DOSSIER MEDIO ORIENTE/3 IL TERRORISMO JIHADISTA
Dall'Afghanistan all'Iraq, dal Libano alla Palestina: la battaglia delle idee tra l'Islam autentico e gli adepti del terrore
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Simona Bonfante
Hamas ed Hezbollah sono una bizzarria della democrazia à la mediorientale. Non sono un partito, ma un contro-stato – un apparato militare, sociale e culturale indipendente e conflittuale con gli organismi istituzionali sovrani – rispettivamente, l'Autorità palestinese e lo Stato libanese. La legittimazione politica, ai due movimenti islamisti, tuttavia, non viene dal riconoscimento democratico – espresso, in entrambi i casi, dal voto popolare - ma dall'essere l'avanposto della lotta per la distruzione dello Stato di Israele, ispirata dalla Guida della Rivoluzione islamica, cioè Teheran.
Che ruolo hanno le due organizzazione islamiche – l'Hamas sunnita e l'Hezbollah sciita – nella guerra globale del terrorismo jihadista ? Quali i rapporti con il mondo arabo-musulmano e le prospettive dell'alleanza con l'Iran, nella comune lotta per l'annientamento dell'Occidente?Perché, insomma, Hamas ed Hezbollah non sono la soluzione ma il problema del Medio Oriente?
Hamas Hamas è un « movimento nazionalista islamico » a connotazione « glocale ». La sua sfera d'azione è confinata alla Palestina, ma per storia, ideologia e apparto organizzativo è funzionale e dipendente dalla grande famiglia dei movimenti islamisti sunniti che fannno capo alla confraternita egiziana della Fratellanza musulmana.
Hamas debutta, sotto gli auspici dello sceicco Ahmad Yassin, nel dicembre del 1987, nella prima Intifada palestinese che si concluderà, sei anni dopo, con gli Accordi di Oslo siglati dall'allora leader dell'OLP, Yasser Arafat. Nel suo primo manifesto politico, Hamas fa appello alla « guerra santa contro Israele » e si impegna a « creare uno Stato islamico, esteso dalla Giordania al Mar Mediterraneo.”
La prima auto-bomba rivendicata dal movimento palestinese risale al 6 aprile 1994. L'attentato – realizzato con il supporto tecnico dell'Iran – fa 8 vittime ad Afula. Una settimana dopo, il primo attentato-kamikaze, a Hédéra, che ucciderà cinque persone. Ancorare la propria storia a quella della famiglia dei Fratelli Musulmani significa due cose: inquadrare Hamas nella dimensione globale della guerra santa, e conferirgli il diritto a custodire l'eredità vittoriosa della “resistenza islamica”, scritta dai palestinesi già prima della creazione dello Stato di Israele. Non è un caso, infatti, che il più celebre dei militanti del terrorismo afghano - Abdullah Azzam – sia in realtà un palestinese della regione di Jenin, che dopo aver studiato la legge islamica in Giordania, Siria ed Egitto, diveneterà a sua volta precettore in Arabia Saudita, dove conoscerà Osama Bin Laden. E non è un caso che fino al 1989 proprio il palestinese Azzam sia stato il responsabile dell'organizzazione dei campi di addestramento qaedisti in Afghanistan.
I palestinesi sono rappresentati ai più alti livelli nel board di Al Qaeda, reclutati in gran parte attraverso i Fratelli Musulmani. Tra questi, il cervello dell'11 settembre, Khaled Sheikh Muhammad.
In tal senso, osserva Kramer, “Al-Qaeda e Hamas potrebbero essere definiti due rami dello stesso albero.”Hamas, tuttavia, tende a marcare un distinguo con i terroristi di Bin Laden che, per gran parte del mondo arabo – saudita, in particolare - sono il nemico pubblico numero uno. Ideologicamente, Hamas dipende dai palestinesi laici residenti all'estero. Tra questi, lo sceicco egiziano Yousouf al-Qaradawi, che vive in Qatar e conduce una popolare trasmissione televisiva sulla catena satellitare Al-Jazeera. Economicamente, Hamas si regge sulle donazioni dei ricchi arabi dell'Arabia Saudita e del Golfo. Tale mobilitazione trans-border si spiega con la dimensione universale che ha assunto la causa palestinese nel mondo musulmano. La Palestina è divenuta la principale direzione verso cui si rivolge la preghiera dei musulmani e la sede della più importante moschea, dopo La Mecca e Medina. Tutti i musulmani ne sono pertanto coinvolti. “Ed è esattamente questo il messaggio che Hamas diffonde presso le stesse persone che finanziano il jihad in Afghanistan, Bosnia e Cecenia. Ovvero quelle che riempiono di denaro le valige che i dirigenti di Hamas introducono clandestinamente nella Striscia di Gaza.” Hamas si presenta adesso come una base per i movimenti islamici globali. La sua ambizione è divenire il nuovo Sudan. È in Sudan, infatti, che i Fratelli Musulmani sono arrivati al potere, una decina di anni fa, con Hasan al Turabi che all'epoca veniva considerato un “moderato”. In realtà il Primo Ministro sudanese ha in poco tempo trasformato il paese nella più attiva centrale del terrorismo islamista globale. È lì che si è formato lo stesso bin Laden ed è lì che vengono istruiti e indottrinati gli adepti del radicalismo jihadista internazionale. Kartum è la princpale piattaforma logistica del terrorismo internazionale. Vi sono transitati Fathi Shikaki, della Jihad palestinese, il tunisino Rashid al-Ghannushi, esponenenti del FIS algerino, del libanese Hezbollah e dei Fratelli Musulmani egiziani. Hamas vi ha recentemente aperto un proprio ufficio.Come il sudanese Turabi, anche Ismail Haniyeh – l'esponente di Hamas a capo del governo palestinese – è considerato è un “moderato.”“
Se Hamas riesce a mantenere il potere – osserva Kramer - è possibile che tenterà di giocare lo stesso ruolo di Turabi, offrendosi come mediatore e base dei movimenti islamici e dei jihad mondiali.” Jihad mondiale significa terrorismo di matrice islamica in Afganistan, Bosnia, Cecenia, Iraq. Tra l'Hamas sunnita e l'Iran sciita non c'è fratellanza di sangue, ma un'alleanza tattica che permette ad Hamas di alimentarsi di armi da Teheran, ed al regime iraniano di dar corpo anche in Palestina ad un centro della resistenza anti-israeliana, come l'Hezbollah in Libano e la Brigada Badr in Iran.
In quanto sunnita, Hamas non può vantare l'onore della rivoluzione islamica del grande Ayatollah Ruhollah Khomeini.Tuttavia, nonostante la scarsa solidarietà tra i palestinesi di Arafat e gli islamisti di Hamas - e, ancor più, gli sciiti iraniani - fu proprio Khomeini a volere, nel 1979, allo scoppio della Rivoluzione, il trasferimento dell'ambasciata israeliana da Teheran all'Olp, in segno di smarcamento con la politica pro-israeliana seguita sino ad allora dallo Shah. Arafat sosteneva che Hamas fosse una creatura israeliana. In una serie di interviste rilasciate nel dicembre 2001 al Corriere della Sera ed a L'Espresso, il leader palestinese accusava esplicitamente l'allora primo ministro israeliano, Itzhak Shamir, di aver “accordato sostegno finanziario ad Hamas”, con l'obbiettivo di “creare un'organizzazione ostile all'Olp.” Ma la benedizione iraniana ad Hamas è arrivata con l'appello dell'Ayatollah Ali Khamenei alla comunità musulmana di tutto il mondo per il “sostegno del governo palestinese”, ovvero Hamas. “Hamas – continua il giornalista siriano – non dispone di carri né di aviazione ma beneficia di una forza militare di circa 15.000 combattenti. Gli iraniani sono quelli che hanno insegnato ad Hamas come fabbricare i razzi Qassam e i razzi di seconda generazione Shawas 4.”
La principale arma di Hamas, tuttavia, rimangono gli attentati suicidi, compiuti da singoli verso i più vulnerabili obbiettivi civili israeliani. Con l'organizzazione sciita libanese Hezbollah, Hamas condivide da sempre la politica estera, in particolare per quanto riguardo il boicottaggio di ogni froma di negoziato di pace con Israele. È stato così con gli accordi di Oslo - siglati da Arafat nel 1993 - quindi con il rifiuto alla conferenza di pace di Madrid - alla fine della guerra del Golfo - ed, infine, con il “no” ad Annapolis, la Conferenza di pace voluta dal Presidente Usa, George W.Bush, nel novembre del 2007.
Hezbollah Hezbollah – o Partito di Dio – è un'organizzazione militare libanese, composta in gran parte da estremisti sciiti, originari della valle della Bekaa, all'epoca sotto controllo siriano. Nasce nel 1982, con l'appoggio dell'Iran, in reazione all'invasione israeliana del 1982. Da quel momento, assume la bandiera della “resistenza libanese” ad Israele. Le prime azioni militari contro il nemico occidentale risalgono al 1983: a gennaio, una granata contro una pattuglia militare francese, di stanza in Libano; a marzo stessa arma, stavolta contro i militari americani. Ad aprile dello stesso anno, il salto di qualità, con l'attentato contro l'Ambasciata Usa a Beirut: 63 i morti.
Da allora, Hezbollah diventa leader nel ramo “attentati”: tra azioni rivendicate e responsabilità presunte, i successi del gruppo libanese sono tali da meritarne la notorietà internazionale, alimentata anche dalla spettacolarità delle iniziative intraprese dall'organizzazione, come la presa di ostaggi. Nell'85 è la volta del giornalista Jean-Paul Kaufmann e del ricercatore francese Seurat e, successivamente, di 4 diplomatici russi che il KGB provvede a liberare con i suoi consolidati metodi di persuasione. Nell'87, il primo attentato all'estero, in Francia, cui seguiranno, negli Anni ‘90, azioni omicide in Argentina contro l'ambasciata ed un centro culturale israeliani, entrambi compiuti con il supporto tecnico dell'Iran. In particolare, l'area su cui si concentra l'attività anti-israeliana è la regione di Sheeba, occupata da Israele nella Guerra dei Sei Giorni e che, per l'Onu, appartiene alla Siria. Contrariamente a Hassan Nasrallah, il leader politico del movimento, la guida spirituale di Hezbollah, Mohammad Hussein Fadlallah ritiene che, dopo la morte di Khomeini, Hezbollah non sia tenuto a seguire la giurisprudenza religiosa stabilita da Ali Khamenei, che è succeduto a Khomeini alla leadership spirituale iraniana.
L'influenza di Teheran sul movimento libanese è andata di conseguenza indebolendosi, pur mantenendosi significativa. È l'Iran che, insieme alla Siria, finanzia ed arma Hezbollah. La Guida della Rivoluzione, inoltre, interviene sulle decisioni strategiche e sulle agenzie militari di Hezbollah, che ricambia predisponendo a Teheran una propria rappresentanza ufficiale.Da qui, l'accusa che le forze politiche democratiche libanesi rivolgono ad Hezbollah: agire per l'interesse di Teheran. Ed è proprio il consolidamento di Al-Qaeda in Libano ad allarmare di più la Comunità internazionale. Gli attentati compiuti nell'estate del 2007 contro i militari della missione Unifil e la bomba che, nel febbraio precedente, aveva fatto saltare in aria un autobus nella zona a maggioranza cristiana di Ain ‘Alaq, vengono infatti attribuiti ad Al Qaeda.
Arabia Saudita L'Arabia Saudita si accinge ad istruire regolare processo contro i presunti responsabili di una serie di attentati terroristici che hanno colpito il paese a partire dal 2003.Secondo Christopher Boucek, della Carnegie Endowment for International Peace, questa mossa delle autorità saudita segnala la sostanziale “sconfitta di Al-Qaeda nella penisola araba”.“L'uso del sistema giudiziario nella lotta contro il terrorismo – osserva infatti lo studioso – non sarebbe stato possibile se il governo avesse continuato a ritenere Al-Qaeda una minaccia esistenziale”. Evidentemente, se si è ritenuto di poterla degradare al rango di “minaccia alla sicurezza interna”, e dunque trattarla secondo i mezzi ordinari del diritto, è perché la battaglia condotta dalle autorità saudite negli ultimi anni contro l'infiltrazione radicale ha portato i suoi frutti.
La risposta dell'Arabia Saudita all'ondata di attentati del 2003 è stata un'offensiva militare, culturale, sociale che, in poco tempo, ha permesso di smantellare le agenzie qaediste nel paese, e di contrastare la radicalizzazione nell'interpretazione dell'Islam. Il principio della “chiamata alla fede”, che i sauditi pronunciano “da'wah” vieta infatti qualunque opposizione violenta al governo del paese, permettendo solo ai saggi – personalità ufficialmente riconosciute tali –di appellarsi al jihad. Tra gli strumenti di lotta alla radicalizzazione adottati in Arabia Saudita, il monitoraggio di Internet ed il ricorso alla giurisprudenza ordinaria, ma anche la rimozione preventiva dall'incarico di quegli insegnanti e iman sospettati di diffondere il credo radicale.
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