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Il nuovo corso della politica estera francese

Come Sarkozy cambia il ruolo della Francia sullo scenario internazionale

Appena pubblicato dal Centre for Security Studies di Zurigo, un policy paper che fa il punto sulle prospettive della politica estera francese sotto la presidenza di Nicolas Sarkozy.

A poche settimane dall'elezione, il nuovo Presidente della Repubblica francese ha già chiarito obiettivi, strategie e priorità della Francia post-Chirac, ufficializzando al mondo la “rottura” con la linea del predecessore, caratterizzata da una sequela di fallimenti “culturali”, prima ancora che politici, nelle scelte assunte sul piano internazionale.

Sebbene la politica estera non sia stata una issue cruciale nella campagna presidenziale, l'esordio di Sarkozy è stato tutt'altro che ambiguo e, sin dallo stile – moderno, informale, motivato - ha imposto agli interlocutori un dizionario ed una agenda nuovi nella definizione delle prospettive europee.

A livello europeo, il dinamismo creativo e fermo di Sarkozy si è già rivelato prodigo di novità, un trampolino di lancio per l'idea progressista di Europa che accomuna le nuove leadership in Germania e Francia, in un asse ideale con la Gran Bretagna europea lasciata in eredità da Tony Blair, e che si pone – per coerenza e visione - come unica alternativa al vetero-europeismo retorico e paralizzante, difeso invece dall'Italia prodiana.

La rottura di Sarkozy è, innanzitutto, una rottura col gaullismo tradizionale incarnato da Jacques Chirac, che ha costretto la Francia lungo la strada dell'alternativa agli Stati Uniti e della chiusura verso i nuovi attori della scena politico-economica globale.

“Sarkozy ha ereditato una realtà difficile – si legge nel paper. Negli anni della Presidenza Chiarc, la Francia ha perso influenza sullo scenario globale. Da una parte, a causa della guerra in Iraq che, oltre ad aver inasprito i rapporti tra Parigi e Washington, ha anche indebolito il ruolo della Francia come leader europeo (…).”

Dall'altra – continua l'analisi – a causa del fallimento del referendum sul trattato costituzionale europeo, fortemente voluto dal vecchio Presidente conservatore (con il sostegno di un Partito Socialista mai così “confuso” e contraddittorio), ma respinto dai cittadini francesi.

Sarkozy ha scoperto le sue carte già in occasione dell'ultimo vertice europeo di Heiligendamm, nel giugno scorso, non cedendo sulla necessità di far rinascere l'Europa, anzi rilanciando la vecchia idea blairiana di spingere per un trattato semplificato rispetto alle ambizioni retoriche della Carta Costituzionale.

Sarkozy – come già la presidenza Blair della Ue - vuole ridare alle istituzioni comuni il potere di prendere decisioni, senza subire la paralisi estenuante di un sistema fondato su una praticamente impossibile unanimità tra i 27 stati membri.

Forte di una salda maggioranza parlamentare, ma soprattutto di un consenso politico tanto solido quanto trasversalmente condiviso tra le diverse sensibilità del progressismo francese, Sarkozy ha quindi potuto parlare ai ministri economici europei – nel vertice “ristretto” convocato agli inizi di luglio - spiegando come gli obiettivi di crescita e modernizzazione del sistema sociale ed economico francesi non possano essere ostacolati dal rispetto di criteri di “virtù contabile” , quando questi criteri si dovessero rivelare talmente poco flessibili da impedire invece di favorire le radicali – e quindi costose - politiche di riforme auspicate a livello europeo.

Argomentazioni forti, che – non da ora – lambiscono il dibattito nelle sedi europee, senza tuttavia riuscire a penetrare la coltre di dogmatismo europeista che ancora offusca i policymaker di Bruxelles.

La Francia di Sarkozy punta quindi a guidare la rinascita dell'Europa, sia all'interno dei confini comunitari, sia rispetto al ruolo della Ue nelle relazioni internazionali.

La designazione del socialista francese Dominique Strauss-Kahn, come rappresentante europeo al Fmi è uno dei segnali  di come, la restituzione della Francia al ruolo di big player sullo scenario internazionale, sia soprattutto una questione di leadership, ovvero di coraggio, visione e convinzione. Ma anche di capacità di cogliere le opportunità offerte dalle circostanze, per creare consenso e rafforzare alleanze. È il supporto offerto al Presidente Angela Merkel all'ultimo, difficile vertice eurepeo, in Germania, che ha infatti ri-dato un senso all'asse Francia-Germania, nella prospettiva di un riformismo post-ideologico fondato sull'idea della commune identità euro-atlantica e su punti di convergenza politico-culturali, come la contrarietà all'annessione della Turchia in Europa.

Non solo, Sarkozy, sin nel discorso di insediamento all'Eliseo, ha marcato una rottura con il predecessore rispetto al rapporto con gli Stati Uniti ed alla ridefinizione dell'asse euro-atlantico insenso ad una partnership fondata sui valori oltre che sugli interessi comuni.

Rispetto agli Stati Uniti, la Francia non assumerà una politica di mero supporto. Il Ministro degli Esteri, nonché fondatore di Médecines sans Frontieres, Bernard Kourchner,  un unterventista convinto, seppure limitatamente a ragioni umanitarie, è un segno evidente del cambiamento di tono nel dialogo franco-americano. Diversamente da Chirac, inoltre, Sarkozy non indulge nell'ambiguità del suo predecessore rispetto all'Iran e, sul Libano, non ha esitato a prendere l'iniziativa, in un  gesto – pur simbolico – che ha voluto significare per la Francia una nuova assunzione di responsabilità politica rispetto alla questione di Hezbollah.

“Il passaggio di consegne a Parigi – conclude l'analisi di Css – offre motivo di credere che l'Occidente, indebolito negli ultimi anni dalle divisioni interne e dagli attacchi terroristici, possa rigenerarsi.”

“La rigenerazione della cooperazione transatlantica ed europea – continua il paper – è una precondizione per poter affrontare le sfide globali - dal cambiamento climatico alla stabilizzazione delle crisi regionali, come il Medio Oriente.”

Il paper può essere consultato online sul sito di




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