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Hamilton Project and Brookings Institution Forum

Promoting Opportunity and Growth Through Science, Technology, and Innovation

HAMILTON PROJECT E I NUOVI RIFORMISTI USA

Simona Bonfante. Una proposta politica, se viziata dal pregiudizio ideologico, rischia di aggrovigliarsi attorno alla scelta delle soluzioni senza interrogarsi su quale sia davvero il problema. L’America è diventata grande grazie alla straordinaria opportunità offerta ai suoi cittadini di arrivare indipendentemente dal punto di partenza, facendo dell’istruzione il veicolo-principe per l’ascesa sociale e la prosperità economica individuale. Ma quel principio che nel passato ha catalizzato energie creative e ingegno imprenditoriale rendendo gli Stati Uniti la più grande e compiuta democrazia del mondo, l’economia più forte, la società più vitale, non è più in grado, oggi, di promuovere crescita e mobilità perché il paese ha smarrito il senso dell’investire sul proprio futuro.
Da queste considerazioni nasce l’Hamilton Project. Promosso dalla Brookings Institution, tra i più prestigiosi ed antichi think tank liberal di Washington, il Progetto coinvolge accademici, politici, economisti di area democratica e si propone di formulare un approccio innovativo, empirico, non dogmatico agli interrogativi sul futuro della società americana.
Diretto dal Senior Fellow della Brookings, Peter Orszag, e coadiuvato, tra gli altri, dal Segretario al Tesoro e dal Vice-Segretario dell’ex presidente Clinton, rispettivamente Robert E. Rubin e Roger C. Altman,  l’Hamilton Project deve il nome ad Alexander Hamilton, il primo Segretario al Tesoro statunitense, il quale riteneva che la crescita dell’economia americana fosse trainata dalla diffusa opportunità di avanzamento sociale dei cittadini. Dal mercato, quindi, ma con uno Stato forte che incoraggiasse e favorisse il giusto orientamento delle sue forze propulsive. Da qui, i principii su cui si fonda il Progetto: il benessere economico di un paese si misura con il grado della sua economia diffusa, della sicurezza economica dei suoi cittadini, dell’efficacia del governo nel compiere investimenti nei settori strategici alla crescita e allo sviluppo.
L’obiettivo dell’Hamilton Project – di cui sono stati presentati i primi lavori solo agli inizi di aprile, in occasione del novantesimo anniversario della Brookings - è la produzione di paper mirati ad alimentare un dibattito, ampio e profondo, attorno alle prospettive economiche e sociali degli Stati Uniti. Del team di studiosi fanno parte anche eminenti accademici di area repubblicana. È un lavoro quindi che, unendo le risorse intellettuali più autorevoli del paese, punta alla creazione di una volontà politica  trasversale capace di adottare approcci e soluzioni condivise in nome di un sommo obiettivo comune: il benessere degli States.
Non vi è nulla di ideologico. Le tesi del progetto sono calibrate sull’evidenza empirica e su ragionamenti di esclusiva pertinenza economica. L’accento sull’economia diffusa intende infatti rilevare la convenienza per la crescita economica derivante da policy orientate a beneficiare la fetta più ampia della popolazione per favorire, e non ostacolare, l’espressione del potenziale produttivo latente;  policy che garantiscano la sicurezza economica come volano della crescita e non suo freno perché un individuo economicamente sereno sarà più libero di assumersi i rischi dell’intraprendere e quindi di creare ricchezza per sé e l’economia nazionale. Certo, nei paesi europei un eccesso di protezione pubblica ha finito con lo scoraggiare il rischio e mitigare gli incentivi all’impresa ed al lavoro ed è per scongiurare queste derive paternaliste che, si sottolinea nel Project, va attentamente valutato non solo come ma anche quanto si investe in sicurezza. 
Il mercato, pietra miliare dello sviluppo, deve quindi essere orientato dall’intervento pubblico là dove necessario a favorire la crescita e correggere le distorsioni. Il mercato da solo non sarà infatti mai orientato ad investire in formazione, in infrastrutture e ricerca scientifica: “lo Stato – recita il manifesto programmatico del Project - deve assicurare regole eque, trasparenti ed acessibili a tutti.” Ed in un mondo flessibile che impone efficienza, l’intervento pubblico dovrà fare in modo che la sua azione sia efficace a promuovere il potenziale di crescita che cambia con il cambiare della società. Lo Stato deve quindi saper riformare sé stesso, ottimizzare i suoi costi ed agire nel mercato solo con l’obiettivo di minimizzare i rischi senza la velleitaria pretesa di poterli eliminare. Ed i costi di uno Stato efficiente che esercita un ruolo strategico dovranno essere pagati, responsabilmente, da tutti gli attori sociali perché non siano addossati alle generazioni future.
L’analisi dell’economia americana da cui muovono gli studiosi dell’Hamilton Project  è impietosa: in una fase così delicata come l’attuale nella quale l’economia globale impone parametri competitivi impostati all’efficienza e al valore aggiunto, gli Stati Uniti fanno i conti con un sistema d’istruzione inadeguato, con infrastrutture inadatte a reggere le sfide dell’evoluzione tecnologica, con un Governo impreparato a svolgere con efficacia ed efficienza il ruolo di regolatore e facilitatore dello sviluppo.
È evidente: i mali diagnosticati sono gli stessi che affliggono la vecchia Europa. Per questo il Progetto, sebbene estraneo ad un’idea di universalità e mirato piuttosto a fornire risposte ai problemi interni al sistema americano, rappresenta un’iniziativa a cui non è inutile rivolgere qualche attenzione. Per il metodo adottato, innanzitutto; ma anche per i principi da cui il ragionamento muove: superare i tradizionali approcci dottrinari e ideologici per una sintesi condivisa sull’individuazione dei problemi prima ancora che sulla indicazione delle soluzioni.
Le aree su cui il Progetto intende elaborare le proposte, i pilastri su cui si incentra la sua azione sono: Istruzione e lavoro; Innovazione e infrastrutture; Risparmio e previdenza; Efficacia amministrativa.

Istruzione e lavoro
L’istruzione è un ingrediente essen-
ziale dell’economia diffusa perché è, ad un tempo, fonte di opportunità e di produttività. Gli studi dimostrano che l’investimento in capitale umano produce un ritorno compreso tra il 7 ed il 10% l’anno. La strategia dell’Hamilton Project è volta  a rendere centrale il ruolo della formazione quale strumento per vincere la competizione globale. Fuor di retorica, i due paper già pubblicati, Identifiyng Effective Teachers Using Performance on the Job (di Robert Gordon, The Center for American Progress; Thomas J. Kane, Harvard; Douglas O. Staiger, Dartmouth) e Summer Opportunity Scholarships (SOS): A Proposal to Narrow the Skills Gap (di Molly E. Fifer, Princeton; Alan B. Krueger, Princeton) individuano nel ruolo e nella qualità d’insegnamento il parametro su cui calibrare l’efficacia del sistema di istruzione. Vengono quindi suggerite soluzioni non-convenzionali al miglioramento degli standard della scuola pubblica statunitense, come la selezione degli insegnanti basata non sui titoli ma sull’efficacia dell’insegnamento ponderata su un periodo di prova in aula e da sottoporre quindi a verifiche periodiche; o gli incentivi per l’insegnamento nelle aree più svantaggiate; o ancora l’istituzione di campi estivi per il recupero degli studenti con i background economici e culturali più a rischio.

Innovazione
e infrastrutture

Si parte da un dato: gli investimenti in ricerca e sviluppo garantiscono un ritorno stimato tra il 20 ed il 30%. L’America del XXI secolo deve sfruttare al meglio il suo vantaggio scientifico e tecnologico adottando misure materiali e legislative che accelerino il processo della ricerca perché, sebbene gli USA siano ancora leader mondiali nel settore tecnologico, la competizione dei paesi con economie emergenti rischia di minacciarne il primato in tempi ragionevolmente brevi. Tra gli obiettivi indicati dal Progetto, attrarre cervelli dall’estero, aumentare il numero di scienziati ed ingegneri; incentivare le imprese private che investono in Ricerca e Sviluppo, abbattendo gli ostacoli alla creazione di imprese innovative; aumentare gli investimenti pubblci nei settori di ricerca strategici; conseguire l’indipendenza energetica; migliorare le infrastrutture materiali. Gli studi dell’Hamilton si concentreranno quindi su come ottimizzare gli investimenti pubblici selezionando gli ambiti che garantiscono le ricadute più profittevoli sul medio e lungo periodo. Analogamente, verranno formulate ipotesi innovative sul modo in cui approcciare il tema delle infrastrutture: dalla individuazione di quelle utili allo sviluppo alle strategie per la loro gestione.

Risparmio e previdenza
La fiducia nel futuro deriva dalla sicurezza garantita dalle condizioni economiche del presente. Sia che essa derivi dai risparmi personali o da un’assicurazione sociale, la sicurezza di sé è condizione necessaria ad affrontare con slancio le opportunità ed affrontare le crisi con serenità. Il Progetto considera quindi la sicurezza previdenziale un elemento cardine a garanzia dell’efficacia e della solidità di un’economia diffusa ed in tale ottica propone strategie per consolidare la diffusione della copertura sanitaria riducendo i costi dell’assitenza pubblica, ad esempio aumentando lo spettro delle prestazioni a pagamento in modo da incentivare gli investimenti in ricerca; ammortizzare gli shock economici derivanti dalla dislocazione occupazionale, potenziare la sicurezza previdenziale. Nel paper Improving Opportunities and Incentives for Saving by Middle- and Low-Income Households (di William G. Gale, Brookings; Jonathan Gruber, MIT; Peter R. Orszag, Brookings) si propone una riforma del sistema pensionistico attuale introducendo un’azione diretta dello Stato mirata a favorire il risparmio delle famiglie a reddito medio-basso mediante un sistema di prelievi automatici dal datore di lavoro. Il principio di fondo è: l’automatismo del prelievo garantisce l’accantomento meglio dell’atto volontario del singolo lavoratore. Per gli Stati Uniti, una proposta rivoluzionaria!

Efficacia amministrativa
L’idea è che il governo debba agire efficacemente, adottando interventi volti a risultati concreti, nei limiti delle risorse e dei mezzi disponibili. Governo efficiente e libero mercato si integrano a vicenda nel dare vita ad una forte e duratura crescita economica. Il Progetto si propone di formulare proposte per migliorare la produttività e l’efficienza dell’amministrazione; riadattare l’azione di governo alle esigenze del nuovo contesto; riformare i regolamenti governativi in modo da poter guidare le imprese private senza abusi; ridurre la spesa corrente in modo da mantenere l’equilibrio di bilancio. Si affronta ad esempio la questione del patrimonio pubblico, un enorme ricchezza spesso improduttiva e non più adeguata alle esigenze per cui era stata originariamente accumulata. Il Progetto si propone quindi di avanzare proposte per introdurre una gestione manageriale dei beni dello Stato individuando gli asset da dismettere perché non più strategici. Tra le proposte, uno studio elaborato dalla McKinsey & Company volto ad introdurre criteri di gestione e valutazione dell’efficienza della macchina burocratica. Sul fronte dell’efficienza normativa nella regolamentazione dell’impresa privata, si individua nel bilanciamento dei rischi il criterio cui improntare l’iniziativa normativa.
Va quindi sottolineato come le proposte avanzate dal Progetto siano in prevalenza a costo-zero e là dove comportassero una spesa gli strumenti per coprirla saranno dettagliatamente indicati. Un esempio è l’idea di introdurre una dichiarazione dei redditi pre-compilata dal governo con le informazioni – reddito, assicurazione, investimenti finanziari – che già sono in suo possesso. Il risultato sarebbe un drastico risparmio sulle spese che i contribuenti regolarmente affrontano per la compilazione dei documenti fiscali con i quali re-inviano al governo informazioni che questo possiede già.
Chiamamola, se vogliamo, una ambiziosa Terza Via. Chiamiamola, più semplicemente, una presa d’atto della inadeguatezza della politica non solo ad affrontare ma persino ad individuare i problemi seri, incombenti, concreti che minacciano la più grande economia del mondo e, con essa, le più deboli economie occidentali. Certo è che, con la determinazione ed autorevolezza degli economisti coinvolti, con il buon senso e l’originalità delle sue proposte, l’Hamilton Project, non mancherà di smuovere i circoli viziosi del pensiero politico, introducendo fondate ragioni per scardinare luoghi comuni e taboo delle teorie economiche tradizionali.
In Italia il pregiudizio idelogico rimane lo sport nazionale. L’individuazione dei problemi ed il modo con cui affrontarli rimangono, nel nostro paese, ancorati ad approcci schematici tanto inadeguati ai tempi da risultare talvolta persino paralizzanti. Anche nella vecchia Europa, come negli Stati Uniti della Terza Via ed, ora, dell’Hamilton Project, gli esempi di lungimirante innovazione nelle categorie della politica non mancano: dal New Labour di Tony Blair alla flexicurity dei paei scandinavi, l’approccio non-ideologico si è dimostrato essere il solo capace di individuare i problemi che minano questa indecifrabile era globale nella quale abbiamo la ventura di vivere e di proporne razionalmente le soluzioni più felici.  Non si pretende qui che la politica italiana adotti parametri politici elaborati in contesti culturali e storici diversi. Ma – questo si – si pretende che metabolizzi la fine di quell’agire ideologico che la stessa società italiana ha già ampiamente archiviato.

Simona Bonfante - Giornalista e Ricercatrice per Critica Sociale e CFP



Link esterno: www.brookings.edu/comm/events/20061205.htm
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