Scriveva giorni fa James Meikle sul Guardian che "oggi (18 agosto) la Russia ha promesso (di nuovo) di ritirare le sue forze dalla Georgia, ma le tensioni internazionali rimangono elevate e vi è molto scetticimo tra i commentatori (in particolare britannici)su come l'
Occidente si è comportato nella crisi del Caucaso.
L'Unione europea si è presentata divisa nella sua risposta, con Francia e Germania smaniose di mantenere relazioni lisce come l'olio con Mosca, temendo che il ruolo di mediazione dell'Unione europea sarebbe stato compromesso se si fosse presa una posizione precisa:"Dobbiamo inventare un nuovo linguaggio riguardo alla Russia ", ha dichiarato Bernard Kouchner.
Tuttavia, i paesi europei dell'EST, presenti sia nella NATO che nella UE si sono rivolti, cercando una leadership, verso Washington. Condoleezza Rice, il segretario di Stato Usa, ha dichiarato: "La gente comincia a chiedersi se si può far conto sulla Russia".
Dunque Oltremanica il successo politico di Mosca sembra considerato prossimo a riuscire: dividere l'Europa e dividere l'Europa dagli USA. Numerosi quotidiani inglesi sostengono che gli interessi del Regno Unito non coincidono con la posizione presa da Sarkozy e lamentano una colpevole assenza del governo di Gordon Brown (salvo l'eccezione di David Miliband) nella vicenda.
Anche se oggi le truppe russe si ritirassero dalla Georgia (comprese le due province ribelli, come da accordi), la crisi del 7 agosto segna l'inizio della "Reconquista" russa della vecchia sfera di influenza sui paesi dell'ex Unione Sovietica. Paesi Baltici e dell'Est Europa non ne sarebbero al riparo.
La scelta di Bruxelles rinviata ieri diverrebbe improcastinabile, ma a quel punto sarebbe forse tardi e solo la reattiva iniziativa degli USA si dimostrerà l'unica in grado di salvaguardare la stessa unità dell'Europa allargata nella democrazia. Su questo punto (come dimostrano i sondaggi pre-elettorali che non hanno registrato variazioni rispetto a prima della guerra) non c'è differenza sostanziale tra Obama e McCain. Nessuno dei due vuole rimanere sulla spiaggia dell' altra sponda Atlantica.
Ora la patata bollente della Russia rischia di compromettere la situazione tra Israele e Iran. Prova ne è il missile lanciato dall'Iran in piena crisi osseta. Un pericolo che l'incertezza europea verso la Russia non farà che accrescere.
Viceversa, una ferma azione congiunta tra USA e UE si incuneerà tra i due Paesi - ponte con l'Asia e pronti a fare "cartello" sull'energia. Con il sistema antimissilistico collocato ai confini dell'ex impero riorganizzati nella Nato e rivolto a tutela dalle aggressioni di Theran, difficilmente la Russia vorrà un Iran atomico per socio in affari.
Per chi avesse incertezze in Italia, fa testo Comiso che nelle rievocazioni (da un lato) e nelle "riabilitazioni" (dall'altro) di Bettino Craxi fa così chic citare.
"Una Russia egemone sul petrolio - ha scritto un giornale britannico potrebbe far rimpiangere agli automobilisti inglesi il costo attuale di un gallone di benzina".
Perché? Lo schema è semplice. I russi hanno materie prime ma hanno accesso bloccato ai mercati nazionali dai distributori local. Questo permette ai locali di andarsi a cercare altri fornitori e di essere piu' forti nei confronti dei russi anche nella negoziazione del prezzo del gas poiche' sono loro a far arrivare il prodotto al consumatore.
A questa posizione di forza contrattuale gli europei hanno rinunciato, per mancanza di investimenti nel passato sulla ricerca di nuovi giacimenti e nuove fonti altrenative, visto il basso prezzo sia del gas che del greggio.
La politica russa è stata compiacente verso questa inerzia europea, proponendo l' “accesso congiunto” allo sviluppo di giacimenti di gas in Russia ( risorsa che comunque loro sono in grado di controllare come vogliono - chiedere alla BP inglese spiegazioni sulla attendibilità del rispetto dei contratti internazionali di Mosca) comunque soggetti a “prelievi” da parte di Gazprom per il trasporto “via loro gasdotti” fino ai paesi di destinazione del gas, in cambio di importanti quote di società di distribuzione nei paesi “amici”. E' ovvio che mentre le Joint Venture euro-russe sono in Russia sempre sul filo della ri-nazionalizzazione a favore di Gazprom (Yokos insegna) le quote dei Russi nella distribuzione europea non lo sono. Ecco perché il gallone non scende di prezzo e la Russia si allarga a spese dei “consumatori-contribuenti” europei. Se il meccanismo si dovesse interrompere per reazione occidentale all' assertività russa sul suo presunto “spazio vitale” (gli ex paesi satelliti societici), noi perdiamo tecnologia, soldi e fonti di approvvigionamento e il contratto per le forniture andrebbe rifatto a condizioni peggiori.
Diceva Lenin che i capitalisti si sarebbero impiccati con la corda che stavano vendendo per fare immediati profitti. Occorre urgentemente sventare la sua esatta profezia.