Fabio Lucchini
In questi giorni si celebra il duecentesimo anniversario dalla nascita di Charles Darwin. La sua teoria dell'evoluzione, una delle più straordinarie scoperte scientifiche di ogni epoca, ci ha fornito un'interpretazione illuminante dell'interconnessione ultima di tutte le forme viventi e dell'unicità dell'esistenza umana. Pubblicata nel 1859, la fondamentale opera “Sull'origine delle specie per mezzo della selezione naturale o la preservazione delle razze favorite nella lotta per la vita” spiega come gruppi di organismi di una stessa specie si evolvano gradualmente nel tempo attraverso il processo di selezione naturale. Un meccanismo che venne illustrato per la prima volta al grande pubblico proprio grazie a questo libro. L'opera contiene dettagliate prove scientifiche che l'autore ebbe il tempo di accumulare sia durante il viaggio del Beagle nel 1830 che al suo ritorno, preparando diligentemente la sua teoria e, contemporaneamente, rifiutando quella più in voga fino a quel tempo, il creazionismo, che ritiene le specie, essendo create da Dio, perfette ed immutabili. Sebbene una parte della teoria di Darwin sia ora supportata da schiaccianti dimostrazioni scientifiche, esistono ancora forti controversie, soprattutto tra i sostenitori del creazionismo, i quali ritengono che l'approccio evoluzionista contraddica le interpretazioni letterali di vari testi sacri.
Generalmente, l'approccio del grande naturalista inglese viene associato al metodo scientifico puro e come tale disinteressato ai riflessi di ordine etico e morale delle proprie scoperte. Adrian Desmond, dalle colonne del periodico politico-culturale britannico Prospect, rifiuta questa interpretazione. Infatti, nuove ricerche suggeriscono come Darwin abbia inteso spiegare la comune origine di tutti gli uomini anche per veicolare un messaggio di grande valore socio-culturale nell'Europa del XIX secolo. Benché egli non abbia mai ammesso pubblicamente le sue motivazioni politiche, lo spirito anti-schiavista che ha animato la ricerca dello scienziato pare evidente agli occhi di Desmond. Per comprendere sia la statura dell'uomo che il radicalismo illuminato dell'opera rispetto al suo tempo è interessante valutare le considerazioni politiche e morali che hanno modellato il suo pensiero. Nonostante le critiche feroci di quanti lo biasimavano, e di coloro che lo contestano tuttora, per aver “scandalosamente” associato l'origine dell'uomo a quella di altre specie animali, Darwin fu insomma un umanista, che condivideva la tensione abolizionista di buona parte della società britannica dell'epoca. Un orientamento diffuso che sfociò nell'affrancamento degli schiavi nel 1831 e nella loro emancipazione nel 1833 (nel 1863 sarebbe toccato agli Stati Uniti).
Pertanto, nel celebrare Darwin è forse giusto riconoscere appieno la complessità del carattere e l'ampiezza delle visioni di uno scienziato in grado di tradurre l'aspirazione alla fratellanza universale tra gli uomini in una teoria che ne evidenziasse l'origine comune. Un modo per contrastare e svuotare le costruzioni politiche e filosofiche razziste, diffuse e tenute in grande considerazione da una parte degli ambienti intellettuali e della pubbliuca opinione europea sino alla prima metà del novecento. Appaiono perciò largamente infondate le accuse di freddo e asettico materialismo rivolte al naturalista britannico dai suoi detrattori, che spesso considerano la sua eredità come una pericolosa sovversione rispetto ai principi e ai valori religiosi.
Una frattura dolorosa quella tra Fede e Scienza, che spesso avvelena il dibattito pubblico, inaridendo la curiosità verso i fenomeni della natura e inibendo una seria riflessione sugli interrogativi di fondo dell'esistenza umana. Secondo un contributo del cardinale Cormac Murphy-O'Connor apparso sul Times dovremmo abituarci a considerare la Scienza come un'alleata della Fede, e non come una sua irruducibile avversaria. Per tornare a Darwin, l'evoluzionismo mira a spiegare le modalità dello sviluppo della vita sulla Terra non le sue ragioni profonde. Noi tutti siamo parte di un processo evolutivo, ma rimaniamo agenti dotati di libero arbitrio e capaci di influenzare i futuri accadimenti. Scienza e Fede non sono necessariamente incompatibili, La morale religiosa può contribuire al progresso non solo incoraggiando i ricercatori ad avvicinarsi a delle verità, ma anche invitandoli a interrogarsi sul significato profondo delle loro scoperte.
E' proprio il suggerimento che Darwin ha raccolto, ponendosi domande sul mondo, svelandone regolarità nascoste e valutando criticamente le conseguenze più profonde delle sue scoperte. Egli non ha lasciato in eredità dimostrazioni scientifiche della non esistenza di un creatore,ma un modo nuovo di guardare laicamente alla natura senza affidarsi a dogmi o a disegni precostituiti. E' una sfida di emancipazione della consocenza, di libertà e di umiltà nel comprendere il posto dell'uomo nella natura. Un lascito che non deve essere dissipato, né svilito in nome di considerazioni puramente ideologiche e strumentali.
Data: 2009-02-10
|