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Genesi e filosofia del Sarkozysmo
Gli intelletuali e la Rupture col Sessantotto
di Simona Bonfante


Un partito politico deve essere un organismo vivo nella società. Un organismo cui è affidata la responsabilità di progettare un futuro possibile, perché la politica altro non è se non idee, idee che si fanno azione. Un partito politico, dunque, non può fare a meno degli intellettuali, degli studiosi, degli esperti. Né può adagiarsi sulla contemplazione delle idee, sulla conservazione dell'apparato culturale tradizionale. Deve, al contrario, coltivare il dubbio, promuvere la riflessione eterodossa, affrontare la sfida e tradurla in strategia attiva. 

Nasce qui l'idea di rupture, coltivata e realizzata da Nicolas Sarkozy.

In una lunga intervista al periodico online nonfiction.fr, la ex responsabile dell'ufficio studi dell'Ump, Emmanuelle Mignon, racconta il sarkozismo come una filosofia, più che un metodo, una filosofia che riposa su un concetto semplice, per quanto impegnativo e, al giorno d'oggi, affatto scontato: la politica ha bisogno di idee. È l'assenza di idee che la rende distante dai cittadini. Non è infatti il mondo nuovo ad aver reso la politica inessenziale. Semmai è il vuoto ideale all'interno del quale da anni galleggia la politica ad averne reso asfittica l'azione e ad aver generato il senso di frustrazione e distacco dei cittadini.

 “Il Sarkozismo – spiega la Mignon – è la destra di oggi, giovane, moderna, de-complessata, che - ad esempio sul concetto di discriminazione positiva – dimostra di essere maturata, avendo scoperto nell'idea di progresso un orizzonte politicamente più interessante di quello offerto dalla conservazione.” 

“Rupture” insomma non significa limitarsi ad innovare lo stile e il messaggio, ma ambire a ri-costruire il tessuto connettivo tra politica e società.

Nel ricostruire la genesi del progetto di rinnovamento realizzato da Sarkozy, l'attuale Direttrice del Gabinetto di Presidenza parte da lontano, perché è da lontano che il programma di rupture affonda le proprie radici.

Siamo a novembre del 2004, il futuro Presidente della Repubblica conquista a Chirac la leadership di un Ump smarrito nelle retrovie di una guerra più “culturale” che politica, tra vecchia e nuova guardia, ed assopito in una patologica paralisi elaborativa. È un partito senza progetto, incapace di ascoltare la società, di accoglierne le istanze e le sfide, nuove e complesse.   

Sarkozy è l'uomo giusto, l'uomo nuovo. È uomo di idee, ma ancor più di azione. Sa che le idee si realizzano con l'azione, e sa che l'azione è la principale responsabilità della politica.

In un'epoca in cui la politica sembra aver rinunciato ad elaborare, prima ancora che ad agire, quello del giovane leader del partito della destra francese appare allora un progetto quanto meno ambizioso. Sarkozy pretende infatti di ricostruire la trama dell'elaborazione politica, impegnando il partito nell'analisi profonda dei temi, nella loro articolazione, e nella elaborazione di una strategia di azione che ambisca a governare non subire il divenire. 

Non si tratta più di stendere un programma minimo o un manifesto di valori. Si tratta piuttosto di riscrivere il patto repubblicano, elaborare un progetto di futuro proiettandolo lungo un orizzonte ideale, filosoficamente, culturalmente, storicamente fondato.   

È così che, in meno di due anni, il vecchio partito gaullista anchilosato dalla reggenza passatista di Chirac & Associati, si trasformerà in una fucina di idee, moderna e spregiudicata. 

Chiamata al vertice del dipartimento “studi” del partito, la Mignon – una giovane e semi-sconosciuta collaboratrice di Sarko al Ministero dell'Interno - realizza la missione che il nuovo leader le conferisce: “avviare un dibattito di idee”, perché – spiega – per il Presidente “la politica è fatta di idee” e solo l'elaborazione di idee avrebbe potuto ri-avvicinare le persone alla politica.” 

Una strategia premiante, se è vero che il più eclatante effetto-Sarkozy, durante la campagna presidenziale, è stato proprio quello di motivare i francesi, restituire loro fiducia nella partecipazione democratica e nella scelta politica. Sarkozy – insiste la Mignon - “è meravigliosamente riuscito ad imporre il dibattito anche su quei temi dei quali non si aveva più il diritto di discutere.”

Non vuole un partito blindato, non cerca yes-man: a Sarkozy interessa affermare un'idea radicale della “responsabilità politica”, e per riuscirvi ha necessità di un partito radicalmente rinnovato, nelle sue motivazioni ideali prima ancora che nel suo organigramma. L'energetico leader conservatore sa infatti che la credibilità di un progetto politico risiede nella forza delle idee che lo ispirano e nella determinazione con la quale viene perseguito, e che dunque non possa esservi tema, o idea  o riflessione che possa essere considerata taboo. È questa la missione del nuovo pensatoio. Sarkozy affida così alla Mignon il compito di organizzare un grande, profondo dibattito che affronti tutti i temi. “Nessun tema è taboo – sono le consegne - nessuna proposta è taboo; tu portami tutto e poi trarrò io le conclusioni.” 

Ecco, è proprio questa la prima, clamorosa rupture che Sarkozy impone alla destra: riconoscere la necessità di mutuare quello che per molti decenni è stato il “valore aggiunto” della sinistra, la sua creatività intellettuale. L'intellettuale a cui Sarkozy vuol ricorrere è libero di analizzare, riflettere, elaborare. L'intellettuale non asservito al “pensiero unico”. L'intellettuale c...



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