L’analisi rivela già alcune sorprese. Un’inchiesta svolta all’uscita dai seggi rivela ad esempio che la decisione di respingere il trattato è stata spesso una decisione affrettata. Si scopre inoltre che la fascia d’età più ostile al trattato, quella compresa tra i 35 e i 54 anni è costituita da quelle stesse persone che più fermamente si opposero al trattato di Maastricht (all’epoca appartenenti alla fascia compresa tra i 25 e i 34 anni). Si osserva inoltre come sei ‘no’ su dieci siano stati espressi sulla base di considerazioni infondate, in parte dovute alla falsificazione del dibattito alimentata dai sostenitori del ‘no. In particolare, gli elettori hanno pensato che il rifiuto del trattato avrebbe portato alla riformulazione di un testo più ‘sociale’ grazie ad una nuova azione negoziale; una delusione che, con altre costanti, porta ad interrogarsi sull’esistenza tra i cittadini europei di una reale conoscenza dell’Europa o quanto di quale ne sia la loro percezione. Secondo l’autore, questo è il frutto dell’assenza di un processo democratico effettivo – a cui non fa eccezione la discussione svolta durante il periodo referendario - e come rimedio si propone la deliberazione.
Gaëtane Ricard-Nihoul, segretario generale di Notre Europe, propone un piano d’azione che, a grandi linee, consiste nell’adozione di un “Patto tra cittadini” che permetta d’associare le rappresentanze nazionali al dibattito europeo; proseguire sulla strada delle ratifiche del trattato costituzionale; lanciare, nel 2008, una Convenzione rinnovata a cui far seguire, nel 2009, un nuovo referendum, contestualmente alle elezioni per il Parlamento Europeo. Un itinerario, insomma, da seguire per uscire dalle pastoie di una crisi di fiducia di cui non si immagina la durata né e in che misura possa danneggiare l’intero processo di costruzione europea.