi in Europa. Entrambi i paesi si trovano già, nei fatti, compagni del club euro-atlantico di cui il Regno Unito, per tradizione, e la Francia grazie alla rupture compiuta da Sarkozy con la tradizione diplomatica alternativista portata avanti sino alla presidenza Chirac, sono entrambi soci; entrambi i paesi si trovano attori di un teatro il cui perimetro va ormai ben aldilà degli antichi confini coloniali; un campo in cui giocare da soli significa rinunciare a giocare e continuare a vedersi competitor, là dove ci si dovrebbe riconoscere alleati, non fa che confinare le ambizioni dei due paesi alla difesa dello status quo piuttosto che permettere loro di sviluppare le proprie potenzialità politiche ed economiche.
Quando le sfide si chiamano sicurezza, stabilità dei mercati finanziari, cambiamento climatico, difesa, energia, ebbene non è difficile scoprirsi alleati anche lì dove sino a poco tempo prima ci si riconosceva concorrenti. Sono pronti, Regno Unito e Francia, ad archiviare il passato e cooperare a scrivere un futuro comune? È questa la grande questione aperta dalla visita di Sarkozy a Londra. A giudicare dall'accoglienza, dai toni di spontanea simpatia che, nonostante i rigori del cerimoniale di corte, hanno accolto il Capo dello Stato francese e la sua consorte, Carla Bruni Sarkozy, nel cuore delle istituzioni britanniche, si potrebbe scommettere che sì, il momento è arrivato per una svolta storica che potrebbe incidere sulle sorti dell'Europa e del mondo ben più di quanto è dato oggi vedere.
I dossier che Brown e Sarkozy hanno messo in agenda danno la cifra dell'impegno politico comune sul quale i due paesi hanno deciso di investire. Non si tratta più di un semplice baratto tra interessi di parte. Si tratta, per la prima volta, di creare una partnership strategica sulle questioni globali che entrambi i paesi riconoscono essere la posta in gioco comune all'Europa occidentale. La difesa comune europea è una di queste scommesse cruciali. Gran Bretagna e Francia, in fondo, condividono il medesimo scetticismo per un'Europa retorica e passiva; entrambi, tuttavia, sono convinti che il futuro dei due paesi non possa giocarsi se non con un'Europa forte e responsabile. Un'Europa che non deroga al dovere di garantire, agli Usa o all'Onu, la sicurezza dei propri cittadini e la stabilità delle democrazie nel mondo, ma che riconosce la necessità di dotarsi di un sistema di sicurezza autonomo organizzato attorno alle criticità peculiari dell'area europea: l'immigrazione, la libera circolazione da est e da sud…
La volontà di Sarkozy di far rientrare la Francia nell'ambito dell'organizzazione militare della Nato va vista, in tal senso, come un tentativo di ridare peso politico all'Europa, ribilanciando l'Alleanza Atlantica in direzione meno americano-centrica. Con l'impegno di Parigi per il potenziamento del contingente francese in Afghanistan, Sarkozy punta naturalmente a riposizionare la Francia nella cabina di regia delle manovre Nato, ma la vera sfida dell'Eliseo è di riuscire a costringere l'Europa intera ad assumersi un ruolo “attivo” nella gestione dei conflitti che la renda, ad un tempo, un attore politico credibile e riconosciuto a livello globale.
Questo obbiettivo non può che trovare nella Gran Bretagna il partner ideale.
Ma la “shared agenda” tra Regno Unito e Francia, cui si è riferito il premier britannico a margine dell'incontro con il Capo dello stato francese, è fatta soprattutto di obbiettivi economici: ridare slancio all'economia europea, recuperando il credito perduto dalle istituzioni finanziarie internazionali presso i cittadini annichiliti dal progressivo impoverimento rispetto al potere d'acquisto dei beni primari, e dalla crescente vulnerabilità nei confronti del sistema bancario. Da qui, la volontà di promuovere, presso il Fondo Monetario Internazionale, una procedura di “early warning” sui rischi dell'economia globale, come annunciato dai due leader nella conferenza-stampa conclusiva dell'incontro londinese.
L'ambiente, dunque, forse la più complessa tra le sfide che si pongono oggi all'Europa. L'ambiente che, come conferma l'impegno assunto da Tony Blair per il raggiungimento di un accordo globale sulla riduzione delle emissioni nocive, rappresenta per l'Europa un'opportunità di crescita e benessere se solo questa saprà guidare il processo di sviluppo economico sostenibile al quale il mondo intero sarà presto costretto ad adeguarsi.
Per rispondere a queste sfide non c'è altra strada se non quella di dare forza politica all'Europa. Una forza, sino ad ora solo potenziale, data dall'estensione dei suoi confini, dalla rilevanza dei suoi mercati, dal numero dei suoi cittadini-consumatori. Per farsi potenza attiva del mondo globale, tuttavia, all'Europa manca la determinazione a riconoscersi attore reale del teatro globale, con una parte chiaramente definita e capace di impegnarla in una strategia coerente di azione sul piano interno come sul fronte internazionale.
È questa la visione europea che accomuna Francia e Gran Bretagna, liberare la UE dalla zavorra burocratico-istituzionale che la allontana ogni giorno di più dalla possibilità di dare ai suoi cittadini non una vuota formula identitaria, ma una missione, rendendola non un recettore passivo dell'economia globale ma un soggetto in grado di dar forma ad una globalizzazione canape di nutrire gli ideali di giustizia ed equità sociale che affondano nella tradizione europea in cui oggi, Francia e Regno Unito, riscoprono i fondamenti di un'appartenenza comune.
È ancora presto per giudicare quali effetti reali avrà il rilancio dell'amicizia anglo-francese. Il primo, cruciale banco di prova sarà il prossimo semestre di presidenza UE che sarà inaugurato dalla Francia il primo luglio prossimo, nel quale, tra l'altro si deciderà la designazione del primo Presidente del Consiglio europea non sottoposto alla scadenza semestrale applicata sino ad ora. Come noto, tra le possibili candidature c'è quella dell'ex premier britannico, Tony Blair, oggi impegnato sul fronte internazionale in una serie di teatri cruciali, dal Medio Oriente, alla campagna ambientale. Nell'intervista rilasciata al quotidiano francese Le Monde, alla vigilia della visita a Londra del Presidente Sarkozy, Gordon Brown ha ribadito il sostegno del Regno Unito alla candidatura - lanciata per la prima volta proprio da Sarkozy – dell'ex leader laburista la cui leadership e autorevolezza rappresenterebbero un inequivocabile segnale della determinazione dell'Europa a presentarsi al mondo con una credibilità tutta nuova. Blair al vertice dell'esecutivo europeo, in un'Europa trainata dall'asse riformatore di Francia, Inghilterra e Germania, potrebbe essere davvero una buona notizia per tutti quelli che non mettono in discussione se ma quale Europa sia la soluzione ad una globalizzazione sempre più oscura e minacciosa.