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Europe in a multipolar world

Usa, MO, Russia, Cina. L’Europa nel nuovo ordine mondiale


In questa prospettiva si ipotizzano due scenari possibili: lo “scontro di civiltà”, tra asse democratico e regimi autocratici; o l’equilibrio multipolare, ovvero la redistribuzione dei poteri tra i vecchi ed i nuovi attori del mondo globale.

Europa e Usa sono ancora potenze globali e continueranno ad esserlo ancora per molto, convengono gli autori. Ma non saranno più le sole. Già oggi gli equilibri commerciali e finanziari rendono conto di uno spostamento degli assetti di potere da Ovest ad Est. Le potenze emergenti hanno già in mano tre quarti delle riserve valutarie mondiali. Cina, Russia ed Arabia Saudita vanno accrescendo sempre di più il proprio peso finanziario negli asset finanziari e produttivi strategici degli stati occidentali, come i fondi pensione, mentre sul fronte del commercio internazionale l’accordo tra Usa e Ue non basta più a garantire il successo negoziale, come dimostrano le difficoltà opposte da Brasile e India agli ultimi Doha Round, per la liberalizzazione dei mercati globali.

Tutto questo, sostengono gli autori, è la chiara fotografia di un mondo sempre più multipolare.

Gli Usa, ormai imbrigliati nella rete finanziaria cinese, finiranno infatti con il subirne il condizionamento anche dal punto di vista politico. E così la Russia che, tornata sulla scena geopolitica, non sembra affatto destinata ad abbandonarla. Nello stesso tempo, su altri lobi del pianeta, ecco affermarsi le nuove potenze della diplomazia globale, come il Brasile e il Sud-Africa. 

Il multipolarismo insomma è, secondo gli autori, una prospettiva auspicabile. A meno che, dalla pluralità di centri di potere, si proceda verso una tendenziale coalizione attorno a due nuclei, tra loro antagonisti, sul modello della guerra fredda. È questa, ad esempio la previsione di Robert Kagan, tra i più ascoltati (e talvolta mal interpretati) sostenitori della teoria dello “scontro di civiltà”.

Ecco allora che “multipolarismo” diventa la parola magica che tutti gli europei dovrebbero imparare ad invocare nelle loro preghiere. Più che una tra le opzioni in gioco, la prospettiva multipolare è, secondo il think tank londinese, la sola opzione in grado di garantire all’Europa una sopravvivenza non ancellare rispetto alla forza che presto le potenze emergenti si troveranno a dover gestire. 

Ecco allora che “sviluppo di una società internazionale più forte, di istituzioni più efficienti, e di un ordine internazionale fondato sul diritto” diventano, non a caso, gli obiettivi indicati nel piano europeo per la sicurezza (ESS).  

E questo è il punto sul quale insistono Grant e Valasek: l’Europa deve rafforzarsi, ovvero dotarsi di un sistema di difesa credibile. Deve farlo ora o rischia di non poterlo fare mai più. 

Questo obiettivo, si legge nel pamphlet, può essere perseguito attraverso una serie di azioni mirate. Rafforzare l’economia europea, innanzitutto. Un passaggio, questo, necessario e preliminare al rafforzamento della coesione interna, sia dal punto di vista sociale, sia rispetto all’evoluzione del tessuto imprenditoriale. L’Europa dovrebbe quindi, secondo gli autori, mettersi alla guida della battaglia per il clima e non cedere ma, al contrario, procedere con la politica di allargamento ad est. Dovrebbe quindi integrare e rendere più efficaci le politiche di sicurezza e di armonizzazione dei regimi giuridici, agendo in tal senso anche sul fronte delle relazioni esterne, ovvero opzionando ad un set minimo di regole, i rapporti con i partner extra-comunitari, contribuendo così a disegnare gli equilibri del nuovo assetto globale.

“La priorità dei governi europei – concludono insomma Grant e Vasalek – non potrebbe essere più chiara. Si devono riformare e migliorare le istituzioni e gli strumenti, in modo da far guadagnare all’Europa una maggiore efficacia come forza del bene.”






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