Carla Reschia, La Stampa, 19 aprile 2009,
“Uniti contro il razzismo” recita lo slogan della Conferenza Onu sul razzismo, la cosiddetta Durban II, che si apre domani, 20 aprile (curiosamente, anniversario della nascita di Adolf Hitler), a Ginevra. Nulla di meno appropriato per un incontro nato e cresciuto tra polemiche, boicottaggi e veti incrociati. Dopo infiniti e vani tentativi di concordare un testo che potesse soddisfare tutti e soprattutto cancellare i sospetti di antisemitismo che gravano sulla manifestazione fin dal suo esordio, appunto a Durban, nel 2001, l'elenco ufficiale di chi ha dato forfait si apre con gli Stati Uniti, prosegue con l'Italia (ma il Vaticano sarà invece presente), Israele e Canada, Olanda e Australia.
Gran Bretagna e Germania invece ci saranno, anche se con qualche perplessità, non nascosta, sul programma. Ci sarà anche, e questo è ulteriore focolaio di polemica, il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad, noto per certe affermazioni pirotecniche su Israele e sul “mito” dell'Olocausto. Motivando l'assenza degli Stati Uniti Barack Obama, impegnato a dare un'immagine degli Usa improntata al dialogo e non ringhiosa, ha premesso che “crede nelle Nazioni Unite”, ma ha aggiunto che l'America non può accettare un linguaggio “controproducente” come quello che è alla base della conferenza Durban 2 sul razzismo.
Il ministro degli Esteri olandese è stato assai mano diplomatico sostenendo che alcuni Paesi cercano di deviare la conferenza per mettere la religione prima dei diritti dell'uomo, negare le discriminazioni contro l'omosessualità e mettere solo Israele sul banco degli imputati. Delusa l'Alto commissario dell'Onu per i diriti umani, la sudafricana Navy Pillay che, da programma, aprirà la Conferenza insieme al Segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon. “Sono scioccata e profondamente delusa per la decisione degli Usa di non partecipare ad una Conferenza che mira a combattere il razzismo, la xenofobia, la dicriminazione razziale ed altre forme di intolleranza in tutto il mondo. Il razzismo e l'intolleanza sono realtà quotidiane , nei Paesi sviluppati e in via di sviluppo, sono questioni globali ed è essenziale che siano discusse a livello globale”.
Su tutto pesa il ricordo del vertice del 2001, abbandonato da Usa e Israele alla presentazione di una mozione, poi eslcusa dalla dichiarazione finale, che associava razzismo e sionismo. Ma anche il concetto di “diffamazione delle religioni”, difeso dai Paesi musulmani ma inviso ai Paesi occidentali memori delle vicende di Salman Rushdie e delle vignette danesi. Molto è stato riveduto e la bozza di accordo passata da 750 a 143 paragrafi e smagrita fino a 16 pagine, ribadisce genericamente l'impegno a «prevenire, combattere e debellare il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e l'intolleranza», ricorda l'Olocausto e afferma che tratta degli schiavi, apartheid, colonialismo e genocidio non devono essere dimenticati. ( trovate il testo completo).
Innocuo, forse, perché generico, ma non ancora abbastanza per mettere d'accordo. Solleva, e spaventa al tempo stesso, pensare che nel bene e nel male, sono solo parole. E' un po' il riassunto del'Onu e il paradigma della difficoltà di trovare vere intese: il prezzo per l'accordo è l'impasse.