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SELEZIONE DELLA STAMPA ESTERA- 9 giugno

di Critica Sociale


Presidenziali Usa
Los Angeles Times
Exiting race, Clinton solidly backs Obama

Janet Hook e Noam Levey

Lo scorso sabato, il National Building Museum di Washington si presentava gremito di supporters di Hillary Rodham Clinton. Migliaia di spettatori entusiasti. La senatrice ha colto l'occasione per un'uscita di scena che le ridonasse la grazia  e lo stile che sembravano esserle venuti meno quando, appena terminato il processo elettorale delle primarie, aveva rifiutato di “concedere” la vittoria a Barack Obama. L'ex first lady stava negoziando la resa? Stava preparando qualche colpo di coda di fine campagna? O semplicemente rifiutava disperatamente l'idea di aver perso. Nulla di tutto questo. I toni sono cambiati rapidamente. Non più riferimenti a presunti complotti sessisti ai suoi danni, né al voto popolare, né ai superdelegati. La partita è chiusa e Clinton l'ha accettato. E' iniziata la complicata operazione che mira a traslare il consenso raccolto da Hillary tra le donne, la working class ed i latinos al nominato in pectore del Partito. “La vita è troppo breve, il tempo scarso e la posto in gioco troppo alta per attendere ancora. Per questa ragione dobbiamo collaborare. Io darò tutta me stessa perchè il senatore Obama diventi il nostro prossimo presidente e spero che anche voi mi seguiate nell'impresa.” “Sono sorpreso ed onorato di poter contare sull'appoggio della senatrice Clinton e mi congratulo per il valore e la portata storica della sua campagna. Ha abbattuto barriere a vantaggio di tutte le donne di questo Paese, anche delle mie figlie.” Non tutto rose  e fiori comunque. Al di là dei sorrisi, come testimoniato dai mugugni di parte della folla clintoniana a Washington, non sarà facile riorientare il consenso verso il junior senator così come non pare chiarissima quale sarà modalità di collaborazione degli staff dei due candidati, così diversi operativamente, nei prossimi mesi. Per i Democrats è giunto il tanto temuto momento di leccarsi le ferite e ricucire gli strappi. Una consolazione: non si è dovuta attendere la Convention.

Editoriale
National Review
Then We Came to the End

Dopo aver osservato con divertito interesse lo scontro intra-Democratico, molti conservatori Usa non possono che salutare con soddisfazione la sconfitta patita dal Clintonismo.


The Huffington Post
Gop Insiders Worry About McCain's Chances

Thomas B. Edsall

Si ha l'impressione che John McCain avrebbe potuto sfruttare meglio i mesi di vantaggio che la complicata e macchinosa procedura di selezione Democratica gli aveva concesso. E questo appare tanto più vero oggi che quella posizione di rendita non esiste più. Infatti, il senatore dell'Arizona si trova davanti l'avversario tanto atteso, che risponde al nome di Barack Obama. Più pericolosa per Mac gli entusiasmo del senatore dell'Illinois o la competenza di Hillary Clinton? Orami il quesito non ha più senso. Il campaign manager del candidato Repubblicano, Rick Davis, si profonde in tecnicismi e presenta un'analisi confortante, che vede il suo assistito pressoché alla pari con il rivale. Altri dati, meno partigiani, delineano un quadro sensibilmente diverso e meno favorevole. Negli stessi ranghi del Grand Old Party la preoccupazione è tangibile e l'atteggiamento non è propriamente positivo, né rispetto alle possibilità di vittoria né in merito alla valutazione del tenore della campagna sin qui condotta da Mac. Troppo tempo perso a difendersi dall'accusa di aver arruolato lobbisti nel suo staff, lui che ha sempre evidenziato la propria indipendenza dai poteri forti, e troppo poco a serrare le fila di un Partito che passa, da due anni a questa parte, da una cocente sconfitta all'altra. E ancora. Come pensa McCain di recuperare il consenso della destra religiosa e tradizionalista, che mesi fa gli aveva dichiarato guerra? Sotto questo profilo, il candidato Repubblicano sembra scontare difficoltà di dialogo con una parte rilevante di quello che dovrebbe essere il suo elettorato di riferimento. Un'analogia con i problemi di Obama con l'ala più tradizionalista dell'elettorato Demcorat.

The Washington Post
McCain's Evangelical Problem
Robert D. Novak

John McCain non piace agli evangelici, uno dei gruppi che ha permesso ai Repubblicani di conservare il potere nel 2004. Cosa ancor più grave, a quattro mesi dalla sua sostanziale nomina a candidato Repubblicano, il veterano del Vietnam non ha limato le differenze che lo...


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