I New England Patriots non avevano perso un partita in tutta la stagione. Non è uno scherzo, non succedeva dal 1972 nel campionato nazionale di football, la NFL, che una squadra ottenesse un risultato del genere. Eppure giunti a soli 35 secondi dal paradiso, la vittoria nel Super Bowl, la finalissima del campionato attesa spasmodicamente da tutta una nazione, un inopinato touch down ha frustrato i loro sogni di vittoria a vantaggio dei New York Giants. Le competizioni sportive sanno essere esaltanti e crudeli, così come la politica. Hillary Clinton potrebbe impararlo a sue spese. Dopo aver condotto per mesi nei sondaggi a livello nazionale, vede il suo margine di vantaggio assottigliarsi inesorabilmente a pochi metri dal traguardo del Super Tuesday, l'appuntamento decisivo, o quantomeno il più importante dell'intera campagna per le primarie democratiche. I venti punti percentuali che le permettevano di guardare con fiducia al rende rationem di Martedì sono evaporati e dovrà battagliare con Barack Obama in quasi tutti gli Stati che andranno a votare nelle prossime ore. L'esito appare veramente incerto. Obama lo sa è concentra gli sforzi per operare il beffardo sorpasso. Anche finanziariamente non si è risparmiato: ha sborsato qualche milione di dollari per mandare in onda uno spot elettorale durante la sfida dell'anno fra Patriots e Giants.
Nel frattempo, il Grand Old Party è interessato da una duplice guerra fratricida, che coinvolge da un lato John McCain e l'ala dura dei conservatori del Partito e dall'altro Mitt Romney e Mike Huckabee. Il margine di Mac a livello nazionale rimane amplissimo, ma molti nel Partito continuano a fargli la guerra, accusandolo di essere più a sinistra della detestata Hillary Clinton. Fuoco di fila che evidentemente non lascia indifferente il senatore dell'Arizona, che negli ultimi tempi continua a ripetere di essere un vero e genuino conservatore. Tuttavia, la base tradizionalista che dovrebbe ricondurre, almeno negli auspici di maîtres a penser quali James Dobson, Ann Coulter e David Limbaugh, il GOP sulla strada del conservatorismo è divisa fra Romney ed Huckabee. Il pastore battista che rimane ostinatamente in corsa e ricorre a stratagemmi curiosi per attirare gli elettori, quale la promessa di schierare Chuck Norris ai confini del Messico contro gli immigrati clandestini, non ha chances di vittoria, ma potrebbe sottrarre voti determinanti a Romney, tagliandolo fuori dalla competizione. In effetti, nonostante il bel successo in Maine, l'obbiettivo dell'imprenditore mormone è la sopravvivenza politica. Pare non poter chiedere di più al Super Tuesday. Se la mattina del 6 Febbraio sarà ancora della partita, le sue chances di successo aumenteranno e forse l'amministrazione Bush potrebbe prendere in considerazione l'ipotesi di pronunciarsi a suo favore. Altrimenti, che piaccia o meno, tutti con McCain.
L'ELEGGIBILITA' E' TUTTO
Hillary Clinton conduce di misura, incalzata da Barack Obama, John McCain ha un largo vantaggio e si avvicina alla nomination. L'innegabile e inaspettato successo che, comunque andrà a finire, caratterizza le campagne di Obama e McCain dimostra quanto gli elettori dei due schieramenti siano attratti da candidati in grado di costruire un ponte fra i due grandi partiti. Non è un caso che candidature altamente connotate a destra od a sinistra, vedi Edwards e Thompson, siano tramontate rapidamente. L'elettorato sembra avvertire l'esigenza che il futuro presidente riesca laddove George W. Bush ha fallito: riunificate l'America e rappresentare un punto di equilibrio delle diverse anime politiche e istanze socio-culturali del Paese. Dopo otto anni di amministrazione che hanno acuito le lacerazioni tra l'America profonda e quella progressista, gli appelli di Obama al cambiamento, all'unità e alla speranza e la figura rassicurante, forte e bypartisan di McCain prefigurano una nuova e promettente stagione politica.
I differenti programmi di governo non stanno giocando un ruolo determinante. La rinascita della passione politica in un Paese tacciato di qualunquismo deve essere rintracciata nella percezione popolare di un'imminente svolta. Tutto si giocherà sulla personalità dei candidati e sulla loro
eleggibilità. Sulla sensazione che un determinato candidato sia la persona giusta per guidare gli Stati Uniti in un momento delicato della loro storia, nel bel mezzo di una guerra e alle soglie della recessione economica dopo anni di prosperità. Su questo terreno Clinton e Romney, i due candidati istituzionali dei partiti, hanno tutto da perdere. Il sostegno degli establishment e delle tradizionali basi sociali progressive e conservative potrebbe non essere sufficiente ad arginare il bisogno di andare oltre il fazionalismo e la contrapposizione ideologica che pervade buona parte della società statunitense.
TANTE QUESTIONI, POCO TEMPO
Il 5 Febbraio sarà la giornata più densa e significativa nella Storia delle primarie americane. E' inevitabile che molteplici interrogativi accompagnino l'elettrizzante vigilia di una delle serate campali di quella che il commentatore politico principe della MSNBC,
Chuck Todd, definisce la “più affascinante corsa presidenziale di questa generazione”. C'è da augurarsi, prosegue Todd, che le questioni non si esaur...