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Public Matters: The Renewal of the Public Realm

Il riformismo post-blairiano nel nome dell'empowerment

Appena pubblicato per i tipi di Polico’s, Public Matters, l’ultima fatica editoriala targata Policy Network, è un bilancio delle riforme realizzate nei dieci anni di governo laburista, o meglio: un bilancio critico di quella grande riforma dei servizi pubblici che ha più rappresentato la cifra della leadership blairiana.

Curato da Patrick Diamond, direttore del think tank londinese presieduto da Peter Mandelson, il libro raccoglie gli interventi di alcuni tra i più eminenti teorici della dottrina neolaburista - da Anthony Giddens, padre della Terza Via,  ad Ann Rossiter, direttrice del think tank Social Market Foundation – e i contributi di esponenti New Labour del calibro dell’ex Ministro degli Interni, Charles Clarke, del Ministro del Lavoro, John Hutton, e dell’Home Office Minister, Liam Byrne.

Il libro ha colpito la stampa progressista inglese perché per la prima volta, un think tank geneticamente New Labour, ammette l’errore di aver consacrato la riforma sull’altare della retorica della modernizzazione trascurando così l’importanza della valorizzazione del pubblico, come asset e come risorsa umana e professionale.

I successi conseguiti dalle politiche New Labor – è il principio svolto in Public Matters– dimostrano che  conciliare efficienza economica e giustizia sociale non solo è possibile, ma è anche una strada efficace a garantire al cittadino un’autentica “libertà di scegliere” i servizi meglio tagliati alle proprie esigenze, dalla scuola alla sanità, indipendentemente dalla natura proprietaria dell’erogatore.

Tuttavia, convengono gli autori, i cittadini non ne sembrano soddisfatti, come dimostra il progressivo contrarsi del consenso elettorale per il Labour. “Invece di occuparci di quello di cui il pubblico chiede ai servizi e quindi del modo in cui garantire prestazioni adeguate – scrive sul Guardian uno dei contributors, Liam Byrne -  noi abbiamo ingaggiato battaglia con i lavoratori.

Ebbene, per molti elettori, i servizi pubblici sono le persone che ci lavorano.”

E questo, secondo Policy Network, deve indurre a ritenere  che la retorica riformista non sia più in linea con le aspettative della gente.

La responsabilità - si sostiene – va attribuita alla produzione, nel tempo, di policy tra loro incoerenti che hanno finito col confondere i mezzi con i fini. Non è infatti la libertà di scelta, l’obiettivo della riforma. Questa semmai è lo strumento con cui permettere ai servizi pubblici di compiere al meglio la propria missione: rispondere ai bisogni dei cittadini..

Oggi la vera sfida per i progressisti è la globalizzazione, sostiene il team di think tankers, ovvero garantire standard e protezioni adeguate alla fluidità del sistema economico e sociale globale. Questo significa riconoscere come obiettivo la capacità di produrre servizi individualizzati e responsabili verso l’ambiente, servizi capaci di incidere efficacemente sulla frattura sociale tra ricchi e poveri. 

“I nuovi servizi pubblici – si legge nella presentazione del volume – dovranno ispirarsi ad un rinnovato rapporto tra Stato e Cittadino, nel quale l’equilibrio del potere si sposti, sempre più consistentemente, dalla parte degli individui e delle comunità.”

Ed ancora: “Choice e voice devono essere i valori-chiave dell’empowerment, valori importanti non solo perché capaci di migliorare la qualità del servizio, ma perché garantiscono ai cittadini un reale controllo. Il potere di scelta, sia degli individui sia delle comunità, deve quindi essere rafforzato attraverso una migliore integrazione del sistema committente/ fornitore, nella scuola come nella sanità, nella giustizia, nell’assistenza sociale e nella governance locale.”

Si parla ad esempio, di “budget personalizzati” per garantire l’istruzione adatta ai bambini con esigenze educative speciali, piuttosto che del ruolo delle comunità locali nel contribuire a disegnare il sistema di servizi pubblici che andrà ad impattare sul proprio territorio.

I servizi pubblici dovrebbero quindi assumere, insieme ai nuovi poteri, una nuova codificazione delle norme e delle responsabilità. Si propone, al riguardo, la stesura di una “Costituzione per la Sanità” che vincoli gli shareholders del servizio pubblico - amministrazioni, aziende private, organizzazioni no-profit - al rispetto dei doveri assunti a cospetto del Parlamento, per la tutela dell’interesse pubblico.

Dare maggiore potere ai cittadini, inoltre, significa dare loro maggiore libertà nella gestione, il controllo e la proprietà di asset pubblici, dalle biblioteche ai parchi al demanio residenziale, ovvero “tornare allo spirito del primo movimento laburista.”

Ma la vera sfida politica dell’era contemporanea è, per Policy Network, la lotta alle ineguaglianze. Questo impone non meno spesa pubblica, ma più mirata e sempre meno controllata dal centro.

“L’universalismo progressista – si legge – significa che tutti devono contribuire ai servizi e ricevere i servizi di cui hanno bisogno, ma non necessariamente questi servizi devono essere forniti nella stessa maniera o da uno stesso provider.”

La chiave di volta, per Policy Network, è la decentralizzazione del potere.

“Si deve arrivare ad una profonda e durevole riforma di Whitehall, della struttura ministeriale del governo centrale e del civil service.”

In  aree di interesse “localmente sensibile” come l’istruzione, la polizia, la sanità, i trasporti, il potere dovrebbe essere trasferito ai diversi livelli della comunità locale – governo, amministrazione e singole strutture pubbliche, dalle scuole agli ospedali - secondo una adeguata ripartizione di responsabilità, risorse finanziarie e accountability tra soggetti privati, manager pubblici, professionisti autonomi, organizzazioni di cittadini, politici.

La decentralizzazione impone una coerente riforma costituzionale, con la House of Lord democraticamente eletta secondo una rappresentanza proporzionale su base regionale, e un Bill of Rights che arricchisca il rapporto del Cittadino con lo Stato di un potere deliberativo che rinnovi l’impegno pubblico individuale.

L’efficacia dei servizi pubblici si garantisce, insomma, ridisegnando i compiti ed i confini dello Stato che, da “erogatore” dovrà diventare “committente”. I servizi – e le regole che ne vincoleranno l’organizzazione – dovranno farsi sempre più flessibili, e responsivi rispetto alle esigenze avanzate nei diversi territori.

“Si dovrà stipulare un nuovo contratto tra cittadino e stato – si legge. Lo Stato, che da provider si fa commissioner, dovrà dunque limitarsi a garantire la qualità del risultato, in un sistema ormai misto pubblico-privato-terzo settore.”

Dalla sanità alla sicurezza, dall’istruzione alla lotta alla povertà, il “manifesto” di Policy Network articola una serie di proposte che affrontano, nello specifico, il nodo del sistema pubblico britannico: l’eccessivo controllo dello stato centrale. Per incidere davvero sull’efficienza dei servizi al cittadino, lo Stato deve cedere terreno, potere e risorse alle comunità, diversamente declinate lungo i tanti livelli istituzionali, gli strati economici attivi, gli organismi autonomi impegnati nel sociale. Il risultato sarà un reale rafforzamento del potere del cittadino di scegliere non solo il soggetto erogatore ma anche il tipo stesso di servizio, avendo al contempo una maggiore autorità rispetto ai risultati, qualora questi si rivelassero al di sotto degli standard attesi.

Policy Network.






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