Fiamma Nirenstein, 12 marzo 2009,
Io, da giornalista quale sono in ogni momento della mia giornata e della mia vita, non posso fare altro che ricordare quello che ho visto con i miei occhi. Io c'ero a Durban, ero andata lì per seguirla per “La Stampa” dove lavoravo a quel tempo. Nel corso di quelle giornate ero andata a seguire una conferenza sul razzismo e vedevo che per strada cominciavano ad assemblarsi i dalit piuttosto quelli che erano riusciti ad arrivare dal Darfur piuttosto che tutta una serie di rappresentanti, i tibetani cosa molto importante, e mi aspettavo che durante quelle giornate si sarebbe sviluppato un discorso su questo tema importantissimo e fondamentale: il razzismo nel mondo. Ne siamo affetti, ne soffriamo, è davvero ancora oggi una piaga fondamentale. Questo era quello che doveva accadere nel palazzo dello sport di Durban e poco lontano (si arrivava a piedi) dove erano riuniti 6.000 rappresentanti delle NGO di tutto il mondo. Invece tutte queste comunità che ho citato adesso, e molte altre – mi ricordo Rigoberta Menchù che io incontrai per la strada e che si mise a piangere quasi– rimasero senza voce. Può darsi che qualcuno di quelli che sono qui sia andato a soffrire la stessa disperazione che io ho sofferto in questi giorni. Non si riusciva a parlare d'altro che di questo orribile, disgustoso, Stato perpetratore di tutte le infamie dell'universo, persecutore di palestinesi, violatore di tutti i diritti umani che era Israele.
Io ho visto questo, non solo ho visto inseguire per le strade i ragazzi con la kippah, ho visto gli Ebrei che erano lì presenti alla conferenza nascondersi, ho visto la delegazione israeliana incapacitata a prendere la parola se non per tentare disperatamente quelle mediazioni che ancora si credeva che fossero possibili. Lì stava di fatto compiendosi un gesto epocale. Quattro giorni dopo che ero tornata a casa a riprendere il mio posto di corrispondente da Gerusalemme, l'11 di settembre ha schiantato le Twin Tower e con esse tutta quella che era stata la storia del mondo fino a quel momento. Ho visto a Durban i cortei camminare sotto l'immagine di Bin Laden che ancora non era quel Bin Laden che sapevamo ma era già un Bin Laden molto importante. Voi ve lo ricordate solo nella fase successiva all'11 di settembre ma già fino ad allora noi specialisti di terrorismo avevamo seguito le sue vicende e il suo empowerment. Lì lo si vedeva per la strada, non c'era bisogno di leggere delle analisi, ci sono le fotografie. Le folle marciavano sotto le immagini di Bin Laden e inseguivano gli ebrei per la strada. Questo è stato quello che io ho visto a Durban.
Ho visto – questo è molto importante ricordarlo per poi tirare le somme – ho visto Mugabe prendere la parola in difesa dei diritti umani davanti all'assemblea, ho visto Fidel Castro prendere la parola di fronte a un'assemblea in gran parte plaudente, ho visto anche Arafat che approfittava di questa situazione per universalizzare il suo punto di vista riferito ai palestinesi e facendone una bandiera non di una lotta territoriale fatta per ottenere uno Stato accanto a un altro Stato (su questo la concordia è maggioritaria). No la storia era ben diversa, quello che si faceva in quella situazione, che è andato peggiorando nel corso del tempo, rimandava ad un suggerimento: Israele è uno Stato di apartheid esattamente come lo era il Sud Africa dove ora ci troviamo, l'allusione e il parallelo era perfetto e in quanto tale così come il regime del Sud Africa è caduto deve cadere anche quello di Israele.
Questa era l'indicazione che si ricavava e che era nell'aria già da molto tempo, sin da quando nel 1975 le Nazioni Unite votarono quella risoluzione che diceva: sionismo uguale razzismo. Non era soltanto una frase priva di senso ma era anche – chi conosce la storia di Israele sa benissimo come chi conosce l'attualità di Israele sa benissimo –un suggerimento. Chi è infatti razzista secondo il sistema di valori contemporanei non è degno di vivere nella comunità degli umani, non è degno di vivere nella comunità delle nazioni emancipate. Il suggerimento era quindi sionismo uguale razzismo. Il sionismo indegno di vivere, Israele indegno di vivere, gli Ebrei sono indegni di vivere. E' da lì anche che è nata poi questa catena che ci porta fino a questo sionismo contemporaneo che si intreccia come non mai con una serie di elementi che indicano l'indegnità dell'Ebreo di vivere, legata all'indegnità di Israele di vivere. Non solo Stato di apartheid, Stato massacratore, Stato assassino di bambini. Insomma tutta quella serie di cose che purtroppo abbiamo dovuto di nuovo testimoniare quando ora, durante la guerra di Gaza, si sono formati in Europa dei cortei che gridavano “Hamas Hamas Ebrei al gas”. E' uno slogan a carattere puramente genocida e questo è stato il cambiamento a cui ci ha portato l'ideologia di Durban 1 che è arrivata di nuovo e sempre di più ha occupato le sedi dell'ONU fino a che Ahmadinejad in piedi nella sala dell'ONU ha detto davanti a tutti per ben due: “Israele è un tronco d'albero marcito che sta per essere distrutto.” Ha detto che gli Ebrei sono una razza indegna, ha detto che l'Islam è l'unica vera religione e ha invitato il Presidente degli Stati Uniti a convertirsi.
Tutto questo è per tornare al punto su cui mi sembra che convergano tutti i miei colleghi che hanno parlato fino a questo momento e il Ministro Frattini per primo. La questione della distorsione dell'uso della terminologia dei diritti umani e delle istituzioni che dovrebbero salvaguardare i diritti umani. In primis l'ONU, a partire dai tempi della guerra fredda e poi sull'onda di questa nuova guerra dell'Islam estremo nei confronti del resto del mondo, ha vissuto uno svuotamento progressivo e una trasformazione del linguaggio relativo ai diritti umani. Siamo di fronte a questo grave problema. Come dice Ostellino, è vero che noi siamo fieri della nostra civiltà per avere inventato questi diritti. Ma la nostra civiltà nel conflitto che l'ha contrapposta a una serie di altre proposte, prima il comunismo poi l'islamismo radicale, proposte che potremmo chiamare minacce, sempre più si è trovata a vedere questa sua invenzione cambiarle fra le mani. Per cui abbiamo visto folle difendere i dittatori, abbiamo visto folle difendere situazioni in cui anche il più elementare dei diritti umani viene leso, abbiamo visto l'indifferenza nei confronti di situazioni in cui si impiccano gli omosessuali e si lapidano le donne. Siamo una società dei diritti umani per poi invece alzare le mani e sbarrare gli occhi con un atteggiamento interrogativo quando ci troviamo di fronte a delle violazioni così ampie senza saper che fare.
Vi è un punto focale di tutta questa faccenda, si chiama Israele e voi tutti sapete benissimo che per difendere Israele ci vuole coraggio nel senso che non è affatto scontato che una persona comprenda che cosa sta succedendo allo Stato di Israele e per quale motivo esso è costretto a difendersi. C'è una tale mancanza di comprensione dei motivi basilari della storia di Israele a causa di questa maggioritaria tendenza all'antisemitismo. Antisemitismo che è stato in passato genocida e pericoloso, ma non è mai stato condiviso da un numero così ampio di individui nel mondo come lo è oggi e questo è un fatto davvero spaventevole. Vi prego di non dimenticare che a Malmoe, in Svezia, due giorni fa la squadra israeliana ha dovuto giocare la Coppa Davis di tennis in uno stadio vuoto e, nonostante questo, fuori si è assemblata una grande folla che ha sfasciato le macchine della polizia per il solo fatto che quelli esistevano fisicamente, si trovavano là dentro. Vi prego di non dimenticare che il Dubai non ha lasciato entrare la giocatrice di tennis Shahar Peer qualche giorno fa. Vi prego di non dimenticare che svariate sinagoghe sono state bruciate nei giorni scorsi e che il numero degli incidenti antisemiti è cresciuto del 300% nei giorni di Gaza.
Questa è un'altra discussione che io sono pronta a sostenere e che qui non ha luogo a procedere perché non abbiamo tempo. Penso che l'Italia abbia fatto un gesto straordinario, veramente un gesto storico, che resterà nella storia. Io faccio parte, come tanti altri colleghi, del Consiglio d'Europa, mi sono trovata alla discussione su Gaza e ho visto la discussione che si volgeva al Consiglio d'Europa fra i miei colleghi svedesi, inglesi, francesi e turchi. Ebbene, un incubo non avrebbe potuto essere peggiore. Tutti quelli che si sono alzati hanno detto – non erano la Libia o l'Iran, ma membri del Consiglio d'Europa – ognuno di loro si è alzato e ha detto: Israele è uno Stato criminale, ha commesso crimini di guerra, crimini contro l'umanità. Insomma il giudizio era quello che poteva essere scritto in altre parole nel documento di Durban 2, quindi la situazione è spaventevolmente seria. Israele è al centro di un errore concettuale colossale che a noi senza armi spetta di rimediare. E' un compito gigantesco ma se non lo affrontiamo è la nostra stessa vita a rischio. L'Italia ha alzato una bandiera universale nel difendere Israele e questo è quello che facciamo giorno dopo giorno. Alla vigilia di Durban dobbiamo ancora seguitare a fare di tutto perché quella conferenza vada deserta.
Questo è un passo veramente molto importante perché vuol dire che non tutti sono d'accordo col decadimento del discorso politico che ha invaso il mondo, il cui simbolo maggiore è quell'orrore di Ahmadinejad che va sul palco e dice quelle cose disgustose. Il decadimento del discorso politico noi non lo possiamo accettare. Non possiamo accettare che il discorso politico diventi discorso genocida. E' già accaduto una volta nel tempo e quando noi diciamo “mai più di nuovo” ci riferiamo soprattutto a questo.
Data: 2009-03-19
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