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WHAT AMERICA MUST DO? - 5
Nella quinta puntata dell’inchiesta “What America must do?” a offrire la sua analisi è Yang Jianli, attivista dei diritti umani incarcerato dopo la rivolta di piazza Tienanmen e attuale presidente della fondazione “La Cina nel 21esimo secolo”.



COSA SI ASPETTA IL MONDO DAL NUOVO PRESIDENTE USA

«Gli Stati Uniti, a mio avviso, continuano a essere una grande nazione e continuano a essere l'unica forza globale con l'autorità di promuovere la democratizzazione e la salvaguardia della libertà e della sicurezza», afferma Jianli, anche direttore della rivista ChinaWeekly, che tuttavia rileva come gli Usa abbiano «un problema di consistenza» e di «credibilità». Si tratta, spiega il presidente della “
Fondazione per la Cina nel 21esimo”, della contraddizione tra gli ideali espressi e le politiche attuate da Washington che cercando di «perseguire i propri interessi a breve termine tendono a compromettere la fedeltà ai propri principi» di «libertà, democrazia e diritti inalienabili dell'uomo».  E questo mina la credibilità degli Stati Uniti.

Leggi le puntate precedenti
«Dalla violenta repressione dei manifestanti in piazza Tiananmen nel 1989, la politica statunitense verso la Cina è stata incostante, persino incomprensibile – afferma ancora l'attivista cinese –  Un giorno il commercio è usato come leva per promuovere i diritti umani in Cina, mentre il giorno dopo sono date migliaia di ragioni per sostenere che quella leva non debba essere usata. Molti pensano erroneamente che fare pressioni sul governo cinese inneschi un'avversione verso gli Usa da parte dei cittadini cinesi. È in realtà la costante altalena che caratterizza l'atteggiamento degli Stati Uniti a rinforzare la convinzione popolare che gli americani agiscano soltanto allo scopo del proprio guadagno materiale. Le dichiarazioni altisonanti seguite dall'inazione hanno portato i cinesi a concludere che alcuni politici americani, studiosi e uomini d'affari sono ipocriti». «Il prossimo presidente americano dovrebbe prendere provvedimenti concreti per dimostrare che la politica statunitense in Cina non può essere venduta e comprata – sostiene Jianli – Il problema dei diritti umani deve essere saldato a qualsiasi questione che gli Usa presentano alla Cina. (…) Gli Stati Uniti dovrebbero inoltre spingere la Cina a indire le elezioni locali. Pechino non è completamente contraria all'idea perché potrebbe essere un modo per diminuire la corruzione locale e gli abusi di potere che il governo centrale sta cercando di frenare». Il direttore di ChinaWeekly si dice infine convinto che promuovere la democrazia e la libertà nel mondo getterà nel panico i dittatori e creerà scompiglio tra coloro che hanno subito il lavaggio del cervello da parte dei propri governanti. Un tale atteggiamento, sottolinea, non porterà agli Usa alcuna avversione, che potrà invece essere suscitata se alle promesse non seguiranno i fatti.

Oggi Stati Uniti e Cina non si possono definire alleati ma neppure nemici. Ma così non è stato in passato: la storia delle relazioni tra i due Paesi è complessa e segnata da eventi storici come l'avanzata di regimi comunisti in Asia (Nella guerra civile cinese Washington sostenne le forze nazionaliste di Chiang Kai-shek e quelle sudcoreane nel conflitto con la Corea del Nord) e, da fatti più recenti, come gli attentati dell'11 settembre 2001 contro gli Usa. Fattori che hanno influito sulle relazioni sino-americane sono stati inoltre l'integrazione della Cina nei mercati mondiali (nel 2001 Pechino è diventato membro dell'Organizzazione del commercio mondiale) e la prodigiosa crescita economica che ha caratterizzato il Gigante Rosso nell'ultimo decennio. Dopo anni di tensioni tra Pechino e Washington nel quadro della Guerra Fredda, a operare il riavvicinamento tra i due colossi, fu il presidente Richard Nixon che, grazie alla mediazione di Henry Kissinger, incontrò Mao Zedong nel 1972. La normalizzazione dei rapporti era già iniziata l'anno precedente con il riconoscimento alle Nazioni Unite della Repubblica Popolare Cinese al posto della Repubblica Cinese di Taiwan. Nel 1979 gli Usa e la Cina siglarono un trattato economico che avviò le relazioni commerciali tra i due Paesi. 

Con la repressione sanguinaria della rivolta democratica di piazza  Tienanmen nel giugno del 1989, le relazioni sino-americane subirono una rottura che durò fino al gennaio del 2001, quando il presidente Bill Clinton sospese il blocco commerciale precedentemente imposto.
Dopo gli attentati dell'11 settembre 2001, la guerra al terrorismo di matrice islamica avvicinò, come non era mai accaduto prima, gli Stati Uniti e la Cina. Quest'ultima si schierò pubblicamente con Washington nella lotta contro il terrorismo e l'anti-americani...


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