Fabio LucchiniLa corsa alla Casa Bianca entra nell'ultima settimana e la situazione sembra consolidarsi a favore di
Barack Obama. Tuttavia è importante saper leggere i dati. I media insistono spesso sulle percentuali a livello nazionale che vedono, di volta in volta, Obama in vantaggio di sei, cinque, tre punti (14 secondo un'azzardata stima del New York Times della settimana scorsa), ma non è questo il punto. Nel 2004 George W. Bush raccolse molti più voti (62 milioni) di John Kerry (59 milioni), sconfiggendolo di quasi tre punti percentuali a livello nazionale. Il risultato finale fu 50.7% a 48.3 %, 286 grandi elettori per Bush/Cheney, 252 per Kerry/Edwards. I grandi elettori, giova ricordarlo, rappresentano i candidati alla presidenza nei vari Stati in cui si divide l'America e, una volta investiti dal voto popolare, entrano a far parte di un collegio di 538 membri che nomina formalmente il presidente.
Nel 2004, tuttavia, decisivi si rivelarono 100.000 voti di scarto a favore di Bush in Ohio. Se il candidato Democratico avesse vinto in quello Stato, sarebbe diventato presidente in virtù di un maggior numero di grandi elettori conquistati, pur avendo ottenuto tre milioni di voti in meno rispetto a Bush. Bizzarrie del sistema elettorale americano che contempera il carattere federale degli Usa alla necessità di rappresentare adeguatamente le istanze di ogni singolo Stato.
Conseguentemente, pare più interessante concentrarsi sulla situazione negli swing states, sostanzialmente gli Stati che si schierarono con i Repubblicani nel 2004 e che Obama vuole strappare al rivale per raggiungere la Casa Bianca. Lì si giocherà la partita, considerando l'impossibilità per John McCain di insidiare Obama negli Stati di tradizione Democratica. L'obbiettivo per il senatore dell'Arizona è quello di difendere le "roccaforti rosse (cioè Repubblicane)" dall'assalto del suo avversario. E' importante ricordare che tutti i grandi elettori assegnati ad un singolo Stato vengono conquistati in toto dal candidato vincente, in nome di un rigidissimo criterio maggioritario (winner takes all, il vincitore si prende tutto).
In Florida, dove si assegnano ben 27 grandi elettori, attualmente Obama è avanti di oltre quattro punti percentuali; nel 2004 Bush vinse di cinque punti. In Ohio, 20 grandi elettori, Obama conduce di 4.2 punti; nel 2004 Bush si aggiudicò lo Stato con 2.1 punti di vantaggio. In North Carolina, 15 grandi elettori, Obama guida con un margine dello 0.3%; Bush trionfò grazie ad un + 12.4%. In Missouri, 11 grandi elettori, McCain è stimato a + 0.7%; il presidente in carica staccò Kerry di 7.2 punti percentuali. In Colorado, 9 grandi elettori, Obama batte McCain (50.5% a 45%), allorchè Bush sconfisse Kerry di quasi cinque punti. Situazione leggermente diversa in Virginia, 13 grandi elettori, dove il junior senator prevale di quattro punti scarsi su McCain, quando Bush aveva confermato nel 2004 l'egemonia del Grand Old Party nello Stato, staccando Kerry dell'8.2% (fonte
Realclearpolitics.com)
In Stati meno popolosi, quali New Mexico (5 grandi elettori), Nevada (5) ed Iowa (7) si stanno ripetendo dinamiche simili, ma, come si può notare, in molte occasioni il ribaltamento del trend a favore di Obama rispetto al 2004 non appare consolidato, soprattutto in Florida ed Ohio. E' presto quindi per cantare vittoria per i milioni di entusiastici sostenitori del senatore dell'Illinois in America e nel Mondo. La corsa non è finita e molti red states non sono stati ancora strappati definitivamente a McCain, che, come Obama, si sta impegnando a fondo proprio in quelle aree in questi ultimi giorni di campagna elettorale. Colorare l'America del blu del Partito Democratico non è poi un'impresa così facile. Obama lo sa e l'ha ricordato ai suoi stessi sostenitori, benchè McCain abbia per la prima volta ammesso la possibilità di una sconfitta.
Ad ogni modo, nulla sembra rassicurare i Democratici sull'inevitabilità del successo: a St. Louis, Missouri, Obama ha recentemente radunato 100.000 persone, ma ciò non toglie che il suo vantaggio in quello Stato si mantenga piuttosto esiguo; l'appoggio alla sua candidatura dell'ex segretario di Stato di Bush, Colin Powell, appare indubbiamente un evento scenografico e rappresenta uno schiaffo simbolico all'amministrazione in carica, ma quanti voti sposterà effettivamente? E ancora, l'early voting (il voto anticipato permesso in alcuni Stati) sembra premiare il senatore dell'Illinois, ma si discute di una porzione di elettori ancora poco significativa. Attenzione: Obama non ha ancora vinto.