Giampaolo Pansa, Il Riformista, 20 luglio 2009,
La casa che abitano apparteneva ai nonni paterni. Era una coppia di pensionati che sino a tre anni fa vivevano con il figlio, la nuora e il nipote. Il nonno era un bracciante agricolo e la nonna una donna di fatica in ospedale. Dunque in famiglia entravano due pensioni e due stipendi. Con un reddito complessivo piuttosto buono. È questo che ha permesso all'unico figlio-nipote di andare a scuola, invece di imparare un mestiere.
Durante il primo anno di corso, Mario ha compreso di non essere portato per gli studi di legge. Ha dato un solo esame e poi ha deciso di cambiare facoltà, passando a Scienze della comunicazione. Dice ai genitori: studierò cose che mi piacciono di più e dopo la laurea troverò un lavoro gradevole, il giornalista per esempio, o nell'ufficio stampa di un ente pubblico. Adesso Mario ha quasi ventisette anni. E continua a vivere in casa, da perfetto bamboccione. Coccolato e mantenuto dai genitori, si comporta come se abitasse in albergo, spesato di tutto. Dorme fino a mezzogiorno. Passa ore e ore sul letto ad ascoltare musica nelle cuffiette. Oppure davanti al computer, per navigare su Internet. Di continuo ha bisogno di una ricarica del telefonino. Non beve, ma fuma molto e si fa qualche canna.
Quasi tutte le sere tira tardi con il suo gruppo di amici. Non risulta che abbia una morosa. Del resto, borbotta la mamma scoraggiata, dove la trovi una ragazza che si metta con un perdigiorno!
Mario alza le spalle e non risponde. All'inizio del nostro incontro casuale, non risponde neppure a me. Insisto: «Hai ventisette anni, non lavori e vivi ancora sulle spalle dei genitori. Ti sembra giusto?». E Mario: «Forse non è giusto, ma conosco tanti altri ragazzi uguali a me. Non è colpa nostra. È colpa degli anziani come voi che occupate tutti i posti». Senza irritarsi, replica: «Vorrà dire che mi metterò a rubare». Lo guardo sorpreso: «A rubare? Ti rendi conto di quel che stai dicendo?». «Sì. Ma dovrò pur campare. Farò il ladro. C'è tanta gente ricca: ha conti in banca, ville, auto di lusso, gioielli. Cercherò di pompargli un po' di soldi. Conosco degli amici che lo fanno già. Non è difficile. Basta essere svegli e scegliere bene i polli…».
Questo colloquio di un anno fa, mi è ritornato in mente dopo aver letto un ottimo articolo di Alessandra Mangiarotti, pubblicato il 16 luglio dal Corriere della Sera. Descrive i cosiddetti “Inattivi”, i giovani fra i quindici e i trentacinque anni che non studiano, non lavorano, non pensano al futuro e non hanno ambizioni. In Italia sarebbero un milione e novecentomila. Di loro, gli “inattivi convinti” fra i venticinque e i trentacinque anni sono settecentomila.