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LA CONCRETEZZA DI UN SUCCESSO

Il G8 e le asprezze italiane

Angelo Panebianco, Corriere della Sera, 11 luglio 2009,

Dal punto di vista dell'Italia, il G8 è stato un vero successo. Il no­stro Paese ha svolto al me­glio il suo ruolo di anfitrio­ne e le posizioni del gover­no italiano su importanti dossier hanno trovato uno spazio che pochi osservato­ri, nei commenti della vigi­lia, avevano previsto. Prima dell'incontro, mol­ti temevano (o auspicava­no, a seconda dei punti di vista) che le vicende priva­te di Berlusconi potessero provocare qualche atto di clamorosa contestazione del primo ministro italiano da parte dell'una o l'altra delegazione. Con conse­guenze pesantissime per l'Italia. Non è accaduto. In più, le autorità italiane han­no dimostrato di sapere ge­stire con efficacia un avve­nimento complesso come il G8. Presidente della Re­pubblica e presidente del Consiglio si sono mossi in sintonia. E anche le opposi­zioni (con l'eccezione di Di Pietro) hanno mantenuto un comportamento alta­mente responsabile. Come il presidente della Repub­blica aveva richiesto. E co­me è necessario quando so­no in gioco gli interessi na­zionali. In quei frangenti, il governo non rappresenta una parte ma l'intero. Ed è bene che così sia considera­to dalle forze politiche e dai cittadini.

Anche la scelta di tenere il G8 all'Aquila si è rivelata felice. Non erano mancate le perplessità dopo la deci­sione di Berlusconi, all'in­domani del terremoto, di spostare dalla Maddalena all'Aquila la sede del verti­ce. Quelle perplessità, so­prattutto in riferimento al­le delicate questioni della sicurezza, non apparivano infondate. Ma anche su questo piano Berlusconi ha scommesso e ha vinto. Tenere il vertice nelle zone terremotate, di fronte alla città devastata dal sisma, ha dato un segno di concre­tezza, di contatto con la re­altà, ai colloqui su quei di­sastri del mondo a cui i go­vernanti dei più importan­ti Paesi dovrebbero trovare rimedi. E' stato scritto in questi giorni che il G8 è morto, che all'Aquila se ne sono ce­lebrati i funerali. E' così. Il G8 non è più rappresentati­vo della reale distribuzione della ricchezza e del potere nel mondo. Tanto è vero che lo si è dovuto aprire, anche in questa occasione, alle altre grandi potenze economiche, Cina in testa. Noi italiani, al pari degli al­tri europei, non possiamo rallegrarcene. Il G8 era un luogo nel quale i Paesi eu­ropei, e fra essi anche l'Ita­lia, erano in grado di eserci­tare una vera influenza. Lo hanno dimostrato proprio il vertice dell'Aquila e il ca­so italiano. L'Italia ha avuto un ruolo centrale in questo vertice non solo dal punto di vista cerimoniale, in quanto Paese ospitante, ma anche dal punto di vi­sta sostanziale: ad esem­pio, le posizioni sostenute dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti in materia di riforma delle regole del sistema finanziario hanno qui trovato sostegni e am­pie convergenze.

Difficilmente, ci sarà al­trettanto spazio per le posi­zioni dell'Italia o di altri Pa­esi europei nei vertici allar­gati (il G20) che, inevitabil­mente, finiranno per sosti­tuire del tutto il G8 nei prossimi anni. Più che il ri­schio c'è la certezza di un drastico indebolimento delle capacità negoziali e di una altrettanto drastica perdita di influenza dei Pa­esi europei, spesso fra loro litigiosi e divisi, in quei fu­turi consessi dominati, ol­tre che dagli Stati Uniti, dai colossi asiatici e da altre po­tenze emergenti. Per ora, gustiamoci la riuscita del vertice e la buo­na figura che l'Italia vi ha fatto. Da oggi ricomincia, con le asprezze di sempre, la solita politica italiana.


Data: 2009-07-13







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